di Marco Respinti
Su Libero di oggi, 21 maggio, un lettore, cattolico, Marco Casetta di Treviglio, in provincia di Bergamo, scrive al vicedirettore Fausto Carioti, il quale risponde incorniciando il tutto nella propria rubrica Posta prioritaria. Il tema è l’aborto. Il lettore lamenta la mancanza, in Italia, di una riflessione seria da parte del mondo laico (qualsiasi cosa questa espressione significhi oggi) sulla legge che in quattro decenni ha causato al nostro Paese circa sei milioni di morti. Carioti intitola lo scambio La riflessione abortita sull’aborto e risponde in poche, secche battute.
Risponde dicendo che «[…] in realtà una riflessione da parte dei migliori laici è stata tentata». E cita la famosa intervista rilasciata dal filosofo Norberto Bobbio (1909-2004) al Corriere della Sera l’8 maggio 1981: «Mi stupisco che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere». Carioti rincara la dose aggiungendo le parole vergate dallo scrittore e regista omosessuale Pier Paolo Pasolini (1922-1975) sempre sul Corriere della Sera il 19 gennaio 1975: «Sono […] traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio». Infine si gioca tutto, Carioti, scrivendo: «Concetti nei quali mi identifico».
Non bisogna essere dei fan né di Bobbio né di Pasolini per identificarsi con le parole di Carioti. Perché la difesa della vita umana innocente ancora nel grembo materno, scempiata con tecniche che sembrano tratte dal peggior film horror e che invece sono realtà, oppure annientata con una pillolina fai-da-te che s’ingurgita come fosse un cachet ma che invece ammazza la più fragile delle creature, non è una questione di fede, di religione, di preti. È una questione da uomini, di ragione, di carattere. Non è una battaglia confessionale, ma una battaglia naturale: per la natura che noi uomini siamo, per la norma inviolabile che la natura ha impresso in noi, per il diritto e i diritti che ne conseguono a qualsiasi uomo sotto ogni cielo e in ogni tempo.
Ma il guaio degli uomini è che dimenticano e fingono di non sentire. Scrive Carioti: «i primi a fregarsene degli atti d’accusa di Bobbio, Pasolini e (pochi) altri sono stati i loro compagni di strada, i giornali che ospitavano le loro riflessioni». Sei milioni di morti fa domani, 22 maggio. Continua la mattanza, continua il mutismo. Il libro nero della sordità laica.