Un tentativo di «criminalizzare» la lotta dei cristiani libanesi
Nei mesi di giugno e di luglio gli strumenti di comunicazione sociale hanno riferito che, nel corso delle indagini per scoprire esecutori e mandanti della strage di Bologna, e battendo la cosiddetta «pista libanese», i magistrati inquirenti avevano interrogato e quindi trattenuto, il 18 giugno, per falsa testimonianza e per favoreggiamento il dr. Camille Tawil, rappresentante in Europa delle Forze Libanesi Unificate.
L’episodio ha dato la stura a una pesante operazione propagandistica, una vera e propria aggressione, tesa a «criminalizzare» la lotta dei cattolici maroniti e della loro rappresentanza politico-militare di autodifesa.
Bisogna, di contro, denunciare come l’avvenuta scarcerazione dell’esponente libanese, il 27 luglio, – con riconoscimento della sua completa estraneità ai fatti quanto al favoreggiamento, e per decadenza dei termini quanto alla falsa testimonianza – non sia stata segnalata con uguale rilievo. È mancata, cioè, una adeguata riabilitazione del dr. Tawil presso la opinione pubblica nazionale, così come non è stata data notizia della impugnazione del provvedimento sia da parte dei suoi difensori che da parte del Procuratore della Repubblica di Bologna, che chiede venga completamente scagionato per assenza di prove.
L’episodio costituisce motivo di riflessione per tutti – e in particolare per gli operatori dei mezzi di comunicazione sociale cattolici – circa il dovere di aiutare i cristiani maroniti con la preghiera e con il sostegno propagandistico – e quindi, anzitutto, con una corretta informazione a loro riguardo -, nella lotta lunga e difficile che conducono per la libertà e la indipendenza del loro paese.
Milano, 1º agosto 1981