In occasione del XXX Anniversario della Rivoluzione Cubana, S.E. il Signor Cardinale Paulo Evaristo Arns, arcivescovo di San Paolo, in Brasile, ha inviato al tiranno Fidel Castro Ruz una lettera di elogio, concepita nel più puro stile della “teologia della liberazione” di stampo marxista. Al porporato si sono indirizzati – sempre con una lettera – oltre cento esponenti significativi della diaspora cubana, contestando, fra l’altro, la veridicità dei fatti che dovrebbero fondare gli elogi.
San Paolo, Natale 1988
Carissimo Fidel
Pace e Bene!
Approfitto del viaggio di Frei Betto per inviarle un abbraccio e per salutare il popolo cubano in occasione del XXX Anniversario della Rivoluzione. Tutti noi sappiamo con quanto eroismo e con quanto sacrificio il popolo del suo paese è riuscito a resistere alle aggressioni esterne e all’immane sfida di sradicare la miseria, l’analfabetismo e i problemi sociali cronici. Oggi Cuba può sentirsi orgogliosa di essere nel nostro continente, tanto impoverito dal debito estero, un esempio di giustizia sociale.
La fede cristiana scopre nelle conquiste della Rivoluzione i segni del Regno di Dio che si manifesta nei nostri cuori e nelle strutture che consentono di fare della convivenza politica un’opera d’amore.
Qui in Brasile viviamo momenti importanti di luci e di ombre. Da un lato, la vittoria popolare ottenuta nelle ultime elezioni rinnova il quadro politico del paese e apre alla speranza che l’indescrivibile sofferenza del nostro popolo possa nel futuro diminuire. Conviviamo con un’inflazione mensile del trenta per cento e un salasso di risorse assorbite dall’ingiustificabile pagamento degli interessi del debito estero. D’altro lato, sappiamo che questa vittoria non significa ancora la nostra libertà e che saremo obbligati ad affrontare nel nostro stesso paese ogni tipo di pressioni e di difficoltà create dai padroni del grande capitale.
Questo è un momento di dolore per chi fa del proprio servizio episcopale un atto di effettivo amore per i poveri. Ma confido che le nostre Comunità Ecclesiali di Base sapranno preservare i semi di nuova vita che sono stati seminati.
Purtroppo non si sono ancora verificate le condizioni favorevoli perché si realizzi un nostro incontro. Ho la certezza che il Signore Gesù ci indicherà il momento opportuno.
La tengo quotidianamente presente nelle mie preghiere, chiedo al Padre che le conceda sempre la grazia di guidare il destino della sua Patria.
Riceva il mio fraterno abbraccio in occasione dei festeggiamenti per il XXX Anniversario della Rivoluzione Cubana e gli auguri di un Anno Nuovo promettente per il suo paese.
Fraternamente,
Paulo Evaristo, Cardinale Arns
Il testo spagnolo della missiva è quello diffuso in fotocopia dal Comitato Organizzatore della Lettera al Cardinale Arns, promosso dall’associazione Cubanos Desterrados, che raccoglie cubani in esilio. La traduzione è redazionale e il titolo quello originale.
Eminenza, anche Cuba è una “vergogna del nostro tempo”!
Al Signor Arcivescovo di San Paolo
Cardinale Paulo Evaristo Arns O.F.M.
San Paolo, Brasile
Eminenza,
noi firmatari siamo cubani esiliati dalla nostra amata patria, quella che un tempo era la “perla delle Antille” e che da ormai tre decenni percorre una penosa via crucis sotto le grinfie del comunismo internazionale.
Con questa lettera crediamo di farci interpreti non soltanto dei numerosi ambienti degli esiliati con i quali fino a questo momento siamo entrati in contatto, ma anche di milioni di nostri fratelli che in questo stesso momento gemono nell’isola-prigione.
Vostra Eminenza non ha mai visitato Cuba. Tuttavia, cogliendo l’occasione del trentesimo anniversario della Rivoluzione Cubana, ha indirizzato al dittatore cubano una lettera colma di lodi per il regime e la sua pretesa “giustizia sociale”.
La missiva di Vostra Eminenza è giunta a conoscenza del pubblico a Miami attraverso le emittenti comuniste, che davano segni di euforia. È stata subito trasmessa in tutto il mondo da dispacci internazionali e pubblicata integralmente dall’organo ufficiale del Partito Comunista di Cuba, Granma, del 6 gennaio di quest’anno.
Il contenuto della lettera di Vostra Eminenza, così come l’occasione scelta per essa, costituisce per noi ragione di profondo dolore.
Riesce anche doloroso constatare che negli ultimi tempi, inaspettatamente, diverse personalità internazionali – e alcune fra esse di posizione elevata – hanno cominciato a negare in vari modi l’esistenza a Cuba di un regime di persecuzione poliziesca e di miseria senza pari, intendendo così smentire che vi vengano violati i “diritti umani” del popolo.
Il clamore internazionale suscitato ormai quasi nove anni fa dal dramma interno a Cuba, e reso evidente dall’asilo di diecimilaottocento nostri compatrioti nell’ambasciata del Perù a L’Avana, e il seguente esodo dal porto di Mariel, di centoventicinquemila cubani, sembra sia stato coperto da una cortina di oblio (1)…
Ma questa non è l’unica cortina che nasconde la realtà dell’isola-prigione. Se le condizioni di un regime che fino a poco tempo fa erano considerate simili, quanto a persecuzione e a miseria, a quelle di qualsiasi paese oltre la Cortina di Ferro, fossero mutate in un così breve lasso di tempo come per magia, perché i cubani continuano a essere impossibilitati a esprimersi liberamente, a entrare e a uscire da Cuba senza difficoltà, e perché vige il regime di terrore dei Comitati di Difesa della Rivoluzione? In una parola, perché si custodisce tanto gelosamente – con il sangue e con il fuoco – il mistero sulle vere aspirazioni e sui desideri dei cubani?
Nessun regime che attraversi una situazione florida può essere interessato a occultare la propria realtà. Al contrario, desidera che chiunque lo voglia abbia la possibilità di conoscere senza limitazioni i risultati della sua amministrazione. Ne è esempio la nazione che ha accolto con generosità tanti cubani esiliati, gli Stati Uniti d’America. Le porte di questo paese sono aperte tanto per entrare quanto per uscire, e i suoi abitanti possono far conoscere liberamente le loro opinioni. Il regime cubano è l’unico che, da trent’anni, continua a tentare di conservare il mistero sulla realtà dell’isola.
Relativamente al campo economico-sociale, ci permetta Vostra Eminenza di fare un’osservazione. Nella sua lettera afferma che il regime, “con eroismo e sacrificio”, sarebbe riuscito a “sradicare la miseria, l’analfabetismo e i problemi sociali cronici”, e che “la fede cristiana scopre, nelle conquiste della Rivoluzione, i segni del Regno di Dio […]“. Ma tabelle statistiche rese note in questi giorni dalla CEPAL, la Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi, e basate su fonti della Commissione stessa e della Banca Mondiale, a proposito di Cuba lasciano in bianco spazi numerosi e vitali, qualificati come cifre “non disponibili”… Se si trattasse di dati favorevoli, i comunisti cubani avrebbero convenienza a nascondere quelli relativi al Prodotto Nazionale Lordo, alle variazioni di salari e di esportazioni e all’ammontare del debito estero (settimanale Busqueda, Montevideo, 2-2-89, p. 17)?
Eminenza, non invalida i nostri argomenti il fatto che le porte di Cuba siano sollecitamente aperte per simpatizzanti dichiarati del regime castrista, come i religiosi brasiliani Frei Betto e padre Leonardo Boff, così come per certe personalità di rango elevato, Cardinali compresi, le cui possibilità di informarsi oltre determinati limiti non sono state rese note. Se nel corso delle loro visite fossero venute in contatto diretto con il popolo, sarebbero state certamente le prime a dichiarare lealmente il risultato di questa indagine.
Il regime cubano è passato da un primo periodo in cui il mistero e la denuncia internazionale si producevano contemporaneamente, a una seconda fase in cui la propaganda è favorevole e viene aiutato a uscire dal suo isolamento senza che, nel frattempo, questo mistero venga meno. Quando Castro grida “socialismo o morte” e “marxismo-leninismo o morte”, durante il suo discorso a Santiago de Cuba, in occasione dell’anniversario della Rivoluzione (Diario Las Américas, 4-1-89), le voci che si sono levate incessantemente dalle sinistre contro i regimi militari sembrano ora dimenticare questi tre decenni di obbrobrio.
Se si trattasse di trent’anni di un regime militare nel suo paese, quali sarebbero le parole di Vostra Eminenza, che ha tanto combattuto la dittatura? Sarebbe “carissimo” l’aggettivo usato per salutare la figura più altolocata di un tale regime, come fa Vostra Eminenza con il tiranno dei Caraibi?
D’altro canto, poiché il comunismo costituisce l’essenza stessa del regime cubano, non possiamo dimenticare le condanne di diversi Pontefici della nostra epoca su tale sistema. Basta ricordare che S.S. Pio XI lo qualificò come “intrinsecamente perverso”.
Il Cardinale Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha dichiarato che lo stato di prostrazione e di miseria in cui i regimi comunisti hanno ridotto i rispettivi popoli costituisce la “vergogna del nostro tempo”. Allora, Eminenza, un sistema che ha prodotto miseria ovunque sia stato applicato, come può fare di Cuba un “esempio di giustizia sociale”, come afferma Vostra Eminenza nella sua lettera?
Signor Cardinale, desideriamo che la verità su quanto accade nella nostra nazione brilli agli occhi di tutto il mondo.
Perciò, data la sua amicizia con Fidel Castro, chiediamo la sua intercessione affinché il regime cubano permetta l’ingresso a Cuba di una Commissione nominata dai firmatari stessi di questa lettera; una Commissione imparziale, priva di ottimismi paralizzanti e accecanti, e che disponga delle più serie garanzie tecniche, giuridiche, giudiziarie e testimoniali per fare un’analisi completa sulla situazione dell’isola.
Vogliamo credere che il regime castrista, nella prospettiva del suo stesso vantaggio, accetterà l’ingresso di investigatori privi di ogni sospetto di parzialità a suo favore.
Restiamo frattanto in attesa di ricevere da Vostra Eminenza, nel più breve tempo possibile, tutte le fonti economico-statistiche che sono state all’origine delle affermazioni elogiative del regime castrista, contenute nella sua lettera.
Signor Cardinale, nella speranza di un riscontro, la salutiamo rispettosamente e chiediamo la sua benedizione.
Miami, marzo 1989
***
(1) A partire dal 1° aprile 1980, cittadini cubani cominciano a rifugiarsi nel giardino dell’ambasciata del Perù a L’Avana, affollandolo in modo inverosimile, nella speranza di emigrare. Il fenomeno assume dimensioni tali da costringere il governo castro-comunista a concedere con maggiore libertà il diritto di lasciare il paese: il 20 aprile viene aperto il porto di Mariel alle imbarcazioni provenienti dagli Stati Uniti e ha così inizio un disordinato esodo in massa che, in oltre un mese, trasferisce in Florida, con le imbarcazioni della cosiddetta “flottiglia della libertà”, diverse decine di migliaia di profughi, valutati dalle stesse autorità cubane, il 30 maggio, in novantamila (n. d. r.).