Marcel De Corte, Cristianità n. 237-238 (1995)
[…] senza delle vere élites, una civiltà non può reggersi. Se non vuole essere sommersa dalla barbarie, deve recuperarle. Sotto i nostri occhi, se sappiamo aprirli, si stende la tragica antitesi delle nostre risorse: da una parte, mezzi immensi, una tecnica incomparabile, una conoscenza dei particolari spinta all’infinito; dall’altra, un’assenza quasi completa di finalità umana, uno straordinario silenzio sulla domanda fondamentale, “dove andiamo?”, una massiccia caduta del senso della convergenza. La salvezza della nostra civiltà dipende dalla soluzione che sapremo dare al problema della riarticolazione dei mezzi ai fini. Che sia difficile, nessun dubbio. A prima vista, il venir meno dei modelli di vita la rende perfino impossibile. Ma se è vero che i grandi modelli, come i santi, i genî e gli eroi, hanno perduto il loro potere di attrazione, ci restano, alle due estremità della catena, due tipi che hanno invece conservato il loro valore di esempio: da una parte, il Verbo incarnato, dall’altra, il padre e la madre di famiglia. Nel cristianesimo e nel calore della famiglia si trovano ancora, inalterabili, esempi vissuti di vita totale. Alla persistenza del loro legame è sospeso tutto il nostro destino. La famiglia cristiana, ecco il solo luogo della terra in cui si mantengono vive le élites… se noi lo vogliamo. Ecco il punto: se lo vogliamo. Bisogna che padre e madre siano oggi tali che i figli possano ammirarli, accordargli la loro approvazione, imitarli, scoprire in essi dei modelli di uomini e di cristiani, degli esempi di finalità vissuta, naturale come soprannaturale. La subordinazione dei mezzi ai fini diventa un semplice gioco, quando i fini si incarnano lucidamente e volontariamente.
Così nascono le nuove élites, umili, solide, e vere: con il contagio dell’esempio, nel segreto del cuore che prega senza stancarsi, nell’intimo del focolare che irradia luce.
Marcel De Corte
(1905-1994), Fenomenologia dell’autodistruttore. Saggio sull’uomo occidentale contemporaneo, trad. it., Borla, Torino 1967, pp. 122-123. Titolo redazionale.