Un cristiano integrale. Un vero cristiano. Oserei dire, un Santo
di Stefano Nitoglia
È con una certa apprensione che mi appresto a scrivere questo post in lode di Sammy Basso, rispondendo all’invito di un caro amico. L’apprensione è data dal fatto che dopo aver letto il suo testamento ho misurato tutta la distanza enorme tra il mio essere e il suo.
Sammy Basso è morto domenica 6 ottobre, a 28 anni, in un ristorante di Asolo durante i festeggiamenti del matrimonio di una coppia di amici. Sammy era un giovane ricercatore di biologia affetto da una rarissima malattia, la progeria, che provoca un invecchiamento precoce. Durante i suoi funerali, svoltisi a Tezze sul Brenta, è stato letto il suo testamento, pubblicato poi sul quotidiano dei vescovi Avvenire l’11 ottobre, quando ho potuto leggerlo. E questa lettura ha provocato l’apprensione di cui parlavo poc’anzi. Perché di fronte a questa malattia, orribile anche a vedersi, il suo testamento è stato un inno alla vita (diversamente da alcuni che vorrebbero regolamentare la morte per legge), alla gioia e alla Provvidenza.
Ma lasciamo la parola a lui, che la nostra sarebbe troppo corta, limitandoci a qualche breve commento.
«Voglio che sappiate innanzitutto che ho vissuto la mia vita felicemente, senza eccezioni, e l’ho vissuta da semplice uomo, con i momenti di gioia e i momenti difficili, con la voglia di fare bene, riuscendoci a volte e a volte fallendo miseramente». Così inizia il suo testamento. Diversamente da tanti, che parlano di battaglia contro il cancro e di vittoria contro il mostro, la filosofia di Sammy è diversa: «Non c’è mai stata nessuna battaglia da combattere, c’è solo stata una vita da abbracciare per come era, con le sue difficoltà, ma pur sempre splendida, pur sempre fantastica, né premio né condanna, semplicemente un dono che mi è stato dato da Dio».
La sua vita è stata un inno alla carità: «(…) amate chi vi sta attorno, non dimenticatevi che i nostri compagni di viaggio non sono mai il mezzo ma il fine. Il mondo è buono se sappiamo dove e guardare». Un invito a servire Dio e i suoi comandamenti. «Non stancatevi mai, fratelli miei di servire Dio e di comportarvi secondo i suoi comandamenti, poiché nulla ha senso senza di lui e perché ogni nostra azione verrà giudicata e decreterà chi continuerà a vivere in eterno e chi invece dovrà morire. (…) Non stancatevi mai, fratelli miei, di portare la croce che Dio ha assegnato ad ognuno (…). E non rinunciate mai ad un rapporto pieno e confidenziale con Dio, accettate di buon grado la Sua Volontà, poiché è nostro dovere (…)». Ma quella del giovane ricercatore non è un’accettazione meramente passiva, perché, citando il famoso episodio di Giacobbe che lotta con l’Angelo, che in realtà è Dio, come descritto in Gn 32,23-32, precisa: «Ma non siate nemmeno passivi, e fate sentire forte la vostra voce, fate conoscere a Dio la vostra volontà, così come fece Giacobbe, che per il suo essersi dimostrato forte fu chiamato Israele: Colui che lotta con Dio». «Di sicuro, Dio che è madre e padre, che nella persona di Gesù ha provato ogni umana debolezza, e che nello Spirito Santo vive sempre in noi, che siamo il suo Tempio, apprezzerà i vostri sforzi e li terrà nel Suo Cuore», scrive ancora.
Insomma, amore per la vita, che Dio ci ha dato, e per il suo Autore, nonostante le estreme sofferenze a cui è stato sottoposto, ricordo dei Novissimi e dei Comandamenti, accettazione virile della Croce, amore per gli altri e dimenticanza di sé. Un cristiano integrale. Un vero cristiano. Oserei dire, un Santo. Capite ora la mia apprensione nel parlarne?
Lunedì, 14 ottobre 2024