Ma impegniamoci perché sia davvero l’ultima
di Domenico Airoma, Vice Presidente del Centro Studi Rosario Livatino
Quello che abbiamo visto a Parigi l’altra sera non è qualcosa che può essere liquidato come una caduta di stile o un gay pride in versione mondovisione. A spiegarcelo è stato lo stesso ideatore dello show: “(…) abbiamo messo in scena semplicemente le idee repubblicane di benevolenza e inclusione”. E’ tutto, dunque, terribilmente chiaro: se l’Ultima Cena è l’Evento per eccellenza che ha cambiato la storia dell’umanità (non solo quella dei cristiani), perché è l’istantanea del vero amore, l’Ammucchiata Queer parigina segna una svolta tanto sguaiata quanto epocale. E’ la parata in stile Norimberga o Piazza Rossa del falso Occidente. E non è un caso che si scelga di marciare sulle note dell’Ultima Cena: si trattava, infatti, di dare universale solennità all’idea di Uomo Nuovo, di mostrare, con tono sacrale, cosa questo falso Occidente intende per benevolenza e inclusione. Non avendo una propria liturgia, non poteva che appropriarsi di quella che ha fondato il vero Occidente. E lo ha fatto occupando -con arroganza totalitaria – uno spazio e un evento per definizione planetario. E tuttavia, è un bene che tutto ciò sia avvenuto in modo così plateale. Forse può servire ad aprire gli occhi, a svelare ciò che c’è sotto l’indoratura di un amore senza verità. Purché se ne abbia la voglia ed il coraggio e non si preferisca derubricare anche la Parata Queer parigina come ennesimo innocuo paragrafo folkloristico di un mondo che muore in mezzo allo scintillio abbacinante delle pailettes.
Lunedì, 29 luglio 2024
*Inviato ad “Avvenire” per la pubblicazione il 27 luglio 2024