Piccola storia di un cavaliere del XX secolo a Montecassino
di Stefano Nitoglia
Il pellegrinaggio delle regioni Campania e Lazio di Alleanza Cattolica all’Abbazia benedettina di Montecassino, il 13 ottobre scorso, mi ha fatto ricordare la bella figura di Frido von Senger und Etterlin (1891-1963), ufficiale di cavalleria dell’esercito tedesco, di famiglia aristocratica e cattolica.
Cosa c’entra Senger con l’Abbazia di Montecassino? C’entra, eccome, perché, secondo una versione poco conosciuta dell’episodio, fu lui che sventò il tentativo di due ufficiali tedeschi di trafugarne il tesoro in Germania con il pretesto di salvarlo dalle distruzioni operate dai bombardamenti Alleati e dal prossimo arrivo di questi. A rivelarlo è un documento, un memorandum accompagnato da una dichiarazione giurata, scritti da Achim Oster, ufficiale tedesco che aveva seguito da vicino le gesta del generale Frido von Senger und Etterlin sul fronte di Cassino, figlio di Hans Oster, uno dei congiurati del fallito attentato ad Hitler del 20 luglio 1944, documento a lungo tenuto segreto, conservato nell’Imperial War Museum di Londra, e affidato agli archivi del museo dalla contessa Maria Josepha Gani, figlia di Senger, per ristabilire la verità storica, dato che il padre, per diversi motivi, non aveva mai voluto rivelarne l’esistenza.
Di questo episodio parlano diverse fonti. Fu evocato in Germania da Drutmar Helmecke, inviato del monastero benedettino di Beuron alle esequie di Frido von Senger und Etterlin, tenutesi nel gennaio del 1963 a Freiburg am Brisgau e, in Italia, da Silvio Bertoldi, Carlo Gustavo di Gropello e Sergio Romano. Quest’ultimo lo descrive nella sua prefazione al bel libro di Senger “La guerra in Europa” (Longanesi, 2002), in questi termini: “Alla fine del ‘43 [ Senger ] evitò che i tesori dell’abbazia cadessero nelle mani della divisione Hermann Goering e dette ordine affinché giungessero in Vaticano. Nel Natale del 1943 assistette a una messa nella cripta dell’abbazia. Nel febbraio del 1944, quando l’abate discese in processione alla testa dei suoi monaci dal convento distrutto, lo accolse nel suo quartiere generale. E nei giorni seguenti protestò quando i servizi di Ribbentrop e Goebbels cercarono di indurre il vecchio prelato a sottoscrivere dichiarazioni propagandistiche contro gli Alleati” (prefazione al libro cit., p. 12).
In questo libro, scritto in modo piacevole ed elegante (il suo Autore era persona assai colta), Senger racconta le campagne militari alle quali partecipò durante la Seconda Guerra mondiale: la campagna di Francia, il tentativo, fallito, di sfondamento dell’accerchiamento dell’Armata tedesca di Von Paulus a Stalingrado, alla guida della 17^ Panzer Division, la difesa della Sicilia, lo sgombero della Sardegna e della Corsica, la battaglia di Montecassino, la ritirata e lo sganciamento dell’esercito tedesco lungo l’Italia (era uno specialista della tattica difensiva, probabilmente uno dei migliori dell’epoca, se non il migliore in assoluto) dalla Toscana fino all’Alto Adige, alla sconfitta e alla resa.
Pur essendo conservatore e antinazista, non volle partecipare, per un senso forse eccessivo dell’onore militare, ai vari complotti contro Hitler, specialmente a quello nel luglio 1944 (“Hitler fece un’impressione addirittura penosa, il corpo sgraziato con il collo corto appariva così ancora meno marziale del solito. La pelle era flaccida, grigiastra, come quella di un uomo che abbia vegliato a lungo. La stretta di mano sembrava quella di un mollusco”, così lo descrive quando andò a rapporto dal Fuhrer all’Obersalzberg, il cosiddetto Nido dell’Aquila). Riteneva che il suo dovere di militare fosse quello di combattere per la sua nazione. Pur combattendo strenuamente durante la lunga guerra, senza risparmiarsi, amava anche la buona tavola, le buone maniere, la douceur de vivre, e ammirava l’arte e la natura italiane, di cui era profondo conoscitore. Mirabili sono le sue pagine, inframmezzate da considerazioni di strategia militare di notevole competenza tecnica, in cui descrive le chiese, i castelli, le dolci colline toscane, i paesaggi italiani. Questo che segue è uno dei tanti esempi: “Di ritorno dal campo di battaglia venivo afferrato dalla bellezza del paesaggio toscano. Semicelate dalle lunghe file di cipressi risplendevano le facciate color ocra delle grandi ville. La natura si avvicinava alla piena maturità. In un angolino appartato, alquanto discosto dalla grande rotabile, trovai nei pressi di Castel Fiorentino una chiesetta dedicata alla Madonna con affreschi di Benozzo Gozzoli. Da 500 anni a questa parte sarà stata visitata probabilmente soltanto da qualche studioso, e anche per me fu una visita per motivi di studio, come nel caso degli affreschi del Gozzoli nel celebre Camposanto di Pisa. Questi fiorentini erano grandi pittori, ma pur sempre dei naturalisti. E il Beato Angelico non è un loro tipico rappresentante”.
Caduto prigioniero nel 1945 fu liberato nel maggio del 1948, quasi 10 anni dopo la sua partenza per la guerra nel 1939. Tornato in patria si dedicò ai suoi studi e a scrivere le sue memorie. Una bella figura di uomo e di soldato, quasi un antico cavaliere medievale.
Domenica, 27 ottobre 2024