Giovanni Paolo II, Cristianità n. 300 (2000)
Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, dell’8-12-1993, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XVI, 2, pp. 1413-1420.
1. Il mondo anela alla pace, ha estremo bisogno di pace. Eppure guerre, conflitti, violenza dilagante, situazioni di instabilità sociale e di endemica povertà continuano a mietere vittime innocenti e a generare divisioni tra gli individui ed i popoli. La pace sembra a volte una meta davvero irraggiungibile! In un clima raggelato dall’indifferenza e talora avvelenato dall’odio, come sperare nell’avvento di un’era di pace, quale solo sentimenti di solidarietà e di amore possono propiziare?
Non dobbiamo tuttavia rassegnarci. Sappiamo che la pace, nonostante tutto, è possibile, perché iscritta nell’originario progetto divino.
Dio volle per l’umanità una condizione di armonia e di pace, ponendone il fondamento nella natura stessa dell’essere umano, creato “a sua immagine”. Tale immagine divina si realizza non soltanto nell’individuo, ma anche in quella singolare comunione di persone che è formata da un uomo e da una donna, uniti a tal punto nell’amore da divenire “una sola carne” (1). È scritto infatti: “A immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (2). A questa specifica comunità di persone il Signore ha affidato la missione di dare la vita e di prendersene cura formando una famiglia, e contribuendo così in modo decisivo al compito di amministrare la creazione e di provvedere al futuro stesso dell’umanità.
L’iniziale armonia fu spezzata dal peccato, ma l’originario piano di Dio permane. La famiglia resta, pertanto, il vero fondamento della società (3), costituendone, come è detto nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, “il nucleo naturale e fondamentale” (4).
Il contributo che essa può offrire anche per la salvaguardia e la promozione della pace è talmente determinante che vorrei cogliere l’occasione offertami dall’Anno Internazionale della Famiglia per dedicare questo messaggio, nella Giornata Mondiale della Pace, alla riflessione sullo stretto rapporto esistente tra la famiglia e la pace. Confido infatti che detto Anno costituisca per tutti coloro che intendono contribuire alla ricerca della vera pace — Chiese, Organismi religiosi, Associazioni, Governi, Istanze internazionali — un’utile occasione per studiare insieme come aiutare la famiglia ad adempiere appieno il suo insostituibile compito di costruttrice di pace.
2. La famiglia, quale fondamentale e insostituibile comunità educante, è il veicolo privilegiato per la trasmissione di quei valori religiosi e culturali che aiutano la persona ad acquisire la propria identità, Fondata sull’amore e aperta al dono della vita, la famiglia porta in sé il futuro stesso della società; suo compito specialissimo è di contribuire efficacemente ad un avvenire di pace.
Ciò essa otterrà, innanzitutto, mediante il reciproco amore dei coniugi, chiamati alla piena e totale comunione di vita dal senso naturale del matrimonio e ancor più, se cristiani, dalla sua elevazione a sacramento; e, inoltre, attraverso l’adeguato svolgimento del compito educativo, che impegna i genitori a formare i figli al rispetto della dignità di ogni persona ed ai valori della pace. Tali valori, più che essere “insegnati”, devono essere testimoniati in un ambiente familiare che viva al suo interno quell’amore oblativo capace di accogliere l’altro nella sua diversità, facendone propri i bisogni e le esigenze e rendendolo partecipe dei propri beni. Le virtù domestiche, basate sul rispetto profondo della vita e della dignità dell’essere umano, e concretizzate nella comprensione, nella pazienza, nell’incoraggiamento e nel perdono reciproco, danno alla comunità familiare la possibilità di vivere la prima e fondamentale esperienza di pace. Al di fuori di questo contesto di affettuose relazioni e di operosa e reciproca solidarietà, l’essere umano “rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso se non gli viene rivelato l’amore, … se non lo sperimenta e non lo fa proprio” (5). Un tale amore, peraltro, non è fuggevole emozione, ma intensa e durevole forza morale che ricerca il bene altrui, anche a costo del proprio sacrificio. L’amore vero, inoltre, si accompagna sempre alla giustizia, tanto necessaria alla pace. Esso si protende verso quanti si trovano in difficoltà: coloro che non hanno famiglia, i bambini privi di assistenza e di affetto, le persone sole ed emarginate.
La famiglia che vive, anche se in modo imperfetto, questo amore, aprendosi generosamente al resto della società, costituisce l’agente primario di un futuro di pace. Una civiltà di pace non è possibile se manca l’amore.
3. In contrasto con la sua originaria vocazione di pace, la famiglia si rivela purtroppo, e non di rado, luogo di tensione e di sopraffazione, oppure vittima inerme delle numerose forme di violenza che segnano l’odierna società.
Tensioni si ritrovano, talora, nei rapporti al suo interno. Spesso sono dovute alla fatica di armonizzare la vita familiare quando il lavoro tiene i coniugi lontano l’uno dall’altro o la sua mancanza e precarietà li sottopone all’assillo della sopravvivenza e all’incubo di un incerto futuro. Non mancano tensioni originate da modelli di comportamento ispirati all’edonismo e al consumismo, che spingono i membri della famiglia alla ricerca di personali gratificazioni piuttosto che di una serena e operosa vita comune. Frequenti liti fra i genitori, rifiuto della prole, abbandono e maltrattamenti di minori sono i tristi sintomi di una pace familiare già seriamente compromessa, e che non può certo essere restituita dalla dolorosa soluzione della separazione tra i coniugi, meno che mai dal ricorso al divorzio, vera “piaga” dell’odierna società (6).
In molte parti del mondo, poi, nazioni intere sono prese nella spirale di cruenti conflitti, di cui spesso le famiglie sono le prime vittime: o sono private del principale, quando non unico, componente che guadagna, o sono costrette ad abbandonare casa, terra e beni per fuggire verso l’ignoto; o sono comunque sottoposte a traversie penose che pongono in forse ogni certezza. Come non ricordare, a tal proposito, il sanguinoso conflitto tra gruppi etnici ancora perdurante nella Bosnia-Erzegovina? E non è che un solo caso, tra i tanti scenari di guerra disseminati nel mondo!
Di fronte a tali dolorose realtà, la società si mostra spesso impari ad offrire un valido aiuto, o persino colpevolmente indifferente. I bisogni spirituali e psicologici di chi ha subito gli effetti di un conflitto armato sono urgenti e gravi quanto la necessità di cibo o di un tetto. Occorrerebbero specifiche strutture predisposte per svolgere un’azione di sostegno verso le famiglie colpite da improvvise e laceranti sventure, così che, nonostante tutto, esse non cedano alla tentazione dello scoraggiamento e della vendetta, ma siano capaci di ispirare i loro comportamenti al perdono ed alla riconciliazione. Quanto spesso, purtroppo, di tutto ciò non v’è alcuna traccia!
4. Non si deve poi dimenticare che la guerra e la violenza non costituiscono soltanto forze disgregatrici atte ad indebolire e distruggere le strutture familiari; esse esercitano anche un influsso nefasto sugli animi, giungendo a proporre e quasi ad imporre modelli di comportamento diametralmente opposti alla pace. A questo proposito, occorre denunciare un dato ben triste: oggi purtroppo ragazzi e ragazze, e persino bambini, prendono effettivamente parte, in numero crescente, a conflitti armati. Sono costretti ad arruolarsi nelle milizie armate e debbono combattere per cause che non sempre comprendono. In altri casi, vengono coinvolti in una vera e propria cultura della violenza, secondo la quale la vita conta ben poco ed uccidere non sembra immorale. È nell’interesse di tutta la società far sì che questi giovani rinuncino alla violenza e s’incamminino sulla via della pace, ma questo presuppone una paziente educazione condotta da persone che alla pace credano sinceramente.
Non posso, a questo punto, non menzionare un altro serio ostacolo allo sviluppo della pace nella nostra società: molti, troppi bambini sono privi del calore di una famiglia. A volte essa è, di fatto, assente: presi da altri interessi, i genitori abbandonano i figli a se stessi. Altre volte la famiglia è addirittura inesistente: ci sono così migliaia di bambini che non hanno altra casa che la strada e non possono contare su alcuna risorsa all’infuori di se stessi. Alcuni di questi bambini di strada trovano la morte in modo tragico. Altri vengono avviati all’uso e persino allo spaccio della droga, alla prostituzione e non di rado finiscono nelle organizzazioni del crimine. Non è possibile ignorare situazioni tanto scandalose e pur così diffuse! È in gioco il futuro stesso della società. Una comunità che rifiuta i bambini, o li emargina, o li riduce in situazioni senza speranza, non potrà mai conoscere la pace.
Per poter contare su di un futuro di pace, occorre che ogni piccolo essere umano sperimenti il calore di un affetto premuroso e costante, non il tradimento o lo sfruttamento. E se molto può fare lo Stato fornendo mezzi e strutture di sostegno, insostituibile resta l’apporto della famiglia per garantire quel clima di sicurezza e di fiducia che tanto rilievo ha nell’indurre i piccoli a guardare con serenità verso l’avvenire e nel prepararli a partecipare responsabilmente, divenuti grandi, all’edificazione di una società di autentico progresso e di pace. I bambini sono il futuro già presente in mezzo a noi; è necessario che possano sperimentare che cosa vuol dire pace per essere in grado di creare un futuro di pace.
5. Un ordine durevole di pace abbisogna di istituzioni che esprimano e consolidino i valori della pace. L’istituzione rispondente nel modo più immediato alla natura dell’essere umano è la famiglia. Essa soltanto assicura la continuità e il futuro della società. La famiglia è quindi chiamata a diventare attiva protagonista della pace grazie ai valori che esprime e trasmette al proprio interno e mediante la partecipazione di ogni suo membro alla vita della società.
Nucleo originario della società, la famiglia ha diritto a tutto il sostegno dello Stato per svolgere appieno la propria peculiare missione. Le leggi statali, pertanto, debbono essere orientate a promuoverne il benessere, aiutandola a realizzare i compiti che le spettano. Di fronte alla tendenza oggi sempre più incalzante a legittimare, quali surrogati dell’unione coniugale, forme di unione che per loro intrinseca natura o per la loro intenzionale transitorietà non possono in alcun modo esprimere il senso e assicurare il bene della famiglia, è dovere dello Stato incoraggiare e proteggere l’autentica istituzione familiare, rispettandone la naturale fisionomia e i diritti innati ed inalienabili (7). Tra questi, fondamentale è il diritto dei genitori a decidere liberamente e responsabilmente, in base alle loro convinzioni morali e religiose e alla loro coscienza adeguatamente formata, quando dare vita ad un figlio, per poi educarlo conformemente a tali convinzioni.
Un ruolo rilevante riveste inoltre lo Stato nel creare le condizioni per le quali le famiglie possano provvedere ai loro bisogni primari in maniera conforme alla dignità umana. La povertà, anzi la miseria — minaccia perenne alla stabilità sociale, allo sviluppo dei popoli, alla pace — colpisce oggi troppe famiglie. Avviene talvolta che, per mancanza di mezzi, le giovani coppie tardino a costituire una famiglia o ne vengano addirittura impedite, mentre le famiglie, segnate dal bisogno, non possono partecipare pienamente alla vita sociale, o sono costrette ad una condizione di totale emarginazione.
Il dovere dello Stato non disimpegna, tuttavia, i singoli cittadini: la vera risposta alle domande più gravi di ogni società è infatti assicurata dalla concorde solidarietà di tutti. In effetti, nessuno può sentirsi tranquillo finché il problema della povertà, che colpisce famiglie ed individui, non abbia trovato un’adeguata soluzione. L’indigenza è sempre una minaccia per la stabilità sociale, per lo sviluppo economico e quindi, ultimamente, per la pace. La pace sarà sempre insidiata, finché persone e famiglie si vedranno costrette a combattere per la loro stessa sopravvivenza.
6. Vorrei ora rivolgermi direttamente alle famiglie; in particolare, a quelle cristiane.
“Famiglia diventa ciò che sei!”, ho scritto nella Esortazione Apostolica Familiaris Consortio (8). Diventa cioè “intima comunità di vita e d’amore coniugale” (9), chiamata a donare amore e a trasmettere la vita!
Famiglia, tu hai una missione di primaria importanza: quella di contribuire alla costruzione della pace, bene indispensabile per il rispetto e lo sviluppo della stessa vita umana (10). Consapevole che la pace non si ottiene una volta per tutte (11) mai devi stancarti di cercarla! Gesù, con la sua morte in croce, ha lasciato all’umanità la sua pace, assicurando la sua perenne presenza (12). Chiedi questa pace, prega per questa pace, lavora per questa pace!
A voi, genitori, incombe la responsabilità di formare ed educare i figli ad essere persone di pace: a tal fine, siate voi, per primi, operatori di pace.
Voi, figli, proiettati verso il futuro con l’ardore della vostra giovane età, carica di progetti e di sogni, apprezzate il dono della famiglia, preparatevi alla responsabilità di costruirla o di promuoverla, a seconda delle rispettive vocazioni, nel domani che Dio vi concederà. Coltivate aspirazioni di bene e pensieri di pace.
Voi, nonni, che con gli altri membri della parentela rappresentate nella famiglia insostituibili e preziosi legami tra le generazioni, date generosamente il vostro contributo di esperienza e di testimonianza per saldare il passato al futuro in un presente di pace.
Famiglia, vivi concordemente ed appieno la tua missione!
Come dimenticare infine le molte persone che, per vari motivi, si sentono senza famiglia? Ad esse vorrei dire che una famiglia c’è anche per loro: la Chiesa è casa e famiglia per tutti (13). Essa spalanca le porte ed accoglie quanti sono soli o abbandonati; in essi vede i figli prediletti di Dio, qualunque età abbiano, quali che siano le loro aspirazioni, difficoltà e speranze.
Possa la famiglia vivere in pace così che da essa scaturisca la pace per l’intera famiglia umana!
Ecco la preghiera che per intercessione di Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, elevo a Colui “dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome” (14), all’alba dell’Anno Internazionale della Famiglia.
Dal Vaticano, 8 dicembre dell’anno 1993.
Note:
(1) Gen. 2, 24.
(2) Ibid., 1, 27.
(3) Cfr. Gaudium et Spes, 52.
(4) Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, art. 16, 3.
(5) Ioannis Pauli PP. II Redemptor Hominis, 10.
(6) Cfr. Gaudium et Spes, 47.
(7) Cfr. Carta dei Diritti della Famiglia, presentata il 22 ottobre 1983 a tutte le persone, istituzioni ed autorità interessate alla missione della famiglia nel mondo di oggi.
(8) Ioannis Pauli PP. II Familiaris Consortio, 17.
(9) Gaudium et Spes, 48.
(10) Cfr. Catechismus Catholicae Ecclesiae, n. 2304.
(11) Cfr. Gaudium et Spes, 78.
(12) Cfr. Io. 14, 27; 20, 19-21; Matth. 28, 20.
(13) Cfr. Ioannis Pauli PP. II Familiaris Consortio, 85.
(14) Eph. 3, 15.