di Andrea Piccolo
Abbiamo avuto i morti di una guerra, ma ci hanno tolto le lacrime della guerra.
Sotto le bombe e tra i proiettili, mentre la gente muore, chi resta può tenersi per mano, serrarsi al petto trovando al fondo della paura la forza di incoraggiare il vicino, offrire la spalla o abbandonare la testa e mescolare le lacrime alla stoffa impolverata di macerie.
Qualcuno resta solo in guerra, ma ora siamo rimasti soli tutti.
Nel cammino dei nostri poveri giorni, tra la morte e la resurrezione chi rimane accompagna chi prende commiato, perché solo tenendo per mano i nostri anziani, e chi ci precede sulla via, scopriamo che le fatiche della nostra vita non sono perdute. Questo è il senso della quaresima, il lento cammino verso il Calvario che si nutre della speranza della Pasqua e termina nella celebrazione della festa.
Ma se quest’anno non facciamo l’ultima cena e la lavanda dei piedi, non facciamo la preghiera nel Getsemani, la Via Crucis, l’adorazione della croce sul Golgota, la sepoltura e neppure facciamo Pasqua con la veglia solenne, cosa facciamo in questa quaresima che ci lascia ammutoliti continuando oltre i suoi naturali confini a perdita d’occhio?
Quest’anno facciamo sabato.
Quel sabato della settimana di Pasqua che immancabilmente scivola via inosservato, non per nostra cattiveria o negligenza ma perché la sua liturgia è quella di non avere liturgia.
Aiutandoci a meditare sulla resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, che passa misteriosamente dal sepolcro nel senso più vero, il cammino quaresimale ci guida lungo gli articoli della professione di fede: patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì, fu sepolto. Quest’anno la storia ci chiama a contemplare la discesa agli inferi.
Con chi soffre possiamo cercare di essere sollievo.
Col moribondo abbiamo ancora parole, gesti e sguardi di conforto, per quanto possiamo sentirci incapaci e vedere in lui nient’altro che una larva sofferente.
Con il morto, nelle veglie funebri, nel rito di esequie e nella pia sepoltura, possiamo scoprire che la comunione dei santi è una realtà tangibile nella vicinanza di chi condivide il dolore.
Una volta sigillata la tomba però, è la discesa agli inferi. Non c’è più differenza tra credente e incredulo il sabato. La fede appare come l’arbusto bruciato dalla gelata e pare che non dovrà germogliare mai più. Ogni speranza umana cessa e se qualche speranza nella resurrezione esisteva ora tace. Non ci sono più domande né risposte, solo dolore muto.
Ma è un giorno solenne quel sabato, così, benché sia evidente che nessuna disposizione quaresimale di digiuno o astinenza, nemmeno quelle che ci imponiamo di nostra iniziativa, può in alcun modo essere messa a confronto con le privazioni che ci infligge questa piaga, seguiamo ugualmente l’indicazione sul digiuno che ci viene dalla parola di Dio, più alta di ogni saggezza umana, curiamo il nostro aspetto, scegliamo il vestito della festa da indossare, e quest’anno facciamo sabato come non abbiamo mai fatto Pasqua.
Lunedì, 6 aprile 2020
Settimana Santa 2020