La sinistra è alla ricerca di un nuovo soggetto “sprovveduto” (lo sarà davvero?) da utilizzare come massa eversiva per fare la Rivoluzione. Solo che i “maranza” potrebbero avere altri, persino più tetri, obbiettivi
di Oscar Sanguinetti
Le manifestazioni di piazza del 3 e 4 ottobre hanno avuto un grande successo. Quella del 3 ottobre, in concomitanza con uno sciopero generale indetto dalla CGIL e dai comitati di base senza alcun preavviso, ha mostrato che la parte di opposizione che propende per lo scontro e per la protesta violenta contro il governo è più corposa di quanto si sospettasse.
Di certo la rapidità della diffusione del sentimento anti-israeliano — che sta sconfinando nell’anti-semitismo — è una cartina al tornasole della potenza di fuoco raggiunta dalla somma mass + social media. Nessuno di quelli scesi in piazza aveva alcuna visione o esperienza diretta dei crimini imputati agli israeliani o conosceva la vera condizione dei gazawi o la verità sulla distribuzione degli aiuti, in massima parte provenienti da Israele e dirottati da Hamas. Nessuno di loro ha letto almeno due righe di storia della tormentata questione dei rapporti Israele-Palestina. Ciononostante, migliaia di italiani sono scesi nelle vie infuriati, impugnando cartelli ingiuriosi, sventolando bandiere — ma quante ne hanno prodotte e dove? — e urlando slogan deliranti — «bloccare tutto!» — solo perché hanno interiorizzato il messaggio, martellato ossessivamente da ogni antenna, da ogni schermo — grondanti immagini di distruzione e di dolore dei palestinesi, spesso prefabbricate — e da ogni pagina di quotidiano e di rotocalco, poi indossato senza pudore dalle sinistre politiche e ripetuto pedissequamente in ogni luogo pubblico, secondo cui a Gaza è in corso un genocidio.
Se veramente si fosse trattato di una improvvisa presa di coscienza e di una protesta contro un presunto genocidio, i manifestanti avrebbero dovuto schierarsi contro tutti i genocidi, quelli veri, che sono tragicamente in atto da anni nel mondo, a partire da quello dei cristiani della Nigeria o dei popoli del Sud Sudan: ma l’elenco non è breve. Giorgia Meloni, nel suo intervento alla commemorazione di san Francesco ad Assisi il 4 ottobre, ha parlato di ben 56 conflitti in atto nel mondo e certamente ciascuno di essi comporta il coinvolgimento di civili, come per esempio in Ucraina.
In secondo luogo, le folle scese in piazza non erano certo iscritti alla CGIL, la quale “pesca” oramai quasi esclusivamente fra gli anziani pensionati: sono loro la massa di manovra che la centrale di Corso d’Italia manda in piazza, spesati di viaggio e di vitto a ogni sciopero o manifestazione. Ho visto sui quotidiani alcune immagini dei cortei milanesi: il dato che emerge chiaro è la presenza massiccia di immigrati magrebini e arabi. Già negli scontri dei giorni precedenti, intorno alle stazioni ferroviarie, si era compreso che i “maranza”, ovvero i giovanissimi immigrati dediti allo spaccio di stupefacenti o ad atti di “microcriminalità”, avevano avuto un ruolo-chiave nelle violenze.
Apparentemente i sindacati ex-comunisti e la sinistra in generale, che ha taciuto — se non le ha approvate — di fronte alle violenze commesse nei blocchi delle stazioni ferroviarie e il giorno dello sciopero generale “selvaggio”, hanno finalmente (l’esultanza sguaiata e i numeri ex post che gli organizzatori hanno sparato è eloquente) trovato il soggetto rivoluzionario da manovrare per dare corpo alla loro strategia “movimentistica” — priva di ogni contro-proposta decente — e violenta contro il governo. Non più il proletariato, come ai tempi di Marx e di Engles, non più le masse studentesche che hanno “fatto” il Sessantotto, non più le donne oppresse dal “patriarcato” o le minoranze discriminate, etniche o sessuali. Oggi è il giovane immigrato (e ingrato) il soggetto mobilitabile sotto qualunque bandiera e disposto a fare la rivoluzione. Ma di quale rivoluzione si tratta, nella prospettiva di costui? Di quella socialista che vorrebbero Maurizio Landini e i suoi sodali, oppure di quella che vuole lo Stato islamico anche in Occidente, consapevole del fatto che questo governo è un ostacolo al suo disegno?
Auguriamoci che, come è passato l’operaio, come è passato il sessantottino, così passi anche il “maranza” e, soprattutto, chi li manovra. In fin dei conti, le immagini degli scontri e i disagi inflitti a freddo a milioni di cittadini potrebbero aver radicalizzato ancora di più il dissenso contro la sinistra e reso più forte la “deriva” conservatrice del Paese. Il governo deve prendere atto che non basta stigmatizzare la rivolta, ma che ha di fronte una nuova minaccia, per quanto disperata e scomposta essa sia, e deve agire di conseguenza. Deve scegliere una linea di azione fatta soprattutto di prevenzione a lungo termine, ma anche di provvedimenti — ovviamente legali — di breve periodo.
Lunedì, 6 ottobre 2025
