«Cristo sì, Chiesa no. Poi: Dio sì, Cristo no. Finalmente il grido empio: Dio è morto; anzi: Dio non è mai stato. Ed ecco il tentativo di edificare la struttura del mondo sopra fondamenti che Noi non esitiamo ad additare come principali responsabili della minaccia che incombe sulla umanità: un’economia senza Dio, un diritto senza Dio, una politica senza Dio». Nel discorso Nel Contemplare, rivolto agli uomini di Azione Cattolica d’Italia il 12 ottobre 1952, il Servo di Dio Papa Pio XII (1876-1958) denuncia con formula sintetica ed efficace l’itinerario storico della Rivoluzione anticristiana.
Il medesimo itinerario è proposto, e in questo caso positivamente indossato, dal filosofo tedesco Karl Marx (1818-1883), padre del comunismo che con la rivoluzione bolscevica del 1917 in Russia si realizza statualmente per la prima volta nella storia e che poi da lì si espande nel mondo in decine di “rivoluzioni sorelle”.
Scrive infatti Marx: «Lutero […] ha spezzato la fede nell’autorità […]. Ha trasformato i preti in laici […]. Ha svincolato l’uomo dalla religiosità esteriore […]. Ha liberato l’uomo dalla catena, ma ha messo il cuore in catene.
«Ma, se il protestantesimo non fu la vera soluzione, è stato però la vera posizione del problema».
Per Marx, dunque, dal protestantesimo, prima fase della rivoluzione, che con “autenticità” ha posto il “problema dei problemi” ‒ cioè Dio ‒, occorre passare alla «vera soluzione», definitiva, attraverso una nuova fase rivoluzionaria, la terza, facendo tesoro pure del bottino ottenuto dalla seconda ‒ che in altri scritti il filosofo tedesco ringrazia per il “lavoro svolto” ‒, vale a dire la Rivoluzione Francese (1789-1799 o 1789-1814 considerando anche la stagione napoleonica successiva, che della Rivoluzione Francese vero nomine è stata il compimento).
Il programma di questa terza ‒ per Marx suprema ‒ fase della Rivoluzione viene sintetizzato dal filosofo tedesco in un aforisma celebre e pregnante: «I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; ora però si tratta di mutarlo». È il programma della rivoluzione totale, assoluta: senza né remore né argini, né compromessi né concessioni. Per Marx, il comunismo non è solo una rivolta socio-politico-economica, ma la fase suprema e la forma definitiva della Rivoluzione: a buon diritto sintetizza allora il filosofo cattolico francese Jean Daujat (1906-1998) che «la filosofia di Marx è l’esito, il frutto più maturo, il risultato ultimo di tutto il pensiero moderno”.
Certo, la lunga e tragica marcia mondiale del comunismo come espressione ultima ‒ teorizzava Marx ‒ della Rivoluzione ha esaurito la spinta propulsiva nel 1991 con la scomparsa dell’Unione Sovietica, la “casamadre” del comunismo mondiale, ma non è scomparsa nel nulla. Tesaurizzando i risultati storici ottenuti lungo un cammino plurisecolare, si è “ristrutturata”, adattata e modificata in un “comunismo in interiore homine” ‒ cioè nella Rivoluzione in interiore homine ‒ il cui campo di battaglia sono oggi, dopo quello ecclesiastico, socio-politico ed economico ‒ «[…] un’economia senza Dio, un diritto senza Dio, una politica senza Dio» diceva Pio XII ‒, la sessualità, la bioetica, la biopolitica e in genere la morale.
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Jean Daujat, Conoscere il comunismo, trad. it., 2a ed., Il Falco, Milano 1979
Giovanni Cantoni, L’impero socialcomunista fra crisi e “ristrutturazione”, in Cristianità. Organo ufficiale di Alleanza Cattolica, anno XVIII, n. 177, gennaio 1990, pp. 3-6
Idem, Fra crisi e “ristrutturazione”: ipotesi sul futuro dell’impero socialcomunista, ibid., anno XVIII, n. 187-188, novembre-dicembre 1990, pp. 13-19.