Ucraina: verrà il tempo dell’analisi; per ora solo qualche scatto dal fronte.
di Domenico Airoma
Il primo scatto è una foto di gruppo. E non viene né dall’Ucraina né dalla Russia. Ritrae i capi dell’Unione Europea e, con loro, il Presidente degli Sati Uniti d’America. E’ il gruppo dei vincitori del 1989, quelli che pensano di aver buttato giù il muro di Berlino. Si sono attribuiti la missione di esportare la democrazia nel mondo al di là del Muro e di insegnare a quei popoli come si realizzano davvero le magnifiche e progressive sorti dell’umanità. Lo hanno fatto, dapprima usando il soft power della diplomazia, poi il ricatto economico-finanziario, infine la pressione militare portata fin sull’uscio di casa. E’ la foto di un gruppo che un tempo aveva accolto nel suo seno anche il cattivo Putin, come un alleato ed un prezioso partner commerciale. Poi lo hanno cancellato, epurato; almeno dalle foto ufficiali. Sono rimasti tutti gli altri, dall’aspetto fieramente compunto, ben lontani dal sospettare che forse in Ucraina sta cadendo il loro Muro, che è giunto al tragico epilogo quell’”Errore dell’Occidente”, quell’arroganza relativista che Solzenicyn fulminò come falsa alternativa alla menzogna comunista.
Il secondo scatto non può che ritrarre “lui”, il cattivo. Provocato, sì, ma non giustificato. La provocazione, si sa, attenua la pena, ma non esime da responsabilità. E Putin è responsabile di aver mosso una guerra ingiusta, sol che si consideri il diritto delle genti e quanto scritto dal Catechismo della Chiesa Cattolica; che non è la Chiesa di Putin, ma il cui Catechismo richiama, per l’uso della forza militare, condizioni di legittimità morale, valevoli per ogni cristiano e per ogni uomo. E non basta. Putin è pure responsabile di aver diviso e, per certi aspetti, screditato un mondo, quello della Cristianità dell’Europa orientale, nel quale tanta speranza riponeva -e ripone- chi, in Occidente, non vuole essere complice della sistematica demolizione della verità sull’uomo.
Il terzo scatto è quello più dolente e riguarda il popolo, anzi i popoli dell’Ucraina, quelli che stanno patendo e patiranno gli errori dei primi e i soprusi del secondo. Già Solzenicyn aveva profetizzato il futuro drammatico dell’Ucraina, divisa fra amore e odio verso la Russia. Per la storia non è un caso, dunque, che sia questo il teatro di una guerra tutta europea. Non può essere, però, lasciato al caso né alla forza militare il riconoscimento del legittimo diritto all’autodeterminazione di quei popoli. Spetta, infatti, ad ogni uomo e a ogni comunità poter vivere liberamente nella propria patria; su questa fondamentale esigenza di giustizia si fonda ogni pace che voglia essere vera e durevole.
L’ultimo scatto parrebbe riguardare i cosiddetti effetti collaterali, inevitabili in ogni conflitto. Ritrae delle culle; non di bimbi ucraini, o meglio, di bimbi nati in Ucraina ma acquistati da coppie occidentali. Sono fermi al confine come merci, allo stato, non sdoganabili per causa di forza maggiore: un maledetto imprevisto, la guerra, impedisce di dare compiuta esecuzione al contratto di gestazione per altri mediante la consegna del prodotto.
Non è solo uno scatto di guerra; è pure l’istantanea del conflitto fra due concezioni dell’uomo. C’è una parte di Ucraina che sta rischiando la vita per la propria libertà e c’è un’altra parte che vende la propria libertà per allietare le vite di altri; altri, forse mai neppure conosciuti, giunti da un mondo sedicente libero, dove non c’è “il” cattivo, ma dove spesso i cattivi sono travestiti da buoni.
Sabato, 26 febbraio 2022