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Se la Russia attacca l’Occidente

4 Agosto 2025 - Autore: Marco Invernizzi

Un libro ipotizza uno scenario di crisi militare. Un’ipotesi che costringe a riflettere

di Marco Invernizzi

E’ uscito un libro che merita la nostra attenzione. Si intitola Se la Russia attacca l’Occidente. Uno scenario possibile (Rizzoli 2025) ed è scritto da Carlo Masala, docente di Politica internazionale presso l’Università di Monaco.

Il tema del libro è riducibile a quello che può essere definito uno stress test a cui la Russia vuole sottoporre l’Occidente: occupare un piccolo pezzo di terra occidentale, per esempio una cittadina dei Paesi Baltici, e vedere che tipo di reazione la Nato decide di intraprendere, cioè, in estrema sintesi, se l’Alleanza Atlantica stabilisca di attivare l’art. 5 del sistema Nato, che prevede l’intervento di tutta l’Alleanza a sostegno di uno dei Paesi aderenti militarmente aggredito.

Il libro descrive proprio questo possibile scenario. Siamo nel 2028, tre anni dopo la sconfitta dell’Ucraina, con la Russia nelle mani di un giovane e dinamico presidente scelto da Putin, che però rimane sempre presente nelle decisioni fondamentali che riguardano il futuro della Russia. La cittadina occupata dalle truppe russe fa parte dell’Estonia, così come estone è l’isola di Hiiumaa, anch’essa occupata dall’esercito russo. Il fatto genera naturalmente una serie di reazioni, che però ruotano tutte intorno a un punto: che cosa farà la Nato? E come decideranno di comportarsi gli Stati Uniti?

Il presidente americano decide che non ci sono le condizioni per rischiare una guerra mondiale e nucleare e, nonostante la condanna dell’aggressione russa, sceglie di non intervenire. I Paesi europei si dividono fra quelli che vogliono applicare l’art. 5 e quelli che accolgono, invece, la posizione americana. Il risultato è la fine dell’Alleanza Atlantica e lo scenario si chiude, nell’ultimo capitol,o con la descrizione di un Xi Jinping soddisfatto perché ha capito che è finita un’epoca della storia, quella caratterizzata dal predominio occidentale, così che nella nuova fase la Cina potrà assumere un ruolo molto più importante, se non egemone.

Allo scenario appena riassunto, Masala aggiunge una ultima parte, nella quale spiega il senso della sua ipotesi, preparata nei mesi scorsi con i dati a disposizione. L’autore, commentando la volubilità del presidente Donald Trump, precisa che ogni decisione del presidente americano può essere smentita e capovolta nel giro di poche ore e quindi tutto potrebbe cambiare, anche la plausibilità dello scenario descritto nel libro.

Il libro è breve, si legge in poche ore, merita attenzione perché tratta un tema che verosimilmente viene affrontato seriamente e continuamente negli ambienti Nato e da parte di tutti quelli che hanno a cuore il futuro dell’Occidente e, in generale, del mondo.

Tuttavia non si tratta soltanto di un esercizio intellettuale su una ipotesi, per quanto verosimile. Esso costringe ad andare oltre, a porci domande serie e a fare un esame di coscienza.

L’Occidente in questione è quello che esiste oggi, basato sulla fragile alleanza fra gli Stati Uniti ammaliati dall’America first, cioè dal nazionalismo isolazionista, e da un’Europa senza radici e senza ideali, oltre che senza alcuna capacità di difendersi perché per decenni, dopo la Seconda guerra mondiale, ha vissuto di rendita dal punto di vista militare sulla pelle dei soldati americani. Anche ridotto così, l’Occidente tuttavia rappresenta un modello politico basato su libertà e democrazia, certamente mal vissute, ma in grado di permettere la sopravvivenza di quelle libertà fondamentali, fra cui la libertà religiosa, che permettono di esistere e di fare apostolato a coloro che nutrono ancora la speranza in un mondo migliore. Fra essi c’è la Chiesa cattolica, ancora libera di praticare l’evangelizzazione in Occidente, a differenza delle diverse persecuzioni cui è sottoposta in Cina, Russia, Corea del Nord e Iran.

Stupisce che alcuni in Occidente, vittime di una propaganda insidiosa, che sfrutta il marcio che certamente esiste e così “buttano via il bambino con l’acqua sporca”, si lascino contagiare da questo clima disfattista e guardino con speranza a Oriente, quasi che da lì venisse un nuovo “sol dell’avvenire”, triste e violento come quello che lo ha preceduto. Lo ha ricordato con parole molto precise anche il cardinale Camillo Ruini nella recente intervista alla Stampa del 2 agosto: «si piegherà a un’intesa (Putin) soltanto qualora veda dall’altra parte, cioè dalla Nato, una determinazione ferrea che gli faccia capire che non può vincere».

Sia a destra che nel mondo cattolico, questo atteggiamento disfattista è presente. Spesso usa la prospettiva della pace (che tutti vogliamo, evidentemente, ma non a prezzo della giustizia) e quella della neutralità (come se si potesse essere moralmente neutrali di fonte a un esercito che invade uno Stato sovrano). In alcuni casi, minimi ma reali, usa la commistione ideologica fra gli estremismi di destra e di sinistra: il governo giallo-verde fra Lega e M5S ne è stato un esempio. Vi sono stati esempi nella storia in cui l’odio contro la “società borghese” ha unito ideologie diverse. Del Patto Hitler-Stalin (1939-1941) si scrive poco perché non conviene al “pensiero unico” rivangare certi episodi, ma sarebbe interessante ricostruire anche il milieu ideologico che ha favorito quell’alleanza, durata due anni, fra “gli opposti estremismi”.

Naturalmente questo non significa assolvere l’Occidente attuale dai suoi peccati, anzi. Ma per trasformarlo bisogna “starci dentro”, e non invece scambiare i suoi nemici per quel che non sono.

Lunedì, 4 agosto 2025

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