Giovanni Paolo II, Cristianità n. 297 (2000)
Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, del 28-1-2000, nn. 2-4, in L’Osservatore Romano, 29-1-2000. Titolo redazionale.
In questi ultimi anni […] in ambienti teologici ed ecclesiali è emersa una mentalità tendente a relativizzare la rivelazione di Cristo e la sua mediazione unica e universale in ordine alla salvezza, nonché a ridimensionare la necessità della Chiesa di Cristo come sacramento universale della salvezza.
Per porre rimedio a questa mentalità relativistica occorre anzitutto ribadire il carattere definitivo e completo della rivelazione di Cristo. Fedele alla parola di Dio, il Concilio Vaticano II insegna: “La profonda verità sia su Dio sia sulla salvezza dell’uomo risplende a noi per mezzo di questa rivelazione nel Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta la rivelazione” (Cost. dogm. Dei Verbum, 2).
Per questo nella Lettera enciclica Redemptoris missio ho riproposto alla Chiesa il compito di proclamare il Vangelo, come pienezza della verità: “In questa Parola definitiva della sua rivelazione, Dio si è fatto conoscere nel modo più pieno: egli ha detto all’umanità chi è. E questa autorivelazione definitiva di Dio è il motivo fondamentale per cui la Chiesa è per sua natura missionaria. Essa non può non proclamare il Vangelo, cioè la pienezza della verità, che Dio ci ha fatto conoscere intorno a se stesso” (n. 5).
È, dunque, contraria alla fede della Chiesa la tesi circa il carattere limitato della rivelazione di Cristo, che troverebbe un suo complemento nelle altre religioni. La ragione di fondo di questa asserzione pretende di fondarsi sul fatto che la verità su Dio non potrebbe essere colta e manifestata nella sua globalità e completezza da nessuna religione storica, quindi neppure dal cristianesimo e nemmeno da Gesù Cristo. Questa posizione, però, contraddice le affermazioni di fede secondo le quali in Gesù Cristo si dà la piena e completa rivelazione del mistero salvifico di Dio, mentre la comprensione del mistero infinito è sempre da vagliare e da approfondire alla luce dello Spirito di verità che ci guida nel tempo della Chiesa “alla verità tutta intera” (Gv. 16, 13).
Le parole, le opere e l’intero evento storico di Gesù, pur essendo limitati in quanto realtà umane, tuttavia hanno come fonte la Persona divina del Verbo incarnato e perciò portano in sé la definitività e la completezza della rivelazione delle sue vie salvifiche e dello stesso mistero divino. La verità su Dio non viene abolita o ridotta perché è detta in linguaggio umano. Essa invece resta unica, piena e completa, perché chi parla e agisce è il Figlio di Dio incarnato.
In connessione con l’unicità della mediazione salvifica di Cristo si pone l’unicità della Chiesa da lui fondata. Infatti il Signore Gesù costituì la sua Chiesa come realtà salvifica: come suo Corpo, mediante il quale Egli stesso opera nella storia la salvezza. Così come c’è un solo Cristo, esiste un solo suo Corpo: “Una sola Chiesa cattolica e apostolica” (Simbolo di fede, DS 48). Il Concilio Vaticano II dice in merito: “Il Santo Concilio […] insegna, appoggiandosi sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione, che questa Chiesa pellegrinante è necessaria alla salvezza” (Cost. dogm. Lumen gentium, 14).
È dunque errato considerare la Chiesa come una via di salvezza accanto a quelle costituite da altre religioni, le quali sarebbero complementari alla Chiesa, pur se convergenti con questa verso il Regno di Dio escatologico. Si deve pertanto escludere una certa mentalità indifferentistica “improntata a un relativismo religioso che porta a ritenere che una religione valga l’altra” (Lett. enc. Redemptoris missio, 36).
È vero che i non cristiani — lo ha ricordato il Concilio Vaticano II — possono “conseguire” la vita eterna “sotto l’influsso della grazia”, se “cercano Dio con cuore sincero” (Lumen gentium, 16). Ma nella loro sincera ricerca della verità di Dio essi di fatto sono “ordinati” a Cristo ed al suo Corpo, la Chiesa (cfr. ibid.). Si trovano comunque in una situazione deficitaria, se paragonata a quella di coloro che, nella Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi salvifici. Comprensibilmente quindi, seguendo il mandato del Signore (cfr. Mt. 28, 19-20) e come esigenza dell’amore verso tutti gli uomini, la Chiesa “annuncia, ed è tenuta ad annunciare incessantemente Cristo che è “la Via, la Verità e la Vita” (Gv. 14, 6), in cui gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e nel quale Dio ha riconciliato a sé tutte le cose” (Dich. Nostra aetate, 2).