Sì all’Europa. No a «questa» Unione Europea
Manifesto di Alleanza Cattolica
Il 26 maggio si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Di fronte alla prospettiva promossa dalla grande maggioranza dei media, secondo i quali la partita elettorale si giocherà fra chi vuole l’Europa e chi invece la vuole affossare in nome del nazionalismo, ci permettiamo di ricordare alcuni punti essenziali.
Che cosa significa «Europa»?
Europa non è un’idea astratta e confusa, ma una realtà che ha preso corpo nella storia, suscitata dal pensiero dei grandi filosofi greci e dalla centralità della persona insegnata da Cristo e diffusa nel continente europeo dai grandi missionari che l’hanno costruito, come san Colombano (540 ca.-615), san Benedetto (480 ca.-547), Severino Boezio (480 ca.-524) e Aurelio Cassiodoro (485 ca.-580 ca.), così come dalle innumerevoli famiglie che hanno trasmesso la fede e costruito una civiltà. In questo contesto si sono avute le scoperte scientifiche e tecniche che hanno permesso il grande progresso materiale dell’Europa esportato in tutto il mondo.
Questa idea di Europa è stata aggredita nel secolo XVIII dalle ideologie, dopo che le guerre di religione nel secolo precedente la avevano ferita e profondamente indebolita. Il secolarismo e il nazionalismo del secolo XIX l’hanno poi portata alla tragedia della «guerra civile europea» (1914-1945), dalla Grande Guerra al secondo conflitto mondiale.
Dopo la sconfitta del nazionalsocialismo l’Europa ha conosciuto un timido tentativo di rinascita grazie a tre statisti cattolici, Konrad Adenauer (1876-1967), Alcide De Gasperi (1881-1954) e Robert Schuman (1886-1963), che hanno cercato di scongiurare nuove guerre cercando fra le nazioni europee un accordo che iniziasse «dal basso», a partire dalla costruzione della CECA, la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (1951). Nel frattempo l’Europa pativa la divisione della Cortina di Ferro (1946) e del Muro di Berlino (1961), provocata dall’ideologia socialcomunista che aveva conquistato il potere in molti Paesi dell’Europa orientale, dopo la Rivoluzione russa del 1917.
Caduto il Muro di Berlino (1989) e venuto meno il pericolo sovietico (1991), l’Europa avrebbe potuto riprendere a respirare con «i due polmoni», occidentale e orientale, come si esprimerà san Giovanni Paolo II (1978-2005) nel suo grande magistero sull’Europa, ma così non è stato.
Il processo di unificazione europea ha preso una strada diversa e ha continuato nell’opera di occultamento delle proprie radici: lo spirito tecnocratico — figlio anch’esso delle grandi ideologie che hanno rovinato l’unità europea — è salito sul trono sotto forma di una fredda e anonima burocrazia onnipervasiva.
Con i Trattati di Maastricht (1992), Amsterdam (1997), Nizza (2001) e infine Lisbona (2007), il processo di unificazione europea ha quindi confermato la scelta di una strada diversa e contraria alle sue radici. Come ha detto Papa Francesco, «un’Unione Europea che, nell’affrontare le sue crisi, non riscoprisse il senso di essere un’unica comunità che si sostiene e si aiuta — e non un insieme di piccoli gruppi d’interesse — perderebbe non solo una delle sfide più importanti della sua storia, ma anche una delle più grandi opportunità per il suo avvenire» (1).
Il 26 maggio sarà importante recarsi a votare, preferendo quelle forze politiche che si assumano l’impegno di riconoscere le radici cristiane dell’Europa, e perché si costruisca una Unione su basi rispettose delle identità dei popoli che la compongono. Il voto andrà così indirizzato a coloro per i quali è essenziale tutelare la vita e porre la famiglia al cuore del sistema sociale, aiutare i più indifesi e deboli, e rifiutare la «colonizzazione ideologica» che nega il valore e la bellezza della differenza sessuale.
Votare è importante ma non basta. Per tanti anni abbiamo assistito in occasione di ogni turno elettorale a promesse e speranze che non si sono volute o potute mantenere, mentre nel frattempo la «casa Europa» continuava a bruciare. Per spegnere il fuoco che la sta consumando bisogna formare diversamente l’uomo europeo, compito di tutti coloro che amano le radici da cui provengono e desiderano che queste possano far rifiorire una nuova civiltà.
Il passato non è un bel ricordo, ma una radice che può germogliare di nuovo anche dopo un rigido inverno.
Roma, 26 febbraio 2019
Alleanza Cattolica
Nota:
(1) Francesco, Discorso ai partecipanti alla Conferenza «(Re)thinking Europe», organizzata a Roma dalla Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione europea (COMECE) in collaborazione con la Segreteria di Stato, del 28-10-2017.