Giovanni Cantoni, Cristianità n. 9 (1975)
Recenti fatti di cronaca – a margine delle elezioni svoltesi nelle università italiane, anzi, che avrebbero dovuto svolgersi nelle università italiane! – hanno permesso ai lettori della stampa quotidiana di apprendere che all’università Cattolica del Sacro Cuore, di Milano, sono state regolarmente presentate quattro liste di cui una comprendente socialisti, aclisti e comunisti della cellula Ho Ci Min.
Probabilmente la notizia ha lasciato indifferenti i più, ma ha certamente colpito quanti, grazie a Dio, hanno conservato la capacità di meravigliarsi e inoltre conoscono in qualche modo l’università Cattolica.
Infatti, in base alle norme generali per l’immatricolazione, alla domanda di iscrizione deve essere allegato un impegno scritto di adesione al carattere istituzionale dell’università stessa. Tale carattere istituzionale è esplicitato dalla “qualifica di “cattolica” che l’Università si è scelta e le cui conseguenze, sul piano del comportamento personale e di gruppo, accetta liberamente chi entra a far parte dell’Università“, il cui statuto, all’art. 1, tra l’altro denuncia “lo scopo di […] preparare i giovani […] con […] una educazione morale informata ai principi del cattolicesimo” (1).
Queste premesse istituzionali e il fatto sopra ricordato suscitano una serie di domande e di perplessità, per dire il meno, della cui legittimità mi pare non sia lecito dubitare.
Viene anzitutto da chiedersi che tipo di adesione abbiano dato i suddetti socialisti e comunisti al carattere istituzionale dell’università Cattolica.
La prima ipotesi che si presenta spontanea è che ci si trovi di fronte a persone che hanno scientemente mentito, a lupi che si sono travestiti da agnelli per poter entrare nell’ovile e divorare il gregge.
Quando, però, il travestimento è finito e la maschera è caduta, perché l’autorità accademica e quella ecclesiastica preposta alla università non hanno denunciato l’inganno?
L’unica ipotesi alternativa a quella di una menzogna organizzata è che i socialisti e i comunisti della cellula Ho Ci Min siano diventati socialisti e comunisti dopo l’iscrizione all’università Cattolica. È possibile che “una educazione morale informata ai principi del cattolicesimo” dia questo sconcertante risultato? Oppure – in un mondo in cui i ciechi vengono chiamati ellitticamente “i non vedenti” – la cellula Ho Ci Min si intitola così per ricordare i martiri cristiani vietnamiti? In questa linea, ci si deve aspettare il cambiamento del nome dell’università Cattolica in Università Diocleziano, a sottolineare la verità della sentenza secondo cui “sanguis martyrum est semen christianorum“?
Scartata però l’ipotesi di questo superbarocchismo verbale – il cui cattivo gusto sembra veramente irraggiungibile – come non chiedersi ancora: che cosa fanno l’autorità accademica e quella ecclesiastica preposta all’università per scoprire come mai “una educazione morale informata ai principi del cattolicesimo” possa produrre socialisti e comunisti, e quindi per evitare questo risultato intrinsecamente opposto ai fini cui mira l’istituzione? Di fronte al nulla di fatto, come resistere con successo al sospetto di vigliaccheria o a quello, ancora più terribile, di complicità?
Tra le risposte che riesco a immaginare, una fa appello al pluralismo. Ma è una risposta che suscita subito una domanda ulteriore: accettare il pluralismo significa semplicemente prendere atto, realisticamente, che esistono anche dei non-cattolici, oppure perdere la propria identità cattolica nella pluralità delle opzioni non cattoliche? E ancora: pluralismo è il nome di un fatto, oppure è diventato o deve diventare un ideale?
Se è un ideale, comporta, almeno implicitamente, la rinuncia alla missione e all’apostolato di conversione.
Se è un fatto, comporta tra l’altro l’esistenza dell’Università Cattolica, fatta da cattolici per cattolici, che si impegnano a testimoniare la loro fede e a studiarne tutte le possibili conseguenze per convertire il mondo.
Qual’è la verità in proposito?
* * *
Se il pluralismo è un ideale, e quindi l’università Cattolica non ha più ragione di esistere, non è lecito chiedere tutti gli anni al cattolico cittadino il versamento di un contributo volontario per la “sua” università. Come cittadino paga già le tasse per la pubblica istruzione. Come cattolico non ha nulla da aggiungere. Perché dovrebbe liberamente pagare la corda con cui sarà impiccato? Perché mantenere “agli studi” – si fa per dire, naturalmente! – i suoi futuri persecutori? L’evangelico “porgere l’altra guancia” non è suggerimento masochistico, ma incitamento a disporsi ad accettare il peggio, eventualmente permesso da Dio, non certo a propiziarlo.
Ritorno brevemente alle ipotesi più sopra ventilate della vigliaccheria o della complicità con il comunismo. Dopo una certa riflessione, mi chiedo in che misura possa essere seria causa di meraviglia la carenza di un fermo atteggiamento anticomunista in chi non ha saputo – a tempo e a luogo e fatte le doverose riserve – assumere un atteggiamento antifascista. Non è forse stato sbagliato il nome fin da subito? Vista la disponibilità a tutti i possibili compromessi con tutte le rivoluzioni, non si tratta piuttosto di una università democristiana?
Note:
(1) Guida dello studente – Anno accademico 1974-75, p. 7.