di Domenico Airoma
C’è stato un tempo in cui bastava mettere all’inizio ed alla fine di ogni discorso “Viva il Duce!” per avere diritto di cittadinanza negli ambienti che contavano.
Oggi pare davvero riproporsi lo stesso cliché, ma in versione verde. Il Duce ha lasciato il posto a Gaia, la nuova divinità che tutto purifica, dignifica e salva. Basta essere bio, e tutto assume una luce nuova. L’alimentazione, lo svago, il diritto, la politica, l’etica. E purtroppo anche la teologia.
Il “bio”, però, non è la vita. Se così fosse, residuerebbe un barlume di senso comune, seppur nella versione irriflessa del buon senso: si prenderebbe atto dello scandalo della nascita, del fatto che proveniamo da qualcuno, che non ci siamo fatti da soli e che conseguentemente da soli non ci possiamo dis-fare. Se così fosse, non vi sarebbe discussione sull’intangibilità della vita, dal suo inizio fino alla sua fine naturali. E nessuno avrebbe l’ardire di chiamare conquiste civili aborto ed eutanasia.
Il “bio” è, invece, l’ennesimo travestimento del sogno gnostico di realizzare il paradiso in terra. Dinanzi al fallimento dell’ “Io”, tragicamente testimoniato dal secolo che si è chiuso, anziché prendere atto della sconfitta di Prometeo e ritornare a Dio, si è preferito innalzare l’altare al nuovo “Bio”.
Del resto, un marxista, Andrè Gorz, l’aveva già previsto: “la fede materialistico-dialettica nel senso della storia ha lasciato il posto alla fede quasi religiosa nella bontà della Natura”. Non si tratta della versione riveduta e corretta del buon selvaggio. Qui è la Natura che è stata corrotta dall’uomo, che è l’unico, vero nemico da eliminare. La definitiva liberazione si conquista asservendosi incondizionatamente a Gaia; l’uomo si divinizza solo se è disposto ad annullarsi in essa, senza porsi alcuna domanda di senso, perché un senso non c’è. È, in fondo, l’inveramento ultimo della Modernità come rifiuto dell’Incarnazione, del Logos, che spiega tutte le cose, che è “il” Fine di tutto. È il ritorno ad una condizione di oscurità, nel corpo e nello spirito, che viene presentata come l’approdo inevitabile della storia dell’uomo.
Ma nulla è davvero inevitabile.
Occorre avere il coraggio di denunciare la bio-latrìa come versione aggiornata del totalitarismo soft; di un totalitarismo talmente subdolo da presentarsi non più come imposto, seppur con suadente malizia, ma come il frutto di una libera scelta; l’unica strada da percorrere se si vuole conservare la propria vita.
Bisogna ripartire dalla bio-logia, dall’osservazione umile della vita, dalla capacità che ha la vita di re-incantare l’uomo e di ricondurlo a Colui che della vita è il sapiente artigiano e legislatore.
La nuova evangelizzazione passa anche attraverso questo. Perché non c’è un altro “Bio” al di fuori di Colui che si è incarnato per donarci la vita eterna.
Martedì, 4 febbraio 2020