Ignazio Cantoni, Cristianità, 337-338 (2006)
Peter John Kreeft ha studiato al Calvin College e poi alla Fordham University, quindi, dal 1962 al 1965, ha insegnato alla Villanova University e dal 1965 è docente di Filosofia presso il Boston College a Cestnut Hill, nel Massachusetts. I circa cinquanta titoli delle sue opere spaziano dalla filosofia alla teologia, dalla spiritualità all’apologetica: fra essi, Heaven, the Hearts’ Deepest Longing, “Paradiso, il desiderio più profonfo del cuore” (Harper & Row, Cambridge [Massachusetts] 1979); Fundamentals of the Faith: Essays in Christian Apologetics, “I fondamentali della fede: saggi di apologetica cristiana” (Ignatius Press, San Francisco [California] 1988); Back to Virtue: traditional moral Wisdom for modern moral Confusion, “Ritorno alla virtù: la sapienza morale tradizionale per la confusione morale moderna”(con una prefazione di Russell Amos Kirk [1918-1994], ibidem 1992); How to win the Culture War: a Christian battle Plan for a Society in crisis, “Come vincere la guerra culturale: un piano di battaglia cristiano per una società in crisi” (InterVarsity Press, Downers Grove [Illinois] 2002); e The Philosophy of Tolkien: the Worldview behind The Lord of the Rings, “La filosofia di Tolkien: la visione del mondo dietro al Signore degli Anelli” (Ignatius Press, San Francisco [California] 2005).
Padre Ronald Keith Tacelli S.J. insegna anch’egli Filosofia al Boston College dal 1984, dopo essersi formato nella stessa istituzione, all’University of Toronto e alla Weston School of Theology. Fra le sue opere e curatele — una decina — spiccano: con Paul Copan, Jesus’ Resurrection: Fact or Figment? A Debate between William Lane Craig & Gerd Lüdemann, “La Risurrezione di Gesù: fatto o finzione? Un dibattito fra William Lane Craig & Gerd Lüdemann” (InterVarsity Press, Downers Grove [Illinois] 2001); e con Godehard Brüntrup, The Rationality of Theism, “Razionalità del teismo” (Kluwer Academic Publishers, Dordrecht [Olanda]-Boston [Massachusetts] 1999).
Questi due autori hanno scritto a quattro mani Handbook of Christian Apologetics. Hundreds of Answers to crucial Questions, “Manuale di apologetica cristiana. Cento risposte a domande cruciali” (InterVarsity Press, Downers Grove [Illinois] 1994), pubblicato in seconda edizione dallo stesso editore nel 2003, con il titolo Pocket Handbook of Christian Apologetics: tale testo è ora disponibile in italiano con il titolo Il tascabile dell’apologetica cristiana.
Nell’Invito alla lettura (pp. 5-12), don Pietro Cantoni, moderatore dell’OMME, l’Opus Mariae Matris Ecclesiae, del clero di Massa Carrara-Pontremoli, docente di Filosofia allo Studio Teologico Interdiocesano Mons. Enrico Bartoletti di Camaiore, in provincia di Lucca, situa l’opera all’interno del genere letterario cristiano costituito dall’apologetica. “L’apologetica e il cristianesimo si appartengono reciprocamente” (p. 5). “La rivelazione cristiana ha, infatti, questa caratteristica: non è una pura e semplice comunicazione autoritativa di contenuti […] davanti alla quale qualsiasi domanda è fuori luogo […] ma è anche e soprattutto “insegnamento”. […] “Dio invisibile nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé” (Dei Verbum, 2) (ibidem). Tale caratteristica della rivelazione, già presente nell’Antico Testamento, “[…] diventa dominante nel Nuovo. “Non vi chiamo più servi, […] ma vi ho chiamati amici [Gv. 15, 15]“ (ibidem) e figli, cioè soggetti di educazione, opera assolutamente non priva di elementi d’autorità, ma orientata strutturalmente alla formazione di persone consapevoli, prudenti e responsabili, e pertanto al coinvolgimento della ragione umana.
Il rapporto fra fede e ragione, in sé non conflittuale, ha patito storicamente una frattura: “Quel rispetto e amore per la ragione che proprio il cristianesimo aveva instillato nella cultura europea gli si è poi rivoltato contro […] nella stagione dell’Illuminismo” (p. 6). Di fronte a tale sfida i cristiani difendono le verità di volta in volta negate, purtroppo assumendo troppo, in alcune posizioni, uno stile razionalistico, “[…] mettendo a disagio spesso la sete di trascendenza e di mistero che l’autentico credente non può non portare nel cuore” (ibidem). Tale deriva ha comportato una reazione eccessiva nel verso opposto, “[…] l’effetto collaterale dell’emarginazione, se non del pratico oblio, del concreto esercizio della difesa razionale della fede” (p. 7).
Nei primi due capitoli — Apologetica (pp. 13-17) e Fede & ragione (pp. 18-24) — gli autori rendono conto del senso della razionalità nell’atto di fede: “Molti disdegnano l’apologetica perché essa sembra troppo intellettuale, astratta e razionale. Si afferma che la vita, l’amore, la moralità e la santità sono più importanti della ragione. Chi ragiona in questo modo ha ragione, solo che non si accorge di stare ragionando. Noi non possiamo evitare di ragionare, possiamo solo evitare di farlo bene” (p. 13).
Seguono alcune importanti precisazioni sul rapporto fra ragione e volontà: “Un altro, più profondo motivo per cui alcuni disprezzano il ragionamento apologetico è che decidono con il cuore molto più che con la testa se credere o meno. Il cuore non il cervello è il centro. Ma l’apologetica arriva al cuore pasando attraverso il cervello. La testa è importante proprio perché è un’entrata per il cuore. Possiamo amare solo ciò che conosciamo. Per di più, la ragione ha, quantomeno, un potere di veto: non possiamo credere ciò che sappiamo essere falso, e non possiamo amare ciò che crediamo irreale” (pp. 13-14). Tale corretta impostazione del problema dell’apologetica permette di salvare la gratuità — e pertanto il merito — dell’atto di fede: “I ragionamenti possono non condurti alla fede, ma possono certamente tenertene lontano […]. I ragionamenti possono avvicinare alla fede nello stesso modo in cui un’auto può portarci al mare. L’auto non può nuotare […]; ma non ti puoi tuffare se sei distante centinaia di miglia dal mare” (p. 14). Da tali premesse è possibile intendere i rapporti che intercorrono fra le verità di fede e quelle di ragione: “Ci sono tre diverse specie di verità:
“1. verità di fede e non di ragione;
“2. verità sia di fede sia di ragione;
“3. verità di ragione e non di fede”” (p. 21): “Le verità di sola fede sono rivelate da Dio ma non sono comprensibili, scopribili o provabili con la ragione (per esempio: la Trinità o il fatto che la morte di Cristo ha espiato i nostri peccati). Le verità di fede e di ragione sono rivelate da Dio ma sono anche comprensibili, scopribili e provabili con la ragione (per esempio: l’esistenza di un unico Dio o l’esistenza di una legge morale oggettiva o la vita dopo la morte). Le verità di ragione e non di fede non sono rivelate da Dio ma sono conosciute dall’umana ragione (per esempio: le scienze naturali)” (ibidem). Da tale suddivisione si può ricavare l’ambito epistemologico dell’apologetica: “[…] provare tutte le proposizioni di classe 2 e rispondere a tutte le obiezioni alle proposizioni di classe 1″ (ibidem).
Nei successivi capitoli — Argomenti a favore dell’esistenza di Dio (pp. 25-38) e La natura di Dio (pp. 39-46) — Kreeft e padre Tacelli prendono in esame le classiche prove dell’esistenza di Dio, nonché dei suoi attributi. A tal proposito non è marginale quanto viene detto sul linguaggio da utilizzare per parlare di Dio, argomento principe della riflessione filosofica, teologica e pertanto apologetica: “Se Dio è così misterioso, come può il linguaggio che si riferisce fondamentalmente al mondo della nostra esperienza comune, essere usato in modo appropriato quando parliamo di Lui? Questa è una domanda difficile, ma non disperatamente priva di risposta come alcuni hanno pensato, perché è la legittimità di certe questioni concernenti il mondo sperimentato che ci permette di pensare in modo sistematico a Dio. Dio è la risposta a queste domande. Egli è la causa di questi fenomeni e meditando sui suoi effetti possiamo sapere qualcosa della loro causa” (pp. 39-40).
Seguono i capitoli relativi sempre all’indagine su Dio e sulla creazione: Creazione & evoluzione (pp. 47-52), nel quale viene, fra l’altro, confutata la pretesa scientista di dimostrare, sulla base della validità della teoria dell’evoluzionismo — a tutt’oggi discussa — l’impossibilità della creazione; Miracoli (pp. 53-57), ove si rende manifesta la non scientificità di chi esclude la possibilità di un intervento straordinario di Dio; e Il problema del male (pp. 58-74), nel quale si conduce il lettore nell’analisi delle differenti risposte che sono state date a esso, smontando a una a una tutte quelle che hanno per conseguenza la non esistenza di Dio, fino alla conclusione: “Dov’è il male? È nella volontà, nella scelta, nell’intento, nel movimento dell’anima, che immette un ordine sbagliato nel mondo tutto fisico delle cose e degli atti: l’ordine fra la spada e un collo innocente piuttosto che tra la spada e il collo di un assassino” (p. 60); pertanto “il male è reale, ma non è una cosa reale” (ibidem).
Nei capitoli La divinità di Cristo (pp. 75-87), La risurrezione (pp. 88-100) e La Bibbia: mito o storia? (pp. 101-111) gli autori affrontano la verità della religione cristiana.
La posta in gioco in merito alla realtà della divinità di Cristo, della risurrezione e della verità storica dei racconti biblici e più specificamente evangelici viene messa adeguatamente a fuoco: “Qual è l’alternativa alla conclusione che Gesù è Dio? Che cosa dicono i non credenti su questo argomento? Gesù ha detto di essere Dio e Gesù è credibile, quindi Gesù è Dio. La conclusione segue dalle premesse. Quale premessa può essere negata?” (p. 81): non la storicità dei Vangeli, cioè la realtà della dichiarazione di divinità, bene difesa con argomenti psicologici, sociologici e storici. Pertanto, “una persona che affermi di essere Dio e non lo sia, non è un uomo buono ma è un uomo malvagio” (p. 83), posto che un uomo del genere non poteva essere uno squilibrato; certo, “è attraente e confortevole il poter dire che Gesù non fu né un uomo malvagio e neppure fu Dio, ma che fu un uomo buono. Il dire che fu un malvagio offende i cristiani, e dire che fu Dio offende i non-cristiani” (ibidem). Vengono di seguito prese in analisi le principali obiezioni alla risurrezione — svenimento, mito, complotto, allucinazione — e alla storicità dei vangeli — “non esiste nessuno che inventi una complicata storiella allo scopo di essere crocifisso, lapidato o decapitato” (pp. 110-111) —, dei quali, dopo un’attenta analisi si può concludere che “[…] non esiste nessun altro testo antico che goda di così buona salute” (p. 107). “Nel Diciannovesimo secolo Julius Müller [teologo protestante (1801-1878)] sfidò i suoi contemporanei a produrre un solo esempio, in un qualsiasi punto della storia, in cui sia sorto, intorno a una grande figura storica, un importante mito o una leggenda che sia stato creduto per vero nello spazio di trent’anni dalla morte di quel personaggio. Nessuno fu in grado di dare una risposta” (p. 98).
Con La vita dopo la morte (pp. 112-122), Paradiso & inferno (pp. 123-140) e Salvezza (pp. 141-152), Kreeft e padre Tacelli prendono in esame realtà escatologiche messe in dubbio costantemente. Il lettore viene così condotto attraverso una esposizione delle obiezioni, e delle risposte da dare, all’immortalità dell’anima e al paradiso. Soprattutto quest’ultimo argomento è maggiormente sviluppato, perché maggiori sono le difficoltà che suscita, ma anche l’inferno è esaustivamente analizzato, mostrando come la sua inesistenza comporterebbe l’irrilevanza della religione, della libertà e della responsabilità umane. Il capitolo sulla salvezza, invece, è occasione per gli Autori di affrontare la tematica della grazia e delle opere, così sentita oltre Atlantico fra cattolici ed evangelical, al contrario che in Europa. Insieme ad alcune risposte in merito alla salvezza dei non cristiani, si fa notare come, a favore della necessità della fede in Gesù Cristo per la salvezza, sia insufficiente l’argomento della sincerità del cuore: “[…] nessuno accetta la sincerità come sufficiente in qualsiasi altro campo diverso da quello religioso. La sincerità potrebbe essere necessaria ma non sufficiente. È sufficiente che il tuo medico, il tuo commercialista o il tuo agente di viaggio siano sinceri? Basta la sola sincerità a salvarti dal cancro, dalla bancarotta, da un incidente o dalla morte? No, non basta. Perché allora pensi che debba essere sufficiente per salvarti dall’inferno?” (p. 145). Il presupposto di tale approccio semplicistico viene correttamente identificato nel “[…] più importante cambiamento nel pensiero religioso degli ultimi diciannove secoli. Mentre quasi tutti gli antichi (non solo i cristiani) credevano che la religione si riferisse alla verità oggettiva, esattamene come la medicina, l’economia o la geografia […], la maggior parte dei moderni non lo crede” (ibidem), ma ciò deriva da presupposti errati: la religione intesa come fatto soggettivo, pragmatico, umano e non divino, e come una sorta di “[…] ginnastica piuttosto che […] una chirurgia. Perché la mentalità tipica della modernità non crede in quella malattia chiamata peccato. Ma la sincerità non basta da sola per togliere il peccato: ci vuole qualcosa di più per estirpare il cancro […]. Ci serve ben di più della sincerità: necessitiamo di un Salvatore” (p. 146). Tale discorso è continuato nel capitolo seguente, Cristianesimo & altre religioni (pp. 153-167), soprattutto in merito all’obiezione di esclusivismo mossa al cristianesimo. “La religione ritenuta giusta dalla maggior parte degli americani è “l’uguaglianza”; questo concetto esprime il loro assoluto e autoreferenziale valore. Dio deve essere […] come un datore di lavoro che offre a tutti pari opportunità” (p. 153). Ma, se così è, bisogna includere anche, per esempio, il Tempio del Popolo e il satanismo fra le religioni uguali? Viene così impostata l’analisi che un cristiano deve porre di fronte alle altre religioni: sono vere? Sono moralmente buone? Possono salvare? Sono educative? Sono utili? L’analisi condotta in tale modo permette — grazie a diversi esempi, soprattutto tratti dalle religioni orientali — di affrontare con cautela i rapporti con le altre religioni, di salvaguardare quanto in esse vi è di vero, che va come tale riconosciuto e valorizzato, al contempo mantenendo un rapporto di cautela, che salvaguardi l’unicità del cristianesimo e, pertanto, della figura di Cristo come unico Salvatore di tutti gli uomini.
Negli ultimi capitoli — Verità oggettiva (pp. 168-176) e L’essenziale (pp. 177-180), cui segue l’Indice (pp. 181-183) — gli autori richiamano l’attenzione sulla finalità della ricerca della verità. “Molto spesso, dopo che i cristiani hanno avuto la meglio nella discussione, i non cristiani […] si ritirano su questa linea difensiva che li preserva da ogni ulteriore coinvolgimento: “Quello che dite può essere vero per voi, ma non per me. La verità è relativa. Che diritto avete di impormi il vostro credo? Siete arroganti”.
“La strategia dell’apologetica cristiana deve essere pronta a fronteggiare questa mossa. Dobbiamo essere pronti nel mostrare ai nostri avversari (cioè, ai nostri amici) che si rifugiano in questo relativismo e soggettivismo solo dopo aver perso il confronto, mai dopo averla spuntata, o dopo aver pensato di esserci riusciti” (p. 168), mostrando come il problema della verità non è principalmente gnoseologico, bensì morale. Gli attacchi alla verità oggettiva, condotti dal pragmatismo, dall’empirismo, dal razionalismo, dal formalismo logico cadono, oltre che per diversi motivi, per il seguente: “Tutte le teorie [negatrici] della verità, una volta che siano espresse con chiarezza e semplicità, presuppongono quella nozione di “verità” che è dettata dal buon senso e che è racchiusa nella sapienza del linguaggio e della tradizione dell’uso, vale a dire “la teoria di corrispondenza” (o di identità). Ogni teoria, infatti, afferma di essere autenticamente vera, cioè, di corrispondere con la realtà, e che le altre sono invece false, cioè, che non corrispondono con la realtà” (pp. 172-173). Che cosa deve fare allora, chi ammette, alla fine sinceramente, l’irriducibilità del cristianesimo a cause umane o naturali? “[…] l’intelletto da solo non basta. Anche la volontà deve entrare in gioco. Perché nessuno crede se non vuol credere. Questo non implica necessariamente un pregiudizio. La volontà serve sia per aprire la mente sia per chiuderla. Non hai bisogno di una spinta particolare o di una predilezione per il cristianesimo, ma ti occorre una effettiva predilezione per la verità oggettiva ovunque questa possa essere trovata. Ci vuole di più di una predilezione: serve una scelta d’amore precisa e deliberata, cercare e trovare la verità ovunque essa sia” (p. 178).
Il testo, molto agile, è pressoché privo di apparato scientifico — i pochi riferimenti sono principalmente alle opere degli scrittori inglesi Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) e Clive Staples Lewis (1898-1963) —, ma la capacità degli autori di padroneggiare materie diverse quali fisica, teologia, filosofia, analisi biblica e storia manifesta un’erudizione implicita che impedisce il sorgere di dubbi sulla sua fondatezza; l’andamento proprio della quaestio, della “ricerca scolastica”, con gli analoghi dell’explicatio terminorum, dei sed contra e dei respondeo adattati al lettore contemporaneo agevola l’esame delle obiezioni e delle argomentazioni a favore; la gamma e la portata degli argomenti dibattuti — benché il testo sia lungi dall’essere esaustivo — ne fa un prezioso strumento da consultare costantemente.
Ignazio Cantoni