ALFREDO MANTOVANO, Cristianità n. 237-238 (1995)
L’on. Massimo D’Alema antiabortista? Per un momento, nell’ultima decade di gennaio del 1995, stando ai titoli di certi quotidiani e ai servizi radiotelevisivi, è sembrato che il segretario del PDS, il Partito Democratico della Sinistra, sollecitato da una lettera invitagli dall’on. Carlo Casini, presidente nazionale del MpV, il Movimento per la Vita, avesse scelto di schierarsi fra i difensori dei diritti del nascituro. Che si fosse trattato di una conversione pareva confermato in modo sicuro dal fatto che la lettera dell’on. Carlo Casini e la risposta dell’on. Massimo D’Alema, affidata a un’intervista, erano state pubblicate dal settimanale Famiglia Cristiana (1), e per questo avevano prodotto le reazioni entusiastiche dell’on. Rocco Buttiglione, segretario del PPI, il Partito Popolare Italiano — “è un gesto non solo di apertura, ma anche di coraggio civile” (2) — e quelle fortemente critiche di alcune esponenti del fronte progressista, dall’on. Livia Turco all’on. Rossana Rossanda (3).
Ma che al clamore dell’evento non corrispondesse la sostanza propagandata è emerso con evidenza dal testo dell’intervista, seguita da un’altra, sul medesimo argomento, raccolta dal quotidiano la Repubblica (4). Per ricostruire logicamente e cronologicamente i fatti, parto dalla lettera dell’on. Carlo Casini all’on. Massimo D’Alema. Il presidente del MpV, premesso di “[…] rappresentare qualcosa di non insignificante delle istanze e dell’atteggiamento dei cattolici verso la politica”, e di meritare per questo “seria considerazione” da parte del destinatario della missiva, gli ricorda che “[…] la presenza politica cristiana deve inevitabilmente lasciarsi caratterizzare dalla forte affermazione del diritto alla vita e del valore della famiglia”; quindi spiega perché si rivolge proprio al segretario del PDS: “Tu rappresenti in Italia — scrive l’on. Carlo Casini — la più autorevole forza politica le cui radici affondano in quella dottrina comunista che è stata per molti affascinante in ragione delle sue domande e promesse di giustizia sociale e di eguaglianza. Il fallimento senza appello di quelle dottrine l’avete vissuto drammaticamente. Restano oltre le macerie le vostre istanze di giustizia sociale, di eguaglianza, di solidarietà. La speranza è che esse siano rifondate sulla visione personalistica dell’uomo”; di qui l’auspicio di “[…] un ripensamento della Legge 194/78 in modo che la rinuncia alla minaccia penale non sia anche rinuncia alla tutela del diritto alla vita del concepito” (5), e la richiesta di un incontro ad Assisi il 5 febbraio 1995, in occasione della Giornata per la Vita, per discutere della questione.
L’on. Massimo D’Alema risponde premettendo di parlare “a titolo personale”, il che riduce la portata dell’intervento perché l’interesse per le affermazioni del segretario del PDS su un tema così importante è certamente superiore rispetto a quello per le intime convinzioni del cittadino Massimo D’Alema. Poiché, però, negli echi dei mass media, queste ultime hanno polarizzato l’attenzione al punto da farle ritenere corrispondenti alle scelte dell’intero schieramento di sinistra, proseguo nella lettura della dichiarazione: “Io voglio rivedere la legge 194 — sostiene l’on. Massimo D’Alema nel passo dell’intervista più ampiamente citato dalla stampa —, non per tornare a politiche proibizionistiche, ma per rafforzare le misure di prevenzione, il sostegno alla maternità, l’aiuto alla donna, senza però toccare il principio dell’autodeterminazione” (6). Il che viene ribadito nell’intervista a la Repubblica: “[…] l’autodeterminazione della donna non si tocca, e neppure la liceità dell’aborto terapeutico. […] la legge d’altra parte è a favore della vita, non certo contro” (7).
Dov’è la novità? Qual’è la svolta? In base alle formule adoperate nelle disposizioni della legge n. 194, del 22 maggio 1978, che ha introdotto nell’ordinamento giuridico della Repubblica Italiana l’aborto “legale”, ogni intervento interruttivo della gravidanza viene qualificato come “terapeutico”, poiché le varie indicazioni — di natura personale, familiare, sociale o economica — elencate a giustificazione dell’aborto rilevano in quanto comportano un generico pericolo per la salute fisica o psichica della gestante: così, anche se il termine “salute” viene usato come equivalente a benessere in senso lato, e comunque la decisione della donna di abortire non incontra nessun ostacolo procedurale, ciascun aborto è sempre formalmente “terapeutico”. Allora, immaginare modifiche alla legge n. 194 e fare salvo l’aborto “terapeutico”, nel senso così ampio conferito alla formula dalla legge stessa, significa che la vita del nascituro continua a dipendere dall’arbitrio di chi è chiamato a metterlo al mondo: questa, con l’“autodeterminazione della donna”, la solida base su cui — per riprendere le parole dell’on. Rocco Buttiglione — aprire il “dialogo possibile tra cattolici e sinistra sui temi della vita e della bioetica” (8)?
Si obietterà che l’apertura dell’on. Massimo D’Alema andrebbe apprezzata e valutata positivamente quanto alla “prevenzione”, al “sostegno alla maternità” e all’“aiuto alla donna”; e che, indubbiamente, anche se il tema dell’aborto non può prescindere dal nodo cruciale costituito dalla soppressione dell’essere umano innocente — non tranquillizza sotto questo profilo l’unità di intenti fra l’on. Massimo D’Alema e l’on. Carlo Casini circa la “rinuncia alla minaccia penale” (9) —, una parte importante della questione riguarda l’avvio di una seria politica in favore della famiglia, sempre mancata in Italia dal dopoguerra fino a oggi. Ma, se ci si vuole riorientare in questa direzione, è il caso di uscire dalle enunciazioni generiche, tanto meno impegnative quanto più prive di specificità, e comunque esposte a titolo personale, e di indicare le piste operative di immediato approfondimento e gli obiettivi legislativi da raggiungere al più presto. Che cosa vuol dire “prevenzione”? Individuazione degli ostacoli allo sviluppo familiare, al fine di rimuoverli, oppure distribuzione di contraccettivi in quantità ancora più massicce, magari in allegato a l’Unità? Il “sostegno alla maternità” include anche il sostegno al soggetto che rende madre, e cioè al nascituro? L’“aiuto alla donna” comprende lo sforzo di renderla consapevole, soprattutto nella fase iniziale della gestazione, che la realtà che si sviluppa nel suo seno non è un grumo di cellule, ma una persona?
In attesa che il dialogo con l’on. Massimo D’Alema aperto dall’on. Carlo Casini, ed esaltato come “fecondo” dall’on. Rocco Buttiglione (10), risponda a questi interrogativi, è opportuno soffermarsi su un ulteriore aspetto delle dichiarazioni del segretario del PDS, quello secondo cui “su temi come questi i partiti e la politica devono fare un passo indietro per lasciare il posto al primato della coscienza” (11): “[…] anche in Parlamento vale la coscienza del singolo. Un embrione diventa tale dopo il quattordicesimo giorno, o lo è da prima? Che facciamo? Riuniamo il comitato centrale o il Concilio per stabilirlo?” (12).
Non vi è dubbio che la sede ultima delle decisioni di rilievo morale sia la coscienza, ma questo non vuol dire che dal giudizio della coscienza individuale, svincolato da qualsiasi parametro oggettivo, dipendano la vita o la morte di un essere umano: la coscienza ha limiti invalicabili, che coincidono con i dati naturali descrittivi dell’identità ontologica della persona, e quindi anche del nascituro. Questo costituisce il punto di maggiore difficoltà nel dialogo con chi, invece, invoca l’assoluta autonomia della coscienza; e il fatto che lo statuto biologico e giuridico del concepito sia indipendente dalle deliberazioni del comitato centrale di un partito è qualcosa da cui oggi dissente soltanto l’on. Rossana Rossanda, che non a caso rimpiange i bei tempi nei quali, relativamente a una vicenda del genere, per l’appunto, “[…] si sarebbe riunito un comitato centrale” (13).
Ma sostituire al comitato centrale la valutazione soggettiva del singolo non solo non migliora la situazione, ma equivale a fare un passo avanti sulla medesima strada della mutilazione ideologica della realtà, del relativismo filosofico ed etico, quindi dell’arbitrio: “La giusta autonomia della ragione pratica significa che l’uomo possiede in se stesso la propria legge, ricevuta dal Creatore. Tuttavia, l’autonomia della ragione non può significare la creazione, da parte della stessa ragione, dei valori e delle norme generali” (14). Si tratta per altro di un passo avanti del tutto coerente con la trasformazione del vecchio Partito Comunista Italiano nel nuovo PDS, centrata sulla esaltazione della democrazia intesa relativisticamente e sulla sua trasformazione da metodo a fine dell’attività politica (15).
Resta da chiarire un ultimo punto. Nel mese di febbraio del 1989, l’on. Adriana Poli Bortone, insieme a tutti i deputati del Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale, presentava in Parlamento una proposta di legge di modifica della legge n. 194, articolata in una prima parte di carattere preventivo e di assistenza, che prevedeva interventi a diversi livelli in favore della gestante in difficoltà, e in una seconda parte di dissuasione dell’aborto, senza criminalizzazione della gestante con seri problemi, ma anche senza rinunciare al giudizio di disfavore dello Stato nei confronti della pratica abortiva (16). Relativamente a questa proposta, ripresentata dalla stessa parlamentare nelle due successive legislature, e sull’importanza dei temi che affrontava, nel mese di giugno del 1991 l’on. Adriana Poli Bortone chiedeva, con una lettera inviata a tutti membri della Camera dei Deputati, sostegno perché venisse avviata la discussione d’urgenza. A tale lettera rispondeva per iscritto l’on. Carlo Casini, il quale, dopo aver affermato la propria condivisione dei punti essenziali della proposta, negava la sottoscrizione all’istanza di discussione d’urgenza sostenendo che i tempi non erano maturi per il dibattito, e aggiungeva che vi erano invece spazi politici per riforme parziali, che avrebbero potuto essere pregiudicate dal desiderio di ottenere subito maggiori risultati (17).
È lecito chiedersi come mai, a distanza di quasi quattro anni da quella risposta, il presidente del MpV, che non ha visto realizzare nessuna delle riforme parziali alle quali subordinava la difesa del nascituro, ma che sembra desideroso di discutere sui temi della vita e della famiglia, prende carta e penna e scrive al segretario del nuovo “partito radicale di massa” (18) invece di rivolgersi a chi ha avviato da tempo, in materia, un lavoro di riflessione giuridica interessante e attende ancora collaborazione. È solo perché suppone “[…] di rappresentare qualcosa di non insignificante delle istanze e dell’atteggiamento dei cattolici verso la politica” (19)? E il magistero di Papa Giovanni Paolo II, che sollecita i governi e i legislatori a varare norme di protezione della vita e a non cedere alle tentazioni della “democrazia senza valori” (20), è forse meno significativo in questa direzione? Oppure prevale su tutto la speranza che “le istanze di giustizia sociale, di eguaglianza, di solidarietà” (21), sempre enunciate ma sempre calpestate dal vecchio comunismo, siano riprese e concretizzate dai suoi epigoni italiani? Quanti decenni si dovranno attendere prima di accorgersi che anche questa speranza è un’illusione?
Alfredo Mantovano
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(1) Cfr. Carlo Casini, Caro D’Alema, ti scrivo…; e Massimo D’Alema, “Apriamo il dialogo”, intervista a cura di Guglielmo Nardocci, in Famiglia Cristiana, anno LXV, n. 5, 1-2-1995, pp. 24-27.
(2) Avvenire, 26-1-1995.
(3) Cfr. Rossana Rossanda, Il cardinal D’Alema, in il manifesto, 25-1-1995.
(4) M. D’Alema, “Basta con le guerre di religione”, intervista a cura di Marina Garbesi, in la Repubblica, 26-1-1995.
(5) C. Casini, Caro D’Alema, ti scrivo…, cit.
(6) M. D’Alema, “Apriamo il dialogo”, cit.
(7) Idem, “Basta con le guerre di religione”, cit.
(8) Avvenire, cit.
(9) C. Casini, Caro D’Alema, ti scrivo…, cit.
(10) Avvenire, cit.
(11) M. D’Alema, “Apriamo il dialogo”, cit.
(12) Idem, “Basta con le guerre di religione”, cit.
(13) Cfr. Rossana Rossanda, Il cardinal D’Alema, cit.
(14) Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor circa alcune questioni fondamentali dell’insegnamento morale della Chiesa, del 6-8-1993, n. 40.
(15) Cfr. Marco Invernizzi, “Dal PCI al PDS”: le tappe e i contenuti di una metamorfosi rivoluzionaria, in Cristianità, anno XXII, n. 225-226, gennaio-febbraio 1994, pp. 5-9.
(16) Cfr. Proposta di legge d’iniziativa dei deputati Poli Bortone e altri, presentata il 9-2-1989, Provvedimenti in difesa della maternità, in Atti Parlamentari, X legislatura, Camera dei Deputati, n. 3632; ho riassunto e commentato il testo nel mio Aborto anno undecimo: dal “caso Mangiagalli” a “Provvedimenti in difesa della maternità”, in Cristianità, anno XVIII, n. 177, gennaio 1990, pp. 13-20.
(17) Cfr. la lettera ai deputati dell’on. Adriana Poli Bortone, la lettera di risposta dell’on. Carlo Casini, e una lettera di replica della stessa on. Poli Bortone, riportate integralmente sotto il titolo unico La posizione dei democristiani nei riguardi della legge n. 194, in Voce del Sud, anno XXXIX, n. 4, 1-2-1992.
(18) Cfr. Giovanni Cantoni, “Fermiamo il partito radicale di massa”, intervista a cura di Angelo Cerruti, in Secolo d’Italia. Quotidiano del MSI-DN, 6-1-1994, trascritto e annotato in Cristianità, anno XXII, n. 225-226, cit., pp. 10-12.
(19) C. Casini, Caro D’Alema, ti scrivo…, cit.
(20) Cfr. Giovanni Paolo II, Enciclica Centesimus annus nel centenario della Rerum novarum, del 1°-5-1991, n. 46.
(21) C. Casini, Caro D’Alema, ti scrivo…, cit.