Cronaca di un 1 maggio surreale, che dice molto del nostro stato di salute “sociale”
di Diego Torre
Anche questo 1 maggio è passato. E anche stavolta, nella memoria collettiva, non resterà né l’esaltazione del lavoro come forza creatrice, e, per chi crede, redentrice, né il ricordo delle mille crisi aziendali aperte. Da un bel pezzo alle masse operaie (emblematico il fatto che i “centri sociali” abbiano preso a uova e sassate, durante il corteo non autorizzato di Torino, rider e negozianti, ovvero l’esatto corrispettivo, nella situazione odierna, dei “proletari” di marxiana memoria) si sono sostituite le presunte “minoranze discriminate”, ed il personaggio principale quest’anno è stato Fedez, alias Federico Lucia, noto rapper e ormai potente influencer di una società che lo annovera immeritatamente frai suoi maître à penser.
Quella dell’influencer è una figura, ormai, “istituzionalizzata”, che condiziona la vita e le idee, soprattutto di chi non possiede gli elementi culturali necessari per esercitare il proprio senso critico. Fedez ha milioni di followers. Fra le sue recentissime benemerenze ricordiamo il lancio pubblicitario della collezione di smalti ungueali per maschi, la “NooN by Fedez”, e quella delle “scarpe di Satana” (SatanShoes), con sangue umano nella suola. Di queste ultime ha prodotto un numero di esemplari pari alla cifra impressa sulla fronte della bestia apocalittica: sono nere con dettagli rossi, la stella a cinque punte sulle stringhe e una croce rovesciata. Il costo? Una bazzecola: 1000 euro! Il personaggio è ovviamente favorevole al liberticida ddl Zan, che è ispirato da un’antropologia anticristiana, e al “concertone” del 1° maggio ha inserito nella sua “lista di proscrizione” dai parlamentari leghisti ai militanti pro-life, citati per nome, dal Vaticano allo stesso Draghi. Il leader della Lega, Matteo Salvini, prova a non cadere nella trappola polemica e, per tutta risposta, lo invita a prendere un caffè.
In questa storiella abbiamo forse l’immagine più plastica del livello della politica italiana. Nonostante le vere emergenze che stanno soffocando il corpo sociale, lobby molto interessate cercano di portare avanti, a tutti i costi, un disegno di legge inutile (il Codice Penale punisce già le aggressioni per motivi abbietti), che vorrebbe più riguardi penali per la categoria LGBT di quelli riservati a chiunque altro, e trova il suo migliore alfiere in un cantante. Dall’altro lato la necessità di uomini “duri” come Salvini di invitare il rapper a prendere un caffè in compagnia per spegnere sul nascere l’ennesimo tentativo di additare le loro formazioni all’opinione pubblica come il “male assoluto”. La portata liberticida del testo Zan è stata denunciata dalla Conferenza Episcopale Italiana, da associazioni femministe e lesbiche e da quegli omosessuali, come Platinette (nome d’arte di Maurizio Coruzzi), che sono liberi dai paraocchi dell’ideologia LGTQ e hanno paura della dittatura del “politicamente corretto”.
Zan, Fedez, le scarpe…. Tutte armi di distrazione di massa per coprire le vere manovre dietro le quinte, che, approfittando dell’emergenza sanitaria, stanno svuotando i margini di autonomia dei singoli stati e l’identità delle nazioni, concentrando la ricchezza nelle mani di pochi e, quel che è peggio, uniformando la mentalità delle persone.
Anche la cerimonia in onore di san Gennaro del primo sabato di maggio (il sangue del martire, tradizionalmente, si scioglie in tre occasioni: il 19 settembre, il 19 dicembre e il primo sabato di maggio) si è svolta, nel rispetto delle normative anti-contagio, con un numero contingentato di fedeli, sorvolati da un gabbiano che volteggiava all’interno della cattedrale di Napoli. Chissà quale grazia sperava di ottenere, il gabbiano… Forse il ritorno alla normalità e alla razionalità degli uomini che non riconosceva più? Ricordo ancora di un suo simile, che volteggiava 50 anni fa nei cieli dell’immaginario collettivo. Era il giovane gabbiano Jonathan Livingstone, che viveva il volo come somma perfezione, attirandosi l’incomprensione dello stormo. Roba d’altri tempi… Visse in un celebre e fortunato romanzo di Richard Bach, la cui versione italiana si apriva con la dedica «Al gabbiano Jonathan che vive nel profondo di noi». Era il simbolo dell’uomo che cerca instancabilmente la verità su sé stesso e sul mondo. Il nodo rimane sempre quello, la Verità.
Martedì, 4 maggio 2021