I resoconti giornalistici ci hanno mostrato due scenari: l’uno a Roma, all’Università della Sapienza, e l’altro a Teheran. Entrambi sembrano raccontare la stessa storia, quella di chi protesta in nome della libertà. Ma non è così
di Domenico Airoma
Roma: un gruppo di giovani ingaggia uno scontro con gli agenti di Polizia nei pressi dell’Università della Sapienza. Motivo: la celebrazione di un convegno di Azione Universitaria. Teheran: migliaia di donne e di uomini sfilano in corteo e vengono presi a colpi di fucile dalle forze di polizia. Motivo: le donne vogliono poter scoprire il proprio capo e gli uomini alzare la testa; entrambi manifestano per rivendicare diritti umani fondamentali. Sembrano palcoscenici simili; in entrambi pare entrare in scena la lotta per la libertà. Non è così.
A Roma i manifestanti si scontrano con gli agenti di polizia non per rivendicare la propria libertà di pensiero ma per impedire ad altri di esercitare la propria. Manifestano per liberarsi non da qualcosa che li opprime ingiustamente, ma da qualcuno, da chi sta esercitando la libertà di manifestare le proprie idee. A Teheran i manifestanti scendono in piazza non per manifestare contro qualcuno, ma per domandare ciò che per natura spetta ad ogni uomo e che un regime teocratico pretende di cancellare, anche con la violenza.
Chi sta combattendo per la vera libertà? Non di certo a Roma, dove i manifestanti incarnano la versione violenta della cancel culture, pretendendo di cancellare non solo una cultura diversa dalla propria, ma anche coloro che osano ancora fisicamente incarnarla.
E dov’è finita la sapienza, quella vera, capace di discernere e di dare il giusto “sapore” agli avvenimenti? Non di certo a Roma, dove anche in Parlamento (e non solo su alcuni mezzi di informazione), si levano alti lai di protesta contro la Polizia, colpevole di aver impedito di manifestare liberamente l’odio contro altri giovani.
C’è stato un tempo, molto più vicino a noi del famigerato Ventennio, in cui si sosteneva che “uccidere un fascista non è reato”; e vi fu chi prese sul serio tale “insegnamento”, passando all’azione.
Oggi è il tempo di chi predica la cancellazione del pensiero “diverso”, di una visione dell’uomo alternativa a quella cara ai benpensanti relativisti. Il rischio è che vi sia qualcuno che prenda sul serio l’appello e incominci a distruggere non solo le statue, ma ad eliminare i dissenzienti. Vi è, dunque, una cosa in comune fra Roma e Teheran. Come a Teheran, anche a Roma incominciano a operare i guardiani della Rivoluzione. Ma non hanno la divisa della Polizia. Sarebbe saggio denunciarlo.
Giovedì, 27 ottobre 2022