Luca Finatti, Cristianità n. 428 (2024)
Il 4 agosto è stata pubblicata dalla Santa Sede la Lettera del Santo Padre Francesco sul ruolo della letteratura nella formazione, data a Roma, presso San Giovanni in Laterano, il 17 luglio dell’anno 2024, dodicesimo di pontificato (1).
La lettera, piuttosto articolata e complessa, è dedicata alla necessità di dare più tempo alla lettura personale, come esperienza profondamente umana e spirituale, nutrendosi anzitutto del patrimonio della grande letteratura universale: «Spesso nella noia delle vacanze, nel caldo e nella solitudine di alcuni quartieri deserti, trovare un buon libro da leggere diventa un’oasi che ci allontana da altre scelte che non ci fanno bene. […] E forse quella lettura ci apre nuovi spazi interiori che ci aiutano ad evitare una chiusura in quelle poche idee ossessive che ci intrappolano in maniera inesorabile» (n. 2).
I buoni libri ci donano vita in più
La meditazione del Papa comprende esortazioni da buon insegnante che s’interroga su come far amare i libri ai giovani — «Non c’è niente di più controproducente che leggere qualcosa per obbligo […]. No, dobbiamo selezionare le nostre letture con apertura, sorpresa, flessibilità, lasciandoci consigliare» (n. 7) —, ma anche riflessioni teoriche sul senso della letteratura per la civiltà contemporanea, che si comprendono meglio tenendo sullo sfondo l’ultimo libro del gesuita Antonio Spadaro, critico letterario (2): «A differenza dei media audiovisivi, dove il prodotto è più completo e il margine e il tempo per “arricchire” la narrazione o interpretarla sono solitamente ridotti, nella lettura di un libro il lettore è molto più attivo. In qualche modo riscrive l’opera, la amplifica con la sua immaginazione, crea un mondo […]. Nella lettura, il lettore si arricchisce di ciò che riceve dall’autore, ma questo allo stesso tempo gli permette di far fiorire la ricchezza della propria persona, così che ogni nuova opera che legge rinnova e amplia il proprio universo personale» (n. 3).
La grande letteratura aiuta ad annunciare Cristo
Il messaggio è nato inizialmente come lettera rivolta ai seminaristi e ai loro formatori — «[…] in generale si deve, con rammarico, constatare che nel percorso formativo di chi è avviato al ministero ordinato, l’attenzione alla letteratura non trova al momento un’adeguata collocazione» (n. 4) —, ma il Pontefice ha ritenuto di estenderlo a tutti: «[…] per un credente che vuole sinceramente entrare in dialogo con la cultura del suo tempo, o semplicemente con la vita delle persone concrete, la letteratura diventa indispensabile» (n. 8).
I due modelli di questo atteggiamento proposti nel testo sono il vescovo e teologo greco san Basilio di Cesarea (329-379), che scrive ai giovani esaltando «la preziosità della letteratura classica» e san Paolo (5/10-64/67) il quale, giunto all’Aeropago di Atene (cfr. At 17,16-34), cita indirettamente il poeta greco Epimenide (VII-VI sec. a.C.) e, direttamente, il poeta, pure greco, Arato di Soli (circa 315-240 a.C.), consapevole dell’intensità emotiva dell’arte poetica, capace di destare l’attenzione degli interlocutori, di predisporli benevolmente all’ascolto dell’annuncio cristiano.
Dunque, di fronte alla sete di Dio presente in tanta cultura contemporanea, la letteratura frequentata assiduamente può «[…] rendere i futuri sacerdoti e tutti gli agenti pastorali ancora più sensibili alla piena umanità del Signore Gesù […]. Ciò non vuol dire il mistero di un’umanità astratta, ma il mistero di quell’essere umano concreto con tutte le ferite, i desideri, i ricordi e le speranze della sua vita» (n. 15).
Leggere per ascoltare «la voce di qualcuno»
Papa Francesco cita poi gli scrittori Marcel Proust (1871-1922) e Clive Staples Lewis (1898-1963) per incoraggiare tutti a quell’esperienza di lettura delle grandi opere che ci fanno vivere mille vite contemporaneamente all’interno di mondi creati dall’immaginazione, ma ciò che davvero il Pontefice desidera condividere è l’idea di letteratura espressa dal suo scrittore più amato, Jorge Luis Borges (1899-1986): «Quando il mio pensiero si rivolge alla letteratura, mi viene in mente ciò che il grande scrittore argentino Jorge Luis Borges diceva ai suoi studenti: la cosa più importante è leggere, entrare in contatto diretto con la letteratura, immergersi nel testo vivo che ci sta davanti, più che fissarsi sulle idee e i commenti critici. E Borges spiegava questa idea ai suoi studenti dicendo loro che forse all’inizio avrebbero capito poco di ciò che stavano leggendo, ma che in ogni caso essi avrebbero ascoltato “la voce di qualcuno”. Ecco una definizione di letteratura che mi piace molto: ascoltare la voce di qualcuno» (n. 20).
Oggi questa capacità di ascolto si sta drammaticamente perdendo, come lo statunitense Thomas Stearns Eliot (1888-1965) ha sapientemente sostenuto in tutta la sua opera: «T.S. Eliot, il poeta a cui lo spirito cristiano deve opere letterarie che hanno segnato la contemporaneità, ha giustamente descritto la crisi religiosa moderna come quella di una diffusa “incapacità emotiva”. Alla luce di questa lettura della realtà, oggi il problema della fede non è innanzitutto quello di credere di più o di credere di meno nelle proposizioni dottrinali. È piuttosto quello legato all’incapacità di tanti di emozionarsi davanti a Dio, davanti alla sua creazione, davanti agli altri esseri umani» (n. 22).
La letteratura come palestra di discernimento
La seconda parte della lettera cerca di fornire spunti per rianimare questa sensibilità spenta, sulla scia di alcune riflessioni del teologo gesuita Karl Rahner (1904-1984): «Le parole del poeta, scrive Rahner, sono “piene di nostalgia”, sono “porte che si aprono sull’infinito, porte che si spalancano sull’immensità. Esse evocano l’ineffabile, tendono verso l’ineffabile”. Questa parola poetica “si affaccia sull’infinito, ma non può darci questo infinito, né può portare o nascondere in sé colui che è l’Infinito”.
«Questo è proprio della Parola di Dio, infatti, e — prosegue Rahner — “la parola poetica invoca dunque la parola di Dio”» (n. 24).
La letteratura può diventare così una vera «palestra di discernimento» per il seminarista perché «[…] affina le capacità sapienziali di scrutinio interiore ed esteriore del futuro sacerdote» (n. 26),sulla scia degli esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola (1491-1556), più volte richiamati, ma anche per ciascuno di noi perché «[…] il lettore non è il destinatario di un messaggio edificante, ma è una persona che viene attivamente sollecitata ad inoltrarsi su un terreno poco stabile dove i confini tra salvezza e perdizione non sono a priori definiti e separati. […] Leggendo un romanzo o un’opera poetica, in realtà il lettore vive l’esperienza di “venire letto” dalle parole che legge. Così il lettore è simile ad un giocatore sul campo: egli fa il gioco ma nello stesso tempo il gioco si fa attraverso di lui, nel senso che egli è totalmente coinvolto in ciò che agisce» (n. 29).
Una letteratura così intesa non è solo passatempo o divertimento, è una vera «esperienza della vita» (n. 30), non sottomessa alla superficialità dell’efficientismo contemporaneo, bensì occasione per «[…] allenare lo sguardo a cercare ed esplorare la verità delle persone e delle situazioni come mistero, come cariche di un eccesso di senso» (n. 32).
La potenza spirituale della letteratura aiuta a trovare parole di salvezza
Si giunge così a sperimentare «[…] il potere empatico dell’immaginazione, che è veicolo fondamentale per quella capacità di identificazione con il punto di vista, la condizione, il sentire altrui, senza la quale non si dà solidarietà, condivisione, compassione, misericordia. Leggendo scopriamo che ciò che sentiamo non è soltanto nostro, è universale, e così anche la persona più abbandonata non si sente sola» (n. 34).
Infatti, scrive il Papa: «la letteratura non è relativista, perché non ci spoglia di criteri di valore» (n. 38), anzi ci pone spesso dinanzi a persone concrete con dilemmi morali da affrontare, azioni da giudicare, invitando il lettore ad accogliere «[…] il dovere del giudizio non come strumento di dominio ma come spinta verso un ascolto incessante e come disponibilità a mettersi in gioco in quella straordinaria ricchezza della storia dovuta alla presenza dello Spirito, che si dà anche come Grazia: ovvero come evento imprevedibile e incomprensibile che non dipende dall’azione umana, ma ridefinisce l’umano come speranza di salvezza» (n. 40).
La lettera si conclude con una sorprendente citazione del poeta ebreo Paul Celan (1920-1970): «Chi impara realmente a vedere, si avvicina all’invisibile» (n. 44) (3).Lo scrittore fu più volte ricoverato in clinica psichiatrica, anche in seguito alle persecuzioni nazionalsocialiste che decimarono la sua famiglia e alla repressione del regime comunista romeno dal quale il poeta riuscì a fuggire nel 1947 per rifugiarsi a Parigi, dove si suicidò gettandosi nella Senna vent’anni dopo.
In ogni grande opera letteraria, seppure attraversata dalle fragilità dei suoi autori, anzi, forse proprio per questo, il Papa ci invita a cogliere la «potenza spirituale della letteratura» (n. 43) che «[…] richiama, da ultimo, il compito primario affidato da Dio all’uomo: il compito di “nominare” gli esseri e le cose (cfr. Gn 2, 19-20). La missione di custode del creato, assegnata da Dio ad Adamo, passa innanzitutto proprio dalla riconoscenza della realtà propria e del senso che ha l’esistenza degli altri esseri. Il sacerdote è anche investito di questo compito originario di “nominare”, di dare senso, di farsi strumento di comunione tra il creato e la Parola fatta carne e della sua potenza di illuminazione di ogni aspetto della condizione umana» (ibidem).
Luca Finatti
Note:
1) Cfr. Lettera del Santo Padre Francesco sul ruolo della letteratura nella formazione, del 17-7-2024. Tutti i riferimenti fra parentesi nel testo rimandano a questo documento.
2) Cfr.Antonio Spadaro S.J., La pagina che illumina. Scrittura creativa come esercizio spirituale, Ares, Milano 2024. Padre Spadaro dal 2011 al 2023 è stato direttore della rivista La Civiltà Cattolica e dal 1º gennaio 2024 è sottosegretario del Dicastero vaticano per la Cultura e l’Educazione.
3) Paul Celan, Microliti, trad. it., Mondadori, Milano 2020, p. 101.