“Studiare soluzioni alternative”: è quello che il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin ha auspicato, rispondendo ai giornalisti, per evitare episodi come quello di via Curtatone a Roma; non senza aver ricordato la necessità di evitare il ricorso alla violenza. La ricerca di “soluzioni alternative” coinvolge più soggetti istituzionali ed esige un ruolo attivo di Governo, Regioni e Comuni. E’ inammissibile non fare nulla e limitarsi al commento, positivo o negativo, del lavoro delle forze di polizia, una volta che il problema è diventato di ordine pubblico. Se, come è accaduto a Roma: a) è incontestabile che l’edificio fosse occupato abusivamente da anni; b) un provvedimento di sequestro dell’immobile del Gip della Capitale era in attesa di esecuzione da quattro anni; c) all’interno dell’edificio non vi erano solo profughi o richiedenti asilo, ma soggetti privi di qualsiasi titolo di soggiorno e mascalzoni che “affittavano” parti dell’immobile da loro occupato, profittando dell’altrui disperazione; d) vi erano pure oggetti potenzialmente lesivi, come decine di bombole di gas; e) gravitavano gruppi di area antagonista… se è vero tutto questo, via Curtatone era diventato un problema di ordine pubblico. Come tale è stato trattato. Il che rende ancora più necessario che Comuni e Regioni non fuggano le responsabilità: per trovare quelle “soluzioni alternative” finora assenti a causa della loro inerzia.
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