La straordinaria vicenda, in vita e in morte, di san Massimiliano Maria Kolbe, autentico milite dell’Immacolata
di Diego Torre
80 anni fa moriva ad Auschwitz san Massimiliano Maria Kolbe (1894-1941), frate minore conventuale. Moriva nel santuario della morte di massa, dove la follia nazionalsocialista eliminava chi non rientrava nei suoi parametri ideologici. Moriva nello stile con cui aveva sempre vissuto: soffrendo e amando. Offrì la sua vita per un padre di famiglia, che era stato condannato a morte per rappresaglia, causata dalla fuga di un prigioniero, e che egli neppure conosceva. Stranamente gli aguzzini permisero al frate prigioniero di parlare ed accettarono la sua proposta di scambio. Nei tre mesi di permanenza nel lager, egli, tubercolotico, si offriva volontario per i lavori più pesanti, dava lo scarso cibo ai più giovani, pregava e confessava i prigionieri. Fu condannato a morire di fame e di sete, nudo e al buio, con altri 9 compagni di sventura, che egli preparò e accompagnò alla morte. E da quelle celle, luogo di orrore, solitamente fonte di bestemmie, urla e disperazione, con l’avanzare della morte e delle sofferenze si levarono sempre più canti e preghiere. Dopo due settimane, però, il silenzio regnava sovrano e quando i carcerieri scesero nelle celle trovarono un Massimiliano vivo e sereno, che offrì il braccio al carceriere per la “rituale” iniezione di cianuro, la quale pose termine alla sua vita terrena. Era la vigilia della festa di Maria Assunta in cielo: i corpi di coloro che giacevano sul pavimento del bunker della fame vennero cremati e le ceneri disperse.
Le parole che convinsero il Lagerfuehrer Fritsch ad accettare lo scambio furono: «sono un sacerdote cattolico. Sono anziano. Voglio prendere il suo posto perché lui ha moglie e figli». Sembrava la vittoria del nazista sul prete cattolico, ma in realtà era la dignità dell’uomo, sostenuta dalla Fede, che vinceva sul delirio dell’ideologia. Era il trionfo della vera vita sulla cultura della morte e un personaggio straordinario concludeva così, in maniera epica, la sua vita straordinaria.
Massimiliano non fu soltanto l’eroicità della sua morte, discretamente nota, ma anche quella dei suoi 47 anni di vita, che è meno conosciuta. E’ difficile definire la sua ricca spiritualità, ma anche descrivere le opere da lui miracolosamente realizzate: la Milizia dell’Immacolata, presente in più nazioni, la Città dell’Immacolata in Giappone e quella in Polonia (fino a 762 presenze di religiosi), con la catena editoriale più grande di Polonia, la sua ferrovia, la radio ed il campo d’aviazione, creati dal nulla. Attentissimo ad ogni nuovo strumento che la tecnica potesse offrire alla missione evangelizzatrice, versatissimo in matematica e fisica (fino a progettare “astronavi”), realizzò tutte le sue opere nella povertà più estrema, con un polmone fuori uso per la tubercolosi, mangiando e dormendo poco, affrontando viaggi allora faticosissimi, affrontando lo scetticismo di molti confratelli, sempre con animo missionario, totalmente pervaso dalla dolce presenza della sua sovrana: l’Immacolata.
Non si improvvisa il martirio! Esso si prepara lungo un cammino orientato al dono di sé per la gloria di Dio ed il bene dei fratelli. Il santo si preparò al martirio (peraltro preannunziatogli dall’Immacolata sin da ragazzo) con fede, serenità e coraggio sin dall’infanzia. Nel tempo della dittatura del relativismo ha tanto da insegnare ai laici e ai sacerdoti: «Dovete essere preparati a momenti di oscurità, di angoscia, di incertezza, di paura, di tentazioni talvolta molto e molto insistenti, di sofferenze sia del corpo che dell’anima…se non ci fosse nulla da sopportare, per che cosa andreste in Paradiso? Senza la LOTTA sarebbe impossibile la VITTORIAe senza la vittoria non ci può essere la corona, non ci può essere la ricompensa (cfr 1 Cor 9,25)»(Scritti Kolbiani, n.149); «Guardandoci attorno e vedendo dappertutto tanto male, noi vorremmo sinceramente porre un riparo a questo male, condurre gli uomini al sacratissimo Cuore di Gesù attraverso l’Immacolata e così rendere eternamente felici fin da questa vita i nostri fratelli che vivono in questo mondo. Guerra al male dunque, una guerra implacabile, incessante, vittoriosa» (Scritti Kolbiani, n.1160).
Sabato, 14 agosto 2021