
Cosa fare di veramente fruttuoso durante la sede vacante
di Daniele Fazio
Quando la sede di Pietro è vacante ci si riscopre tutti “papologi”. Nel senso che tutti fanno pronostici, esprimono preferenze, avanzano desideri, designano pontefici, fanno il tifo per qualcuno e addirittura fanno scommesse, cosa quest’ultima che è praticata sin dal XVI secolo.
Oltre ad essere bizzarro e perfettamente inutile, questo sforzo – comprensibile per i media di ogni genere, che devono “vendere” – rivela comunque il fatto che ancora e, nonostante la secolarizzazione, si guarda alla Chiesa cattolica e al suo vertice, anche inconsciamente, come ad un corpo sociale in qualche modo rilevante sociologicamente.
Ma la Chiesa cattolica può essere compresa solo dal punto di vista sociologico? Credo proprio di no.
Ciò che avviene in un conclave, infatti, rimane in fondo misterioso, nonostante gli affanni meramente umani e “organizzativi” dei cardinali. A volte chi entra “papa” ne esce papa, come nel caso del cardinale Eugenio Pacelli, Pio XII (1939-1958). Altre volte i favoriti della vigilia restano semplicemente cardinali. Si veda, sempre nel Novecento, il caso del cardinale Mariano Rampolla del Tindaro (1843-1903), che per via del veto dell’imperatore austro-ungarico Francesco Giuseppe (1830-1916) non divenne Pontefice, favorendo l’elezione di Pio X (1903-1914), futuro santo.
L’ultimo conclave rilevò la sorpresa dell’elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco (2013-2025), su cui nessuno, per età ad esempio, avrebbe scommesso. Così come l’elezione del cardinale Karol Wojtyla, san Giovanni Paolo II (1978-2005), dopo secoli di pontificati “italiani” non era per nulla messa in conto.
Ancor peggio, però, risulta l’esercizio di incastrare gli eventuali “eleggibili” in categorie meramente storico-culturali, quali quelle, ad esempio, di “conservatore” e “progressista”. Ogni Pontefice, se guardiamo al Magistero, è sempre in continuità con il deposito della fede di cui è custode, in quanto nessuno può mutarlo, e allo stesso tempo pone i necessari passi di riforma: Ecclesia semper reformanda est, recita un antico luogo teologico.
Papa Francesco è stato di “destra” o di “sinistra”? Né l’uno né l’altro e ciò perché, se si guarda con sincerità alla globalità del suo insegnamento, esso eccede da queste logiche, mettendo assieme nella logica cattolica, et-et, la difesa dei poveri e degli ultimi e la condanna chiara e netta di aborto, eutanasia e gender. Così come ha messo assieme una profonda spiritualità fondata sul Cuore di Cristo (enciclica Dilexit nos), tematiche sociali attuali come l’ecologica (Laudato si’) e l’importanza di una cultura dell’incontro contro la cultura dello scarto (enciclica Fratelli tutti). È stato, quindi, semplicemente il Pastore che per dodici anni lo Spirito Santo ha inviato alla sua Chiesa.
Adesso il popolo di Dio ne attende, come dono, un altro, che avrà i suoi tratti originali nell’incarnare il papato. Porre, di conseguenza, in dialettica i pontefici o approcciarli, more social, con like o meno, è semplicemente fuorviante.
Con questo non si vuole negare che ci siano sensibilità culturali, teologiche, spirituali differenti all’interno del collegio cardinalizio, ma bisogna comprendere che queste differenze alla fine possono caratterizzare gli “accidenti” e non la “sostanza” della fede.
Ecco perché anche questa volta il toto-papa sarà ordinariamente imprevedibile e allora, più che affaticarsi in pronostici, soprattutto il mondo cattolico deve pregare pro eligendo Romano Pontifice e comprendere, in maniera rinnovata e attenta, l’importanza soprannaturale del papato e del ruolo di Pietro e dei suoi successori nella Chiesa.
Ciò soprattutto per evitare il rischio che, “fatto” il Papa, ognuno continui a farsi un magistero a sé, cioè continui ad essere “papa” di se stesso, senza minimamente prendere in considerazione il Magistero ordinario del futuro Pontefice o, peggio ancora, deformandolo secondo i propri desiderata ideologici.
Sabato, 3 maggio 2025