A Pisa abbiamo assistito a qualcosa di storto, ma non si tratta della torre: colpisce un certo strabismo che fa guardare ai diritti senza i doveri.
di Domenico Airoma
Non intendo entrare nel merito dell’oggetto della manifestazione che ha originato gli incidenti di Pisa. Non intendo neppure soffermarmi sulla strumentalizzazione partitica dello stucchevole dibattito matite versus manganelli.
Mi preme richiamare l’attenzione su una riflessione che solo poche menti davvero illuminate e non ossequiose del conformismo di pensiero hanno provato a suscitare: ma davvero non ci rendiamo conto degli effetti devastanti che la cultura del cosiddetto dirittismo ha prodotto e sta producendo tra i giovani?
Lo ha fatto, ad esempio, acutamente Luca Ricolfi sulle pagine de “Il Mattino” qualche giorno fa evidenziando come una mentalità che ha messo al bando i doveri genera inevitabilmente conflittualità e non costruisce nulla.
Si dirà: e che cosa c’entra tutto ciò con i fatti di Pisa? C’entra, eccome. A Pisa, assieme alla torre, i giudizi hanno denunciato una corriva pendenza verso un solo aspetto della vicenda, quella del diritto a manifestare. Che nessuno mette in discussione. Ma che deve necessariamente accompagnarsi a delle regole.
Quelle regole che sono state fissate -e ritenute più volte conformi a Costituzione- proprio per ridurre i rischi di incidenti.
Quelle regole che consentono di bilanciare il diritto di manifestare pubblicamente il proprio pensiero con il diritto -egualmente protetto dalla Costituzione- alla sicurezza degli altri consociati e al diritto degli agenti di pubblica sicurezza di poter svolgere al meglio (ed anch’essi in condizioni di sicurezza!) il proprio lavoro.
Non si tratta di vuoti formalismi. Sono le regole del gioco democratico. Senza queste regole si tratta di un altro gioco. E chi pensa di spacciarlo come democratico, sta barando.
E quel che è più grave è che costoro instillano nei giovani la mentalità secondo cui esistono regole che possono anche non essere rispettate. Ma chi, come, quando è stato deciso che ci sono regole che possono essere calpestate? E su quale fondamento si pretende, poi, di educare le giovani generazioni al rispetto della legalità se si giustifica l’oltraggio della legge?
A Pisa l’ipocrita sicumera di chi rivendica diritti senza curarsi dei doveri poteva costare caro. L’immagine di quei ragazzi intrappolati in un budello di strada e ostinatamente protesi a sfondare il muro delle forze di polizia, rende un’istantanea impietosa: descrive gli effetti di un mondo sregolato ed è l’anteprima di una pellicola che vedrà nel poliziotto l’odioso custode delle regole; ma anche sgretolato dalla predicazione di falsi maestri di un relativismo senza valori colpevole di aver condotto intere generazioni in un vicolo cieco.
Venerdì, primo marzo 2024