Ogni elezione politica è un’occasione di riflessione, perché fornisce, a prescindere dal risultato, un’indicazione sull’elettorato. Certamente uno dei principali motivi di riflessione fornito dalle recenti elezioni amministrative riguarda il cambio di amministrazione in una città da sempre “rossa”, cioè amministrata prima dal partito comunista poi dal centro-sinistra, come Ferrara. Una egemonia ininterrotta dal 1945, conclusa il 9 giugno con il ballottaggio fra il candidato della Lega Alan Fabbri appoggiato da tutti i partiti e le liste civiche di centrodestra e il candidato del Partito Democratico sostenuto da tutta la sinistra.
La vittoria del candidato della Lega era attesa dal momento che aveva ottenuto il 48,44 % al primo turno del 26 maggio, ma il potente apparato di potere della sinistra che governava da oltre 70 anni sembrava rendere incerto il risultato. Lo stupore alla fine non è stato tanto per la vittoria del centro-destra, ma per le sue dimensioni: 56,77% contro il 43,23%, con il 61,90% di affluenza, dieci punti in meno del primo turno. È successo, e le avvisaglie c’erano state nelle elezioni politiche del 2018, che un candidato credibile (sindaco apprezzato di Bondeno, una cittadina di oltre 15mila abitanti della provincia, dove era stato eletto nel 2009), ha intercettato e organizzato un malcontento a volte esasperato che ha travolto un apparato organizzato e collaudato che si credeva investito a comandare per diritto ideologico.
Alan Fabbri ha dato spazio e visibilità in una delle liste civiche che lo hanno sostenuto ai cattolici che, organizzati nel Progetto San Giorgio, intendevano portare in consiglio comunale dei candidati cattolici, riuscendoci. Candidati cattolici che proveranno a proporre la dottrina sociale della Chiesa, o almeno qualche suo elemento, nel governo della città.
Perché questo cambiamento radicale nell’elettorato? Certamente le motivazioni sono diverse e complesse. Si diceva dell’apparato di potere nelle regioni rosse che ha resistito alla fine delle ideologie dopo il 1989. Per decenni, in Emilia, Romagna, Toscana e in generale nelle regioni centrali, gli elettori hanno continuato a votare a sinistra perché tali continuavano a sentirsi e perché si ritenevano abbastanza bene amministrati. Poi, soprattutto a partire dalle elezioni politiche del 4 marzo 2018, qualcosa è cambiato. E se al Sud, nel 2018, questo cambiamento ha premiato il MoVimento5Stelle, al Nord il cambiamento si è orientato soprattutto verso la Lega, permettendo appunto il cambio di amministrazione in città rosse come Ferrara.
Si tratterà di vedere se questo cambiamento, che non è ideologico perché le ideologie non aggregano più, durerà nel tempo, oppure si rivelerà effimero, come è stato il consenso raccolto da Matteo Renzi soltanto cinque anni fa, in occasioni delle precedenti europee.
Molto dipenderà dai nuovi amministratori, dalla loro capacità e onestà, e anche se riusciranno a governare veramente città complesse e piene di problemi.
Questo cambiamento esprime alcuni desideri presenti in una fascia importante della popolazione, generalmente quella meno abbiente, di cui sarebbe sbagliato non tenere conto. Lo diciamo con il rispetto filiale che nasce dall’appartenenza alla stessa Chiesa a quei pastori che sembrano fare di tutto per inimicarsi questi elettori, che spesso sono i loro fedeli, quelli che incontrano a Messa ogni domenica. Essi esprimono due stati d’animo, a mio avviso: la paura e il bisogno di identità. Non una paura generica per il diverso, ma paura dell’immigrato delinquente che non è solo percepita, come sostiene la sinistra, ma reale (a Ferrara esiste un intero quartiere dominato dalla mafia nigeriana), oltre al fatto che la sinistra sembra sempre stare dalla parte dell’aggressore e non dell’aggredito che cerca di difendersi. Infine l’identità, bisogno di essere e di stare insieme che affonda in radici che ti fanno sentire popolo.
Sono le fasce più deboli della popolazione, secondo un’analisi, fra altre, apparsa dopo le elezioni del 4 marzo 2018 sul sito della Fondazione Hume, firmata da Paolo Natale e significativamente intitolata “I poveri votano a destra, i ricchi a sinistra”.
Nel voto alla Lega e in generale al centro-destra, una parte del popolo (soprattutto i cosiddetti “ultimi” di cui si è tanto parlato) ha espresso questi desideri e così anche Ferrara è “caduta”.