Agostino Carloni, Cristianità n. 320 (2003)
1. Una “congiura contro la vita”
Esiste, a livello internazionale, una “congiura contro la vita”? Secondo Papa Giovanni Paolo II, la risposta è affermativa. Infatti, nell’enciclica Evangelium Vitae, sul valore e l’inviolabilità della vita umana, si legge: “[…] siamo in realtà di fronte a una oggettiva “congiura contro la vita” che vede implicate anche Istituzioni internazionali, impegnate a incoraggiare e programmare vere e proprie campagne per diffondere la contraccezione, la sterilizzazione e l’aborto” (1). Nel nostro caso il termine “congiura”, il cui primo significato è quello di “patto segreto” (2) e che sta pure per “complotto, cospirazione” (3), è chiarito da quest’ultimo termine, definito come “unione d’intenti per un fine comune” (4) senza riferimento a nessuna segretezza.
Infatti, un esame delle attività e dei documenti delle istituzioni internazionali, cui l’enciclica fa riferimento, avvalora l’esistenza di una congiura non nel senso di “patto segreto”, ma di un accordo dichiarato, in sedi pubbliche e in position paper ufficiali, da esponenti significativi di queste organizzazioni.
Così, la “congiura contro la vita” è parte integrante dei programmi dell’ONU, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, e dei suoi più importanti organismi e agenzie specializzate nonché delle molte ONG, le organizzazioni non governative, chiamate a sostenerla e a tradurla in pratica, soprattutto nei paesi meno sviluppati.
Sull’argomento il Pontificio Consiglio per la Famiglia, nel 1998, ha dichiarato che “[…] da circa trent’anni, le conferenze patrocinate da questa Organizzazione [l’ONU] hanno avuto l’effetto di provocare preoccupazioni infondate sulle questioni demografiche, in particolare nei paesi del sud del mondo” (5). Fra queste iniziative vanno ricordate, per l’impulso dato alla “congiura contro la vita”, la Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo, tenutasi in Egitto, al Cairo, dal 5 al 13 settembre 1994, e la IV Conferenza sulle Donne svoltasi in Cina, a Pechino, dal 4 al 15 settembre 1995. “Su questa base allarmistica — prosegue il documento del Vaticano —, diverse agenzie dell’ONU hanno investito, e continuano a investire, mezzi finanziari considerevoli al fine di costringere un gran numero di paesi a mettere in atto politiche malthusiane […]. Allo stesso modo, l’aiuto allo sviluppo è regolarmente condizionato all’attuazione di programmi di controllo delle popolazioni, che includono sterilizzazioni forzate o compiute all’insaputa delle vittime. Queste azioni malthusiane sono d’altronde riprese da governi nazionali e rafforzate dall’apporto di organizzazioni non governative (ONG) fra le quali la più nota è la Federazione Internazionale per il Planning Familiare (IPPF)” (6).
2. Globalizzazione e mondialismo
Per cogliere le ideologie antinataliste propagate dall’ONU è necessario illustrare la differenza fra globalizzazione e mondialismo, due termini che indicano rispettivamente un fenomeno in corso e una visione del mondo e della sua organizzazione politico-istituzionale.
La globalizzazione può essere definita come “tendenza di fenomeni economici, culturali e di costume ad assumere una dimensione mondiale, superando i confini nazionali o regionali” (7). Si tratta di una tendenza la cui caratteristica principale consiste nell’eliminazione di ogni barriera al movimento di persone, di capitali e di beni e che — afferma Papa Giovanni Paolo II —, “[…] a priori, non è né buona né cattiva. Sarà ciò che le persone ne faranno. Nessun sistema è fine a se stesso ed è necessario insistere sul fatto che la globalizzazione, come ogni altro sistema, deve essere al servizio della persona umana, della solidarietà e del bene comune” (8).
Padre Piero Gheddo, del PIME, il Pontificio Istituto Missioni Estere, che ha dedicato la vita al Terzo Mondo, spiega che la globalizzazione, “[…] come tutti i temi umani, può essere letto e vissuto in termini positivi o negativi […].
“Io penso sia giusto viverlo in termini positivi, confidando nello Spirito Santo che guida la storia dell’uomo e dei popoli; naturalmente siamo tenuti a fare tutto il possibile per correggere le impostazioni moralmente sbagliate […]. In altre parole, la globalizzazione è uno strumento, può essere usato bene o male, come la ricerca scientifica o la televisione, ad esempio” (9).
Il mondialismo, invece, è “[…] il movimento che ha come obiettivo la costruzione dell’unità politica mondiale. In esso confluiscono aspirazioni cosmopolitiche e pacifistiche, qualificate dalla indicazione degli strumenti istituzionali necessari a garantirne la realizzazione […].
“[…] Sotto il profilo storico-sociale il M[ondialismo]. è il riflesso del processo di allargamento delle dimensioni dei rapporti di produzione e di scambio, che, in prospettiva storica, tende a creare la base materiale dell’unificazione politica del genere umano, prefigurata, ma non realizzata sul piano istituzionale, dall’ONU” (10).
La “congiura contro la vita” si muove dunque dentro la globalizzazione, un fenomeno storico moralmente neutro, ed è animata da un progetto politico di carattere mondialista, sul quale si possono invece esprimere forti perplessità sia in ordine ai suoi obiettivi, sia in ordine alle sue modalità attuative.
3. Il Nuovo Disordine Mondiale e le sue radici ideologiche
Monsignor Michel Schooyans — sacerdote dell’arcidiocesi di Bruxelles, dottore in Filosofia e in Teologia, professore emerito all’Università Cattolica di Lovanio, in Belgio, e professore ospite in diverse università americane, oltre che membro dell’Accademia Pontificia di Scienze Sociali con sede a Roma, dell’Institut Royal des Relations Internationales di Bruxelles, dell’Association pour la Recherche et l’Information Démographique di Parigi e del Population Research Institute di Washington — descrive la “congiura contro la vita” nell’opera Nuovo disordine mondiale. La grande trappola per ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità, che gode della prefazione del card. Joseph Ratzinger (11).
“Nuovo disordine mondiale” è un sistema in fieri che affonda le sue radici culturali nelle ideologie di riferimento del magmatico mondo dei “popoli di Seattle” (12), ossia dell’espressione sociologicamente rilevabile del relativismo e del pensiero debole. Sistemi ideologici, antitetici rispetto alla morale naturale e cristiana, che accettano e tollerano tutto, salvo l’affermazione dell’esistenza di verità e di princìpi assoluti validi in qualsiasi epoca storica perché espressione e riflesso dell’ordine voluto da Dio.
La moderna mentalità relativista, contraria alla vita, scrive monsignor Schooyans, è debitrice nei confronti delle ideologie egemoni negli ultimi due secoli, il socialismo e il liberalismo. Dal socialcomunismo e dall’idea di avanguardia del proletariato la cultura della morte eredita la convinzione che un’élite di quadri internazionali — ossia di tecnocrati non sottoposti ad alcuna verifica elettorale — possieda la verità su quale sia lo sviluppo migliore per il mondo, a cominciare da quello demografico, che va controllato, se necessario anche coercitivamente. Una convinzione che trova la più cinica e coerente applicazione nella Repubblica Popolare di Cina, dove “[…] le coppie possono procreare seguendo delle limitazioni, che variano a seconda della “qualità” concessa ai genitori dalla burocrazia biocratica” (13). Dal liberalismo di marca neomalthusiana eredita invece la convinzione che l’uomo abbia il diritto/dovere di controllare la trasmissione della vita tenendo conto non solo delle risorse ritenute disponibili ma anche di quel diritto, ormai divenuto un bene supremo per l’uomo, che è il diritto al piacere — in questo caso sessuale — proclamato dalla concezione edonistica oggi dominante.
Monsignor Schooyans analizza quindi l’ideologia del “genere” — gender in inglese — e il “nuovo paradigma” dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, entrambe egemoniche in ambito internazionale.
L’ideologia del genere nega, a parte quelle di carattere biologico, ogni differenza naturale fra l’uomo e la donna, ai quali nel corso della storia una cultura repressiva avrebbe attribuito ruoli diversi, gratificanti per l’uomo e degradanti per la donna. La definizione precisa che ne dà l’OMS è la seguente: “Il genere si riferisce al ruolo e alle responsabilità di donne e uomini che sono socialmente determinate. Esso è relativo alle modalità con le quali siamo percepiti e come ci si aspetta che pensiamo e agiamo in quanto donne e uomini a causa dell’organizzazione sociale e non delle differenze biologiche” (14).
Proprio questa nuova ideologia e la possibilità di controllare la procreazione libererebbero la donna dall’”innaturale” schiavitù della maternità: “Una donna liberata dalla biologia è una donna che ha spezzato le tre K, come direbbero i tedeschi, che la legano al reale: Kirche, il legame di culto a Dio, Küche, il rapporto con quella istituzione che è la famiglia e in particolare il marito, Kinder, la maternità e la responsabilità costituita dai figli” (15). Invece, la contrapposizione uomo-donna e il loro scontro dialettico nella storia permetteranno, marxisticamente, di liberare da ogni sovrastruttura familiare la nuova società, nella quale ciascuno godrà secondo il proprio piacere senza alcuna regola preordinata.
Un processo che il card. Ratzinger descrive così nella sua prefazione: la specificità femminile “[…] viene chiamata ad annullarsi di fronte ad una “Gender equity and equality”, di fronte ad un essere umano indistinto ed uniforme, nella vita del quale la sessualità non ha altro senso se non quello di una droga voluttuosa, di cui si può far uso senza alcun criterio” (16).
All’ideologia del genere si affianca quella del nuovo paradigma della salute — dietro cui si nasconde il pensiero scientista —, che nega l’etica medica ippocratica, considerando la salute come un prodotto subordinato a imperativi economici, che a loro volta dovranno tenere conto del costo-beneficio della cura dei singoli individui in termini di utilità sociale. Fra le priorità prevarranno quindi quelle dell’attività o inattività delle singole persone da curare o anche della probabilità di successo delle cure per cui, come rileva monsignor Schooyans, “[…] malattie come la malaria, che possono essere curate ma rendono deboli, rischiano di non essere più considerate prioritarie. Altre invece, le cosiddette malattie incurabili, non verranno addirittura più curate oppure verranno curate solo seguendo la logica del mercato” (17).
4. Gli agenti internazionali della “cultura della morte”
Siamo dunque di fronte a una “cultura della morte” (18), che trova i suoi agenti di diffusione in qualificate istituzioni di livello sia nazionale che internazionale, autentiche “strutture di peccato”: “[…] la “coscienza morale” della società […] è in qualche modo responsabile non solo perché tollera o favorisce comportamenti contrari alla vita, ma anche perché alimenta la “cultura della morte”, giungendo a creare e a consolidare vere e proprie “strutture di peccato” contro la vita” (19), quali il FNUAP, il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, che, pur non assumendo posizioni esplicite in tema di aborto, non esita però a raccomandare la spirale e altri farmaci che hanno un triplice effetto: contraccettivo, di barriera e infine di antiannidamento; l’OMS, che sponsorizza programmi per la sterilizzazione e la contraccezione; la Banca Mondiale; l’UNICEF, il Fondo Internazionale di Emergenza delle Nazioni Unite per l’Infanzia, le cui politiche di supporto alle campagne contro le nascite sono talmente violente da aver spinto sia il governo degli Stati Uniti d’America sia la Santa Sede a ritirare la propria adesione.
Fra le istituzioni nazionali va segnalata invece l’USAID, l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale, che si occupa della politica demografica nordamericana muovendosi su una linea ostile alla vita nascente.
Un ruolo fondamentale viene, infine, svolto anche da organizzazioni private, quali l’IPPF, il Population Council, la Rockefeller Foundation, la Ford Foundation, la National Organization for Women, la Catholic Pro-Choice e la National Abortion Rights League (20).
L’IPPF, che collega associazioni per il planning familiare autonome in oltre 180 paesi del mondo, indica fra le sei più importanti sfide “[…] la promozione della salute sessuale e riproduttiva per tutti; l’eliminazione degli aborti non sicuri; l’assistenza ai giovani per capire la loro sessualità e l’offerta di servizi che vadano incontro alle loro esigenze” (21). Fra gli obiettivi, quindi, non vi è quello di diminuire il numero degli aborti, ma solo di quelli eseguiti in condizioni d’insicurezza sanitaria, così come non vi è nemmeno quello di diffondere la conoscenza di metodiche naturali di controllo della fertilità, ma solo quello di promuovere la salute riproduttiva, espressione dietro la quale si nasconde la volontà di diffondere anche presso i minori l’uso dell’aborto e delle tecniche contraccettive, chimiche e non, non esclusa la stessa sterilizzazione. Sul punto basti citare, fra i molti documenti disponibili, il Piano di lavoro 2002-2003 elaborato da diverse agenzie dell’ONU (22). In tale documento, nella sezione Promuovere la pianificazione familiare, si prende atto che un indicatore del lavoro da fare ancora in questo campo è dato “[…] dai 40-50 milioni di donne che ogni anno ricorrono all’aborto procurato, 20 milioni delle quali mettono a rischio la loro vita a causa delle condizioni di illegalità o non sicurezza igienica in cui gli aborti sono praticati. Tristemente — continua il documento — questi ultimi interventi contribuiscono nel mondo al 13% delle morti per maternità” (23). Si noti per inciso che nessuna parola, nemmeno di circostanza, è spesa sulle vittime degli aborti, ossia sui bambini innocenti fatti a pezzi nel ventre materno.
Il piano di lavoro fissa, inoltre, fra gli obiettivi in materia di regolazione della fertilità, quello di “[…] sviluppare e/o valutare le versioni migliorate di metodi correnti (iniettabili, contraccezione di emergenza, aborto chirurgico) per migliorare la loro performance e ridurre gli effetti collaterali” (24). Anche l’aborto chimico — nascosto sotto la pudica espressione “contraccezione d’emergenza” — è fra i metodi da sviluppare. Sul punto la Wellcome Trust è ancora più esplicita dichiarando, già nel 1998: “La Wellcome Trust e il Population Council hanno pubblicato in Sciences (del 24 luglio 1998) un articolo che identifica gli obiettivi di ricerca che sono necessari per sviluppare l’uso di farmaci che inducano l’aborto (aborto medicale) nei paesi in via di sviluppo. L’incremento dell’uso di aborti medicali costituirebbe un modo efficace per ridurre di 70.000 il numero di morti causate da aborti procurati in condizioni non sicure” (25).
Queste organizzazioni, quando si presentano all’opinione pubblica, utilizzano la tecnica, nota e ben collaudata, di dichiararsi a difesa dei diritti della donna, della famiglia e dei bambini, ovviamente di quelli che nonostante la loro azione riescono a nascere. Per andare al di là delle formule propagandistiche e degli slogan, è utile il discorso tenuto il 19 ottobre 1998 a Ginevra, in occasione della Prebisch Lecture all’UNCTAD, la Conferenza delle Nazioni Unite su Commercio e Sviluppo, da Joseph Stiglitz nella sua veste di Senior Vice President e Chief Economist — dal febbraio del 1997 al febbraio del 2000 — della Banca Mondiale (26). Parlando di sviluppo Stiglitz dice: “[…] esso rappresenta una trasformazione della società, un passaggio dal modo tradizionale di avere relazioni, di pensare, di guardare la salute e l’educazione, di produrre, ad uno più “moderno”. Una caratteristica delle società tradizionali è, ad esempio, l’accettazione del mondo così com’è; la prospettiva moderna riconosce invece il cambiamento, essa riconosce che noi, come individui e società, possiamo agire in maniera da ridurre la mortalità infantile, estendere l’aspettativa di vita e incrementare la produttività […]. È chiaro — continua Stiglitz — che una strategia di sviluppo debba puntare a facilitare la trasformazione della società, ad identificare le barriere, così come i possibili catalizzatori, del cambiamento […]. Avvicinare lo sviluppo dalla prospettiva della trasformazione della società ha profonde implicazioni non solo per ciò che i Governi e le agenzie di cooperazione fanno, ma anche per come esse procedono” (27).
La realizzazione di queste strategie è affidata a uomini determinati e ideologicamente motivati. Per tutti valga l’esempio, portato da John D. Rockefeller IV, di John D. Rockefeller III (1906-1978), suo padre, il miliardario americano fondatore, nel 1952, del Population Council. In occasione del 50° anniversario della fondazione, il 5 giugno 2002, a New York City egli così la ricorda: “È questo un evento straordinario, un’occasione storica resa possibile dal duro lavoro di migliaia di uomini per molti anni. È una celebrazione di un sogno, condiviso da mio padre e da tutti quanti sono qui stasera, di un mondo molto più giusto, più sicuro e più gratificante di quello in cui viviamo ora […]. Mio padre non voleva far altro che cambiare il mondo e a questo scopo ha dedicato la sua vita e la sua fortuna” (28). Questo, se ce ne fosse bisogno, conferma come, sin dalla metà del secolo scorso, la “congiura contro la vita” abbia avuto sponsor potenti finanziariamente e influenti politicamente. È lo stesso Rockefeller IV a illustrare, sempre nello stesso discorso, il “progresso” ottenuto nella battaglia antinatalista. Infatti quando il padre dà inizio al suo impegno “il controllo delle nascite era nella sua prima infanzia” (29). Poi le cose sono cambiate grazie anche e soprattutto al Population Council. Infatti, rivolgendosi commosso ai presenti alla cerimonia, dice: “Voi avete cambiato questa situazione. Voi avete studiato la demografia, delineato il controllo delle nascite e costruito il consenso intellettuale […]. È stato così che, coniugando scienza e umanità, la vostra influenza ed efficacia ha raggiunto la vetta su cui ora siete seduti, il movimento leader, attivo in 70 nazioni, rispettato nei circoli politici, scientifici e accademici del mondo intero” (30).
Un posto particolare occupa anche il cosiddetto Club di Roma, una delle agenzie informali che più hanno influenzato, negli ultimi decenni del secolo scorso, lo sviluppo del mondo industrializzato mediante, fra l’altro, la diffusione della tesi sull’inevitabile crisi di risorse disponibili per l’umanità a causa dell’aumento demografico mondiale (31).
5. Il mito dell’esplosione demografica
Una tesi che, seppure smentita dall’economista anglo-australiano Colin Grant Clark (1905-1989) nel suo Il mito dell’esplosione demografica (32), già nel 1973, è data ormai per acquisita come fatto scientifico dall’opinione pubblica internazionale. E questo nonostante sia “[…] sempre più evidente e riconosciuto che nel mondo si sta vivendo una considerevole decelerazione demografica, che ha avuto inizio verso il 1968. In 51 paesi la fecondità è ormai inferiore alla soglia di sostituzione delle generazioni. Una quindicina di questi paesi registra addirittura ogni anno più decessi che nascite” (33).
Su questo punto opportunamente Lorenzo Cantoni, se da una parte riconosce che “l’impatto delle tecniche mediche che hanno abbattuto la mortalità infantile e aumentato la speranza di vita alla nascita ha causato — così in Europa e nell’America settentrionale nel secolo XIX, come nei PVS [Paesi in via di sviluppo] nel secolo XX — un grande aumento della popolazione, ma mentre nei PS [Paesi sviluppati]questo aumento è stato lento, […] nei PVS è stato improvviso” (34), dall’altra pure ricorda quanto, “[…] con il miglioramento delle condizioni economiche, si riduca la fecondità, sia perché le persone accedono al matrimonio molto più tardi, sia perché il lavoro minorile viene vietato e il gran numero di figli non è necessario come garanzia per la vecchiaia, sia perché il costo per figlio aumenta significativamente” (35).
Sebbene i dati dimostrino l’infondatezza della tesi della fine del mondo a causa della sovrappopolazione, il mito resiste tanto da far dire al demografo francese Gérard François Dumont che “in demografia, come in altre discipline, regna un’importante mitologia, che raggruppa idee comunemente accettate, mentre il loro esame mostra la loro carenza di fondamento scientifico” (36). Cosicché “la gente, almeno nei Paesi industrializzati, dà ormai per scontato che siamo in troppi, che la popolazione del terzo mondo muore di fame perché si fanno troppi figli, che la colpa è del papa che rifiuta la contraccezione, eccetera. Posizioni che le persone assumono acriticamente dai mass media e che si traducono in un consenso alle tesi sulla popolazione e alle politiche demografiche perseguite dalle istituzioni internazionali” (37).
Un’analisi dei fatti, quest’ultima, che richiama due aforismi del pensatore colombiano Nicolás Gómez Dávila (1913-1994). Nel primo egli nota che “lo Stato moderno fabbrica le opinioni che poi raccoglie rispettosamente sotto il nome di opinione pubblica” (38); nel secondo osserva che “la crescita demografica preoccupa il demografo solo quando teme che ostacoli il progresso economico o renda difficile l’alimentazione delle masse. Che poi l’uomo abbia bisogno di solitudine, che la proliferazione degli uomini produca società crudeli, che si abbia bisogno di spazio tra gli uomini perché lo spirito respiri, di questo non gliene importa nulla. Non gli interessa la qualità dell’uomo” (39).
Sulla base della mitologia descritta, la “congiura contro la vita” ha lanciato da alcuni decenni la sua campagna antinatalista con esiti che sono in parte ricordati dal Pontificio Consiglio per la Famiglia: “Basta pensare alle campagne massive di sterilizzazione maschile e femminile di cui l’India è stata teatro nel 1954 e nel 1976 […]. In Brasile, fra le donne che ricorrono a un metodo di controllo della natalità, circa il 40% è sterilizzato” (40).
6. Le fonti di finanziamento
Monsignor Schooyans evidenzia l’ammontare rilevantissimo dei finanziamenti alle competenti organizzazioni internazionali da parte di molti paesi occidentali, che vedono nelle politiche di contenimento della popolazione dei paesi più poveri una forma di conservazione delle proprie ricchezze. Dal 1982 al 1991 le spese per i programmi riguardanti la popolazione sono passati, secondo il Review and appraisal of the World Population Plan of Action. 1994 report (41), da poco più di 367 milioni di dollari a quasi 732 milioni di dollari.
Una delle novità più ragguardevoli di questi ultimi anni consiste nella politica inaugurata dall’amministrazione di George W. Bush, che ha sospeso i finanziamenti per programmi che abbiano fra le proprie finalità la promozione d’interventi abortivi, sospensione nota come Global Gag Rule, “regola del bavaglio globale”, già introdotta a suo tempo dall’amministrazione di Ronald Wilson Reagan. Decisione che ha scatenato le reazioni violente dei movimenti antinatalisti di tutto il mondo e in particolare di quelli anglosassoni. Basti qui riportare le parole pronunciate dal direttore generale uscente dell’IPPF, Ingar Brueggman, nell’Annual report del 2001: “Il 2001 è stato certamente l’anno più difficile per l’IPPF. È iniziato con l’imposizione della Global Gag Rule del Presidente Bush a causa della quale la federazione perderà 8 milioni di dollari negli anni 2001-2003. E ciò perché l’IPPF ha rifiutato di certificare che nessuno dei suoi fondi sarebbe stato usato per attività correlate all’aborto. Uno dei maggiori elementi di forza dell’IPPF è quello di rifiutare ogni compromesso sui suoi principi. La federazione rifiutò ogni compromesso nel 1984 quando il Presidente Reagan introdusse per la prima volta la Gag Rule e così ha fatto all’unanimità in seno alla sessione del maggio 2001 del suo consiglio direttivo” (42). A proposito di finanziamento è utile evidenziare che il budget a disposizione dell’IPPF superava nel 2001 gli 80 milioni di dollari — precisamente 80.256.000 —, registrando un aumento di 7 milioni di dollari rispetto all’anno precedente (43).
Nonostante la posizione di Bush, la Brueggmann ha motivi di speranza grazie alla generosità del vecchio continente: “Ci sono però anche raggi di luce. L’Unione Europea è vicina alle nostre ristrettezze finanziarie e ha promesso 10 milioni di euro per i prossimi quattro anni. Inoltre il Giappone, la Germania e la Danimarca in un primo tempo costrette a ridurre i loro finanziamenti sono riuscite successivamente a proseguire nel loro supporto finanziario. L’Olanda ha persino raddoppiato il suo sostegno” (44). La stessa Unione Europea, quando nel 2002 l’amministrazione Bush “[…] aveva deciso di sospendere il proprio contributo annuo di 34 milioni di dollari all’Unfpa per il suo sostegno alle politiche di aborto forzato praticate in Cina” (45), aveva stabilito di aumentare immediatamente di 32 milioni di euro il suo contributo sia all’UNFPA che all’IPPF (46). A questo si aggiunga che con il nuovo regolamento sugli aiuti allo sviluppo — Rapporto Sandbaek — approvato in forma definitiva all’inizio di febbraio del 2003, “[…] la Ue lega infatti l’erogazione di aiuti ai Paesi poveri all’adozione — da parte di questi stessi Paesi — di programmi che prevedono i servizi di salute riproduttiva, in pratica aborto e contraccezione” (47).
7. Conclusioni
L’approccio morale ai problemi demografici è esposto da Papa Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium Vitae: “Le pubbliche autorità hanno certo la responsabilità di prendere “iniziative al fine di orientare la demografia della popolazione” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2372); ma tali iniziative devono sempre presupporre e rispettare la responsabilità primaria ed inalienabile dei coniugi e delle famiglie e non possono ricorrere a metodi non rispettosi della persona e dei suoi diritti fondamentali, a cominciare dal diritto alla vita di ogni essere umano innocente. È, quindi, moralmente inaccettabile che, per regolare le nascite, si incoraggi o addirittura si imponga l’uso di mezzi come la contraccezione, la sterilizzazione e l’aborto.
“Ben altre sono le vie per risolvere il problema demografico: i Governi e le varie istituzioni internazionali devono innanzitutto mirare alla creazione di condizioni economiche, sociali, medico-sanitarie e culturali che consentano agli sposi di fare le loro scelte procreative in piena libertà e con vera responsabilità” (48).
Rebus sic stantibus, considerata la forza della “congiura contro la vita”, la sua rete internazionale, i suoi finanziamenti, potrebbe sembrare che nulla si possa per promuovere la cultura della vita e per arrestare quella della morte.
Così non è né dev’essere. La buona battaglia a tutela della vita nascente e di quella morente deve proseguire senza esitazioni e con un impegno tanto maggiore quanto maggiore è quello del nemico.
Per ciò che concerne l’azione e il sacrificio si fa appello alla coscienza degli uomini di buona volontà, per la preghiera si suggerisce invece la recita di quella che chiude l’Evangelium Vitae:
O Maria,
aurora del mondo nuovo,
Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato
di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere,
di uomini e donne vittime di disumana violenza,
di anziani e malati uccisi dall’indifferenza
o da una presunta pietà.
Fa’ che quanti credono nel tuo Figlio
sappiano annunciare con franchezza e amore
agli uomini del nostro tempo
il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo
come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine
in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo
con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà,
la civiltà della verità e dell’amore,
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita (49).
Agostino Carloni
Note:
(1) Giovanni Paolo II, Enciclica “Evangelium vitae” sul valore e l’inviolabilità della vita umana, del 25-3-1995, n. 17.
(2) Voce congiura, in Aldo Gabrielli (1898-1978), Dizionario della lingua italiana, Carlo Signorelli Editore, Milano 1993, p. 474.
(3) Ibidem.
(4) Voce cospirazione, ibid., p. 534.
(5) Pontificio Consiglio per la Famiglia, Déclaration sur la chute de la fécondité dans le monde, del 27-2-1998, n. 2, trad. it., in Cristianità, anno XXVI, n. 281, settembre 1998, pp. 3-7 (p. 4).
(6) Ibidem.
(7) Voce globalizzazione, in Nicola Zingarelli (1860-1935), Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, Bologna 2002, p. 800.
(8) Giovanni Paolo II, Discorso ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, del 27-4-2001, n. 2, in L’Osservatore Romano, Città del Vaticano 28-4-2001.
(9) Piero Gheddo e Roberto Beretta, Davide e Golia. I cattolici e la sfida della globalizzazione, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2001, pp. 31-32.
(10) Lucio Levi, voce Mondialismo, in Norberto Bobbio, Nicola Matteucci e Gianfranco Pasquino (diretto da), Dizionario di politica, TEA, Torino 2000, pp. 649-650 (p. 649).
(11) Cfr. monsignor Michel Schooyans, Nuovo disordine mondiale. La grande trappola per ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità, trad. it., con prefazione del card. Joseph Ratzinger, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2000; dello stesso autore, sempre in italiano, cfr. La provocazione cinese, Coines, Roma 1975, Aborto e politica, con prefazione del card. Fiorenzo Angelini, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1991, Introduzione alla dottrina sociale della Chiesa, Edizioni Cercate, Verona 1995; Un documento profetico, in Congregazione per la dottrina della fede, Istruzione “Donum vitae” su il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione (22 febbraio 1987), con presentazione del card. J. Ratzinger e commenti, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1990, pp. 91-95; e Bioetica & popolazione: la scelta della vita, a cura di Mario Di Palma, Ares, Milano 1995.
(12) Cfr. I popoli di Seattle, in liMes. Rivista Italiana di Geopolitica, n. 3, Roma giugno 2001, pp. 1-207.
(13) Monsignor M. Schooyans, Nuovo disordine mondiale. La grande trappola per ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità, cit., p. 38.
(14) Gender and Health: technical paper (who/frh/whd/98.16), <www.who.int/gender/whatisgender/en/>, capitolo What do we mean by gender?, visitato il 30-11-2003.
(15) Emanuele Samek Lodovici (1942-1981), Metamorfosi della gnosi. Quadri della dissoluzione contemporanea, con prefazione di Vittorio Mathieu, Ares, Milano 1991, p. 168.
(16) Card. J. Ratzinger, Prefazione a monsignor M. Schooyans, Nuovo disordine mondiale. La grande trappola per ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità, cit., pp. 5-8 (p. 6).
(17) Monsignor M. Schooyans, Nuovo disordine mondiale. La grande trappola per ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità, cit., pp. 68-69.
(18) Giovanni Paolo II, Enciclica “Evangelium vitae” sul valore e l’inviolabilità della vita umana, cit., n. 24.
(19) Ibidem.
(20) Cfr. monsignor M. Schooyans, Nuovo disordine mondiale. La grande trappola per ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità, cit., pp. 28-34.
(21) What are IPPF’s aims, <www.ippf.org/about/what.htm>, visitato il 30-11-2003.
(22) Cfr. UNDP [Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite]/UNFPA [Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione]/WHO [OM S]/World Bank [Banca Mondiale] Special Programme of Research, Development and Research Training in Human Reproduction, Promoting Family Planning, <www.who.int/re productive-health/hrp/highligts.en. html>, visitato il 30-11-2003.
(23) Ibidem.
(24) Ibidem.
(25) Using Drugs to Terminate Pregnancy Could Cut the Number of Unsafe Abortion in the Developing World, comunicato stampa del 24-7-1998, <www.wellcome.ac.uk/en/1/awt prerela98n81.html>, visitato il 30-11-2003.
(26) Towards a New Paradigm for Development: Strategies, Policies, and Processes, <www.worldbank.org/html/extme/jssp10199 8.htm>, visitato il 30-11-2003.
(27) Ibidem.
(28) Remarks of U.S. Senator John D. Rockefeller IV Population Council 50th Anniversary Celebration New York City, <www.popcounc il.org/pc50/jrockefeller.html>, visitato il 30-11-2003.
(29) Ibidem.
(30) Ibidem.
(31) Cfr. monsignor M. Schooyans, Nuovo disordine mondiale. La grande trappola per ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità, cit., p. 33.
(32) Cfr. Colin Grant Clark, Il mito dell’esplosione demografica, trad. it., Ares, Milano 1974.
(33) Pontificio Consiglio per la Famiglia, doc. cit., p. 3.
(34) Lorenzo Cantoni, Il problema della popolazione mondiale e il “suicidio demografico” europeo, in Cristianità, anno XXII, n. 232-233, agosto-settembre 1994, pp. 3-4 (p. 4); più ampiamente, cfr. Idem, Il problema della popolazione mondiale e le politiche demografiche. Aspetti etici, Cristianità, Piacenza 1994.
(35) Idem, Il problema della popolazione mondiale e il “suicidio demografico” europeo, cit., p. 4.
(36) Gérard-François Dumont, La mitologia demografica contemporanea, in Cristianità, anno XXIV, n. 250-251, febbraio-marzo 1996, pp. 5-12 (p. 6); cfr. pure Idem, Il festino di Crono. Presente & futuro della popolazione in Europa, trad. it., Ares, Milano 1994.
(37) Riccardo Cascioli, Il complotto demografico, Piemme, Casale Monferrato (Alessandria) 1996, p.13.
(38) Nicolás Gómez Dávila, In margine a un testo implicito, trad. it., a cura di Franco Volpi, Adelphi, Milano 2001, p. 118.
(39) Ibid., p. 129.
(40) Pontificio Consiglio per la Famiglia, doc. cit., n. 4, p. 6.
(41) Review and appraisal of the World Population Plan of Action. 1994 report, pubblicato dall’ONU nel 1995, cit. in monsignor M. Schooyans, op. cit., p. 29.
(42) <www.ippf.org/annualreport2002/pdf/AR2001.pdf>, visitato il 30-11-2003.
(43) Ibidem.
(44) Ibidem.
(45) R. Cascioli, Incomprensibile aumento dei finanziamenti, in Avvenire. Quotidiano d’ispirazione cattolica, Milano 26-7-2002.
(46) Cfr. ibidem.
(47) Idem, Usa-Europa: quando aborto fa rima con guerra, in Il Timone. Bimestrale di formazione e informazione apologetica, anno V, n. 24, Fagnano Olona (Varese) marzo-aprile 2003, pp. 6-7 (p. 6).
(48) Giovanni Paolo II, Enciclica “Evangelium vitae” sul valore e l’inviolabilità della vita umana, cit., n. 91.
(49) Ibid., n. 105.