di Domenico Airoma
Costretti, come siamo, a rimanere fermi, quasi come insetti chiusi sotto un enorme barattolo, stiamo vivendo un esperimento sociale per molti aspetti straordinario. Tutti vagheggiano il dopo, come se dovesse avere una portata palingenetica; come se dal barattolo dovesse uscire un’umanità migliorata. Che sarà un’umanità diversa, è altamente verosimile. Che sarà migliore, non è affatto detto. Anzi. Molto dipende dalla capacità che avremo, a partire da adesso, di aprire gli occhi e osservare questo fermo immagine del nostro mondo e di noi stessi, che la Provvidenza ci ha messo innanzi. Ciascuno scelga l’angolazione visuale che vuole. Ma si sforzi di guardarlo.
Se, però, accettate un consiglio, vi segnalo un’istantanea, che ben potrebbe, a mio giudizio, occupare la copertina del libro di storia che un giorno racconterà la catastrofe da pandemia: il volto esangue e gli occhi senza speranza di un anziano. Non ci vuole un particolare sforzo di fantasia, basta sfogliare un giornale. Oppure incrociare lo sguardo di uno di loro, dietro i vetri opachi di una finestra di un ospizio. Uno dei tanti condannati a morte, costretti nel chiuso delle case o delle residenze, lontano dai figli, senza il conforto dei sacramenti. Decine e decine di migliaia in tutta Europa, la più gran parte morti lontano dagli ospedali. Tenuti accuratamente lontano dalle terapie intensive; come in Olanda, dove ai vecchi è stata fatta firmare una rinuncia anticipata ad ogni trattamento, o in Inghilterra, dove sono stati avvisati di non chiamare neppure l’ambulanza.
Per i vecchi non si tratta di aspettare alcun dopo: per loro è andato tutto male. Ma peggio è andata per questo mondo che ha deciso che non c’era più posto per chi era solo un peso, gettando la maschera ipocrita di un buonismo disumano.
Tenetela a mente questa immagine, perché non è una semplice istantanea; è l’apocalisse del nostro tempo, la certificazione del suo suicidio in nome di una salute senza salvezza.
Teniamola ben presente e ricordiamocene quando usciremo da questo enorme barattolo in cui siamo rinchiusi.
Portiamola con noi, perché dovremo servircene per sbugiardare tutti coloro che pretenderanno di convincerci che, in fondo, è andato tutto bene.
Mercoldì, 22 aprile 2020