Fra le personalità che hanno animato il mondo intellettuale e politico statunitense nel corso del XIX secolo, quella del pensatore cattolico Orestes Augustus Brownson (1803-1876) appare fra le più significative e oggi — di certo in Europa — meno conosciute.
Le origini
Orestes Brownson nasce a Stockbridge, nel Vermont — non lontano dalla “mitica” Woodstock sessantottina —, il 16 settembre 1803. È l’ultimo di cinque fratelli, tre maschi e due femmine: l’ultima, Daphne, è sua gemella. La famiglia non vive in condizioni di agio e quando il padre muore — Orestes ha sei anni — la madre, di appartenenza universalista, decide allora di affidarlo a un’anziana coppia di coniugi della vicina Royalton. Le campagne del New England sono allora popolate da famiglie di confessione cristiano-riformata “ad alta temperatura religiosa”. Numerosi sono i gruppi e le appartenenze, non pochi dei quali, come gli universalisti, siti al di fuori delle maggiori obbedienze — i congregazionalisti, i presbiteriani, i battisti e i metodisti[1] —: da essi Browson assimilerà quasi per osmosi le sue idee religiose.
Orestes cresce in un ambiente onesto, pulito, austero e pio, ma di orizzonti alquanto ristretti. La sua nascente vis intellettuale lo porta a divorare molti dei pochi libri — tutti di argomento religioso: la Bibbia, i Salmi, un catechismo calvinista[2] — che trova in casa, che gli servono da base per ampliare, con la meditazione su di essi e l’ausilio dell’immaginazione, le sue visioni e i suoi desideri.
Genio precoce, scrive di lui lo storico cattolico-liberale lord John Emerich Edward Dalberg-Acton (1834-1902): «Aveva imparato a leggere con un vecchio zio e subito aveva iniziato a lavorare. A diciott’anni non sapeva ancora scrivere, eppure due anni dopo era già maestro elementare»[3]; il filosofo conservatore americano Russell Amos Kirk (1918-1994), a sua volta, lo definisce una «restless mind», una «mente vulcanica»[4].
Nel 1818 la madre, rimasta vedova ad appena ventinove anni, con cinque figli sotto gli otto anni, per sfuggire a una grande carestia iniziata nel 1816 si sposta a Ballston Spa, una cittadina termale nella contea di Saratoga, nello Stato di New York, e Orestes la segue[5]: solo qui il futuro intellettuale potrà frequentare una scuola regolare, dove imparerà anche un po’ di latino e di greco[6].
Gli anni di formazione
La formazione di Brownson è, come si usa dire, alquanto rapsodica e frammentaria, ma altamente concreta e vissuta. L’adolescente frequenta infatti più di una comunità religiosa, anche se con prevalenza quella metodista — i Brownson entrano formalmente nella congregazione universalista[7] —, abituandosi al confronto e ai dibattiti. Oltre a ciò, lavora come apprendista in una tipografia legata al movimento universalista, entrando in contatto con il mondo della comunicazione e della cultura nazionali. Nel 1823 e nel 1824 riesce a ottenere incarichi d’insegnamento presso scuole dei paesi vicini, come precettore, nonché presso la lontana scuola di Springwell, vicino a Detroit, nel Michigan. Ma sente che quella di docente non è la sua vocazione[8].
In questo periodo egli divora i classici inglesi e francesi, iniziando a stendere i suoi primi brevi scritti. Contrae altresì la malaria e febbri simili, che lo accompagneranno per il resto della sua vita.
Nel marzo del 1825 lascia Springwell ed entra nella scuola per ministri universalisti del pastore Samuel Loveland (1787-1858) di Reading, nel Vermont. Durante una sosta a Camillus, nello Stato di New York, dove ha lavorato come precettore presso la famiglia Healy, rincontrerà Sally (1804-1872), già sua allieva, anche se poco più giovane di lui, con la quale aveva riscontrato una forte affinità di vedute. Nel 1827 vi farà nuovamente ritorno e la chiederà in sposa. Nel 1826 è ordinato pastore universalista a Jaffrey nel New Hampshire. Alcuni dei suoi sermoni, assai apprezzati, cominceranno ad apparire su organi della congregazione come The Christian Repository. La sua attività di apostolato lo porta a viaggiare intensamente: dall’autunno 1826 si stabilirà però nella regione del Finger Lake, nello Stato di New York, dove resterà per i sei anni successivi.
La famiglia
Il 18 giugno 1827 a Elbridge, nello Stato di New York, sposa Sally Healy, che lo affiancherà amorevolmente e pazientemente per quasi cinquant’anni, nella intricata congerie di peripezie che il “vulcanico” Brownson riuscirà a farle attraversare, dandogli nel frattempo otto figli. Sally sarà un’autentica àncora contro le tendenze impulsive ed eccentriche del carattere del vermontese.
A quel tempo Orestes è un bel giovane alto — circa un metro e ottantacinque —, imponente e vigoroso, con gli occhialini e la barbetta a collare da intellettuale, zelante nel ministero, buono ma dal carattere ardente, mutevole e spesso tempestoso, dall’apostrofe rude. Si segnalava per «[…] il suo comportamento roboante e aggressivo e la sua rude franchezza; spesso urlava e picchiava il pugno sul tavolo»[9].
I Brownson si stabiliscono prima a Litchfield, nel Connecticut, e poi nella vicina Ithaca, dove nel 1828 nasce il loro primo figlio, Orestes Augustus jr. Quindi, ancora, nel 1828, a Geneva, nello Stato di New York, e poi, sempre in cerca di un migliore incarico pastorale, non molto ben remunerato dagli universalisti, ad Auburn (New York), dove nascerà il secondo figlio, John Healy (1829). Anche in questa zona la frammentazione — e non di rado la conflittualità — confessionale e sociologica dei gruppi religiosi, in via di rapida moltiplicazione, è altissima e le varie influenze che da essi derivano si ripercuoteranno sulle opinioni di Brownson. In questa temperie maturerà la sua critica alle denominazioni protestanti maggioritarie, da lui considerate sempre meno capaci di offrire un rapporto efficace con la divinità e con il genere umano.
Verso il 1829 inizia il suo spostamento verso lidi culturali più “laici”: quelli naturalistici e democratico-religiosi, se non già socialisti utopistici, allora in auge. Questa frequentazione dottrinale lo farà propendere verso lo scetticismo, il libero pensiero e il materialismo: le sue vedute sono ancora imbevute di valori, lato sensu, religiosi, ma di un religioso sempre più immanentistico.
Da allora egli — sarà la sua caratteristica spiccata — opererà continui passaggi — che grazie al suo carattere irruente e volitivo vive con slancio e intensità straordinari — di ideologia e di appartenenze, senza però mai eliminare del tutto il residuo lasciato da ciascuna esperienza pregressa.
L’attività pubblicistica e l’apostolato
A Litchfield e ad Auburn inizia la sua attività di scrittore e di giornalista dalle colonne della rivista universalista The Gospel Advocate.
Il suo interesse per i circoli democratici e socialisti del tempo — quelli che la storia della filosofia, per distinguerne il pensiero da quello dell’auto-denominatosi socialismo “scientifico” di Karl Marx (1818-1883) e di Friedrich Engels (1820-1895), ha denominato “utopistici” — lo farà entrare in contatto con personaggi come Robert Dale Owen (1801-1877) e Frances “Fanny” Wright (1795-1852), fondatori nell’area nord-orientale degli Stati Uniti dei primi esperimenti — tutti peraltro presto falliti — di comunità umanistico-collettivistiche.
Brownson accoglie con favore le tesi, fortemente eterodosse ed eversive, che la Wright diffonde dalle pagine di The Free Enquirer e in svariati tour di conferenze attraverso gli Stati Uniti. Ma questa sua propensione per tesi contro il matrimonio e la famiglia e a favore dell’emancipazione sessuale, come quelle propagate dalla giovane scozzese sua amica, gli aliena ben presto le simpatie degli ambienti universalisti.
Ma anche questa infatuazione radicale si esaurisce presto: nel 1831 a Ithaca egli riprende il ruolo di ministro e di predicatore e inizia a pubblicare, anche se per poco, The Philantropist. Nonostante i frequenti mutamenti di appartenenze, di ruoli e di amicizie, l’orizzonte spirituale e intellettuale di Brownson rimane circoscritto dalla professione formale di un protestantesimo di ispirazione “liberale” — che respinge le dottrine calviniste della totale corruzione dell’uomo e della sua elezione da parte di Dio —, di un riformismo umanitario, di brandelli d’idee socialiste, di una visione della storia marcata dall’utopismo e dal progressismo.
Il trascendentalismo
A questi anni risale l’incontro con William Ellery Channing (1780-1842), famoso predicatore e teologo di Boston, che segna l’ingresso di Brownson nei circoli intellettuali filantropici e liberal della capitale del Massachusetts. Qui ritrova la Wright e conosce un altro utopista, George Ripley (1802-1882), vice-direttore del Christian Register, uno dei numerosissimi periodici unitaristi, che lo invita a collaborare. Inizia così la folgorante ascesa di Brownson nell’ambiente della città statunitense più “europea”. Nel crogiolo intellettuale, senz’altro fumoso ma ribollente d’idee, della capitale del New England, Brownson entra in contatto con nuove prospettive filosofiche e conosce nuovi autori e pensatori progressisti, neo-illuministi e romantici, anche di lingua germanica.
La sua teoria di fondo di questo periodo si può racchiudere nella locuzione “Chiesa del Futuro”: Brownson sogna infatti una Chiesa frutto dell’unificazione delle mille — per lui inadeguate — denominazioni evangeliche del tempo, “naturalizzata” e democratizzata, vista come il motore dello sviluppo, del progresso e della divinizzazione dell’umanità. «La Nuova Chiesa non seguirà la Vecchia: questa mirava alla santificazione individuale, l’altra punterà invece alla santificazione dell’umanità nel suo insieme, in uno sforzo che potrebbe sfociare in un’età di pace universale»[10].
Il suo saggio New Views of Religion, Society, and the Church del 1834, dalle forti influenze saint-simoniane, esprime queste sue nuove vedute.
Nel 1834 i Brownson si spostano a Canton, nel Massachusetts, dove Orestes apre una scuola e una piccola biblioteca. Conosce Henry David Thoreau (1817-1862), il “mistico” della natura selvaggia nonché attivo pacifista, e il poeta Ralph Waldo Emerson (1803-1882), suo coetaneo, di cui diverrà intimo amico. La vita del giovane pastore e intellettuale vermontese — e dei suoi — non conosce requie: infatti, all’inizio del 1836 per l’ennesima volta cambia casa, spostandosi questa volta a Chelsea, un sobborgo di Boston.
Lo stesso anno nasce a casa di Ripley il Trascendentalist Club, «un gruppo selezionato benché eterogeneo che comprendeva celebrità come Ralph Waldo Emerson, Amos Bronson Alcott [(1799-1888)], Theodore Parker [(1810-1860)], Henry Davis Thoreau, Margaret Fuller [Ossoli (1810-1850)], William Henry Channing e altri personaggi del giorno. La maggior parte erano ministri unitariani, di classe media, con studi a Harvard e non sposati»[11]. Il gruppo intendeva reagire contro l’intellettualismo dell’Università di Harvard e la dottrina della Chiesa unitariana ivi insegnata: l’idea era quella di una condizione spirituale ideale che “trascendesse”, appunto, la fisicità e l’empiricità, condizione che veniva raggiunta solo attraverso l’intuizione individuale, piuttosto che attraverso le dottrine delle Chiese ufficiali.
In questa fase Brownson è ancora lontano mille miglia tanto dal cattolicesimo e da qualunque prospettiva contro-rivoluzionaria o conservatrice. Tuttavia, egli, rude uomo del Vermont, non è del tutto a suo agio nella società bostoniana, popolata di signorini beneducati e utopisti, che praticano già al tempo diete salutiste[12] e trovano volgare la politica. Ma non è ancora l’ora dell’addio.
Nel dicembre del 1837 Brownson inizia a pubblicare — come editor e come pressoché esclusivo scrittore e redattore — la Boston’s Quarterly Review, con l’intento di «[…] cristianizzare la democrazia e di democratizzare la chiesa, di fondare la teologia nella filosofia e di elevare il lavoro»[13]. Inoltre, per lui «[…] il popolo americano aveva una missione provvidenziale: erano il popolo eletto cui era confidata la creazione della Chiesa del Futuro. E credeva ciò avrebbe portato a un nuovo ordine mondiale»[14]. La gran parte degli articoli nascerà dalla penna di Brownson, ma con lui collaboreranno anche Alexander Hill Everett (1790-1847), Bancroft, Ripley, Bronson Alcott, Sarah Margaret Fuller, Anne Charlotte Lynch Botta (1815-1891)[15].
Nel 1840 pubblica, prima come articolo su la Boston’s Quarterly Review, poi come volume, The Laboring Classes, un saggio sulla condizione operaia in America, forse il suo lavoro più noto, e anche quello dove il suo radicalismo mistico-sociale raggiunge il culmine. Molti anni prima del filosofo comunista tedesco, Brownson vi teorizzerà il ruolo strumentale e surrettizio del salario capitalistico: per questo il biografo Schlesinger lo definirà «un marxista prima di Marx»[16]. Il pamphlet susciterà una vasta eco, turbando anche l’area politica di riferimento di Brownson, cioè quella democratica.
La conversione al cattolicesimo
Nel 1842 a Brownson, attraverso i suoi studi estesi alle filosofie politiche europee del tempo — comincia ad apparire, alquanto maurrassianamente, che la Chiesa cattolica sia l’unico possibile sostegno spirituale al regime politico cristiano in generale e alla repubblica americana in specie. Egli inizia così ad accostarsi alla fede cristiana vera, quella romana, e a rivisitare alla luce delle categorie cattoliche tutti i numerosi problemi intellettuali che avevano costellato la sua vita. Nella misura in cui i forti fermenti al cambiamento cominciano a trovare, in lui, una sistemazione sempre più compiuta e stabile e progredisce nell’approfondimento della dottrina cattolica e delle sue basi filosofiche, la sua penna tagliente comincia a scagliarsi con sempre maggior severità contro tutto ciò che è avverso od ostile alla visione cattolica della fede e della vita: lo spirito rivoluzionario che ben conosce; la democrazia universale; l’egualitarismo naturalistico; l’irreligione; il materialismo; la ristrettezza della visuale neo-calvinista e così via.
Brownson comprende che solo la Chiesa di Roma può offrire, non solo ai popoli ma anche alla singola anima, tutto ciò che serve di efficace, di concreto e di vivo per vivere e perfezionarsi. Cercherà quindi la “Chiesa del Futuro” non più in orizzonti lontani e incerti, bensì nella vecchia ma sempre giovane Chiesa di Roma. Brownson non è ancora cattolico, ma comincia a pensare da cattolico[17].
Nel 1844, quando è ancora considerato un astro del protestantesimo liberale americano, all’improvviso chiede di essere accolto nella comunione della Chiesa cattolica.
Il cattolicesimo allora negli Stati Uniti era aborrito dalla maggioranza “wasp” — white, anglosaxon and protestant — della popolazione e dagli yankee degli Stati settentrionali della costa orientale, non solo per ragioni teologiche o di diversa appartenenza confessionale, ma perché era la religione degli immigrati irlandesi, verso i quali non solo gravava l’antico pregiudizio britannico, ma anche il disgusto provocato dalle loro misere condizioni di vita, che li presentavano come il popolo dell’ignoranza, della malavita, del degrado morale, dell’alcoolismo.
Presa la decisione di passare alla Chiesa, Brownson rifiuterà, tuttavia, di aderire ad “ammortizzatori” per ex-protestanti e cercherà, viceversa, il contatto diretto con la gerarchia cattolica americana. Il vescovo di Boston, Benedict Joseph Fenwick S.J. (1782-1846), accoglierà a braccia aperte il dignitario unitariano e il brillante polemista, anche se il piano di catechesi e di formazione che gli imporrà non sarà dei più leggeri e dei più liberi.
Il battesimo avrà luogo il 20 ottobre 1844: fra il mese successivo e la fine dell’anno saranno battezzati anche la moglie Sally e sei degli allora sette figli.
Con l’asprezza del convertito, Brownson non esiterà ad attaccare il protestantesimo liberale, le presunte derive eterodosse della dottrina dello sviluppo del dogma del neo-convertito — e futuro santo — John Henry Newman (1801-1890); l’idea di Rivoluzione; la dottrina della sovranità popolare; la democrazia rivoluzionaria; la xenofobia; l’americanismo e lo schiavismo.
Abbraccerà tuttavia a fatica la filosofia scolastica e gradirà maggiormente pensatori cattolici “aperti” come Antonio Rosmini Serbati (1797-1855) e Vincenzo Gioberti (1802-1852). Anche se sperimenterà gli Esercizi ignaziani, avrà sempre problemi con i gesuiti, allora troppo lontani dalla sua libertà di spirito e, dalle sue parti, troppo irlandesi.
Il Brownson cattolico sarà un fiero devoto di Maria: porterà lo scapolare del congregato e reciterà tutte le sere, a fianco dei familiari e delle domestiche, il rosario. Il suo giovane discepolo di New York Isaac Thomas Hecker (1819-1888), convertitosi anch’egli pochi mesi prima dal metodismo e in maniera così profonda da fondare una congregazione religiosa, i padri paolisti — nonché da essere proclamato servo di Dio nel 2008 —, gli invierà una piccola “disciplina” e minaccerà di mandargli anche un cilicio.
Brownson, nel manifesto ideale apparso l’anno seguente sul primo numero della Brownson’s Quarterly Review, si annovererà esplicitamente fra i conservatori.
Oltre alla malaria, Brownson avverte in questo periodo i primi sintomi della gotta, un male che lo affliggerà fino alla morte e i cui attacchi lo debilitano di frequente, facendolo cadere anche in depressione. Con il progredire degli anni il suo aspetto fisico muta: il giovane alto e aitante dei vent’anni è ora, alla svolta fra i quaranta e i cinquant’anni, un uomo precocemente maturo; aumenta di mole e di peso; porta la barba e i capelli — striati di bianco — incolti e il suo aspetto si fa sempre più quello di un gigante irsuto e scontroso. Di lui cinquantenne, per averlo visto con i suoi occhi, Acton riferisce: «è molto alto, una brutta copia del Cardinal [Nicholas Patrick Stephen] Wiseman [(1802-1865)], non ha modi, è rozzo, maleducato, fa un sacco di smorfie nel corso della conversazione, è testardo, di solito se ne esce in giudizi assai severi»[18] e «[…] Brownson ha una fronte estremamente alta e occhi piccoli, e […ed ] è molto sudicio»[19].
Cattolico intransigente
Intorno al 1848, il trend di Brownson in senso conservatore si accentua. Ripensando alle sue posizioni passate si accorge di quanto fosse sbagliato e illusorio pensare alla Chiesa come motore “laico” del progresso dell’umanità e farne la quintessenza della democrazia sociale. Si accorge — forse dopo aver letto il pensatore cattolico spagnolo Juan Donoso Cortés (1809-1853) — che il socialismo ha radici profonde nel liberalismo anche religioso ed è una sorta di «panteismo adattato alla capacità di comprendere del volgo»[20].
Egli diventerà altresì sempre più persuaso che non si possa creare un ordine sociale giusto prescindendo da Dio. «Abbiamo sentito parlare troppo di libertà e di diritti dell’uomo: ora è tempo di udire qualcosa sui doveri degli uomini e sui diritti dell’autorità»[21]. «Ora Brownson si stava convincendo che le rivoluzioni del 1848 fossero l’opera di una vasta cospirazione satanica, ordita dal liberalismo moderno con lo scopo di distruggere la legge, l’ordine e la religione»[22].
Se sul piano teologico Brownson assimila e tende a valutare come sempre più cogente il detto medievale «extra Ecclesia nulla salus», su quello delle dottrine politiche si concentra non tanto sull’idea di società cristiana in generale, quanto sul destino della “res publica” in cui egli è nato e vive, e inizia così a ripensare la natura, le origini e il valore della carta fondamentale dell’Unione, soprattutto per opporsi ai tentativi di snaturarne le radici e gl’intenti in senso liberal, ossia radicale e progressista. Sia che alla base di questo ripensamento vi fosse la lettura di Joseph-Marie de Maistre (1753-1821)[23], sia che la tesi fosse frutto del suo buon senso, sosterrà che gli uomini vengono prima delle costituzioni e degli Stati e non viceversa. E che è sbagliato ridurre — magari con la forza — gli uomini a petizioni di principio astratte ed elaborate da pochi.
Il suo desiderio d’impegnarsi con coerenza su fronti diversi avrà l’effetto di renderlo inviso un po’ a tutti. Gli utopisti sociali lo considereranno un traditore, gli xenofobi un nemico, i rivoluzionari un rinnegato, gli irlandesi — e i vescovi americani erano tutti irlandesi… — un ostacolo yankee alla loro integrazione.
Le polemiche causate da Brownson all’interno del mondo cattolico indurranno l’arcivescovo di Baltimora e primate ufficioso d’America, Francis Patrick Kenrick (1796-1863), a ritirargli l’assenso a pubblicare sulla copertina della Brownson’s Review l’imprimatur — ancorché ufficioso — dei vescovi.
Brownson nel 1859 decide, allora, di sottrarsi alle polemiche e si sposta nuovamente con la famiglia a Elizabeth, nel New Jersey, in diocesi di Newark, presieduta allora da mons. James Roosevelt Bailey D.D. (1814-1877), nipote di Elizabeth Ann Bailey Seton (1774-1821), la prima santa americana. È anch’egli un convertito e pare sopportare meglio di altri le eccentricità di Brownson, che chiamerà per il suo aspetto e per la sua “ferocia” intellettuale «ursus major»[24].
A Elizabeth la salute di Orestes peggiora ed egli sempre più spesso litiga con i familiari e con gli amici; inizia in lui un decadimento fisico e temperamentale che più fonti giudicano troppo precoce.
Uno strano medico, trovatogli da Hecker, prescriverà a Brownson come medicina per la sua sempre più affliggente gotta una dieta a base di whiskey, cosa che sarà accolta con estremo piacere dallo scrittore[25].
La Guerra di Secessione
La Guerra detta “di Secessione” (1861-1865) vedrà Brownson — anche qui con non poca contraddittorietà — schierato con l’Unione, nonostante l’appoggio dato dai vescovi americani alla Confederazione, nonostante l’ostilità delle potenze europee all’Unione, nonostante la sua flessibilità in materia di schiavismo — per lui era un problema chiarissimo di principio, ma la cui regolamentazione andava demandata ai singoli Stati —, nonostante la sua avversione per Abraham Lincoln (1809-1865) e nonostante la sua tradizionale vicinanza ai conservatori sudisti del partito denominatosi poi democratico.
Brownson vedeva nella secessione degli Stati del Sud un grave attentato alla integrità della nazione americana — gli Stati Uniti erano una “unione”, un tutt’uno organico, non una semplice aggregazione scindibile ad nutum: essa simul stabit, simul cadet —, che andava vendicato per salvarne l’esistenza e i diritti. Durante il tragico conflitto — nel quale perde due dei suoi figli, entrambi caduti nel 1864, mentre un terzo finirà prigioniero — svolgerà un’intensa propaganda, a base di conferenze e di articoli, ristampati a centinaia di copie dagli unionisti, a favore dell’Unione, mentre il suo legame con la Chiesa docente si allenterà[26].
Anche il suo conservatorismo in questi anni 1860 si appanna, mentre è attratto dal cattolicesimo liberale, allora in gran spolvero in Europa, fino al punto di attaccare violentemente Louis Veuillot (1813-1883), il grande giornalista cattolico anti-liberale, e di sollevare qualche dubbio sulla devozione al Sacro Cuore di cui si facevano propagandisti i gesuiti.
Gli ultimi anni
Dal 1869, duramente provato dalla perdita dei figli e dalle numerose inimicizie guadagnatesi, con una salute di giorno in giorno più debole, Brownson comincia a isolarsi, si rinchiude nella sua casa di Elizabeth con i suoi libri, i suoi cari, i suoi mali, il suo whiskey. Nel 1872 muore Sally ed egli si trova a vivere con la figlia Sarah — finché questa non si sposerà nel 1873 — e con due domestiche: ma la perdita lo prostrerà.
Il suo lavoro intellettuale tuttavia non si spegne: nel 1865 uscirà quella che è in un certo senso la summa del suo pensiero politico, The American Republic[27].
Dopo la morte della moglie, sia la Fordham University, sia la Seton University gli offriranno ospitalità, ma egli, alla fine del 1875, preferisce raggiungere il figlio Henry a Detroit, nel Michigan, dove scrive i suoi ultimi articoli e il suo ultimo saggio, The Philosophy of the Supernatural.
Muore all’alba del giorno di Pasqua, 17 aprile 1876, munito dei conforti cristiani.
Le sue spoglie riposano in una cappella costruita appositamente all’interno della chiesa del Sacro Cuore dell’Università Cattolica dell’Indiana “Notre-Dame” a South Bend.
* * *
Figura dalla personalità poliedrica, ancorché ondivaga e inquieta — per questo difficile da etichettare —, Orestes Brownson, dopo la conversione, è fuori di dubbio parte della tradizione del cattolicesimo conservatore e contro-rivoluzionario, pur nella sua specifica declinazione americana. La sua ardente devozione e il suo indefesso impegno nella difesa della Chiesa cattolica, dei diritti del Pontefice e della sana dottrina, anche contro le idee e gli ambienti cui aveva appartenuto prima della sua conversione, nonostante le imperfezioni del suo carattere, fanno di lui una figura degna di essere accostata ai più noti campioni della fede cristiana del Vecchio e del Nuovo Mondo.
Per approfondire
Le sue opere sono raccolte in The Works of Orestes Brownson, 20 voll., a cura di Henry F. Brownson (1835-1913), Thorndike Nourse Editore, Detroit (Michigan) 1882-1887; sono tutte accessibili nel sito <archive.org>.
Su di lui, cfr. Oscar Sanguinetti, Alle origini del conservatorismo americano: Orestes Augustus Brownson. La vita, le idee (in appendice Orestes Augustus Brownson, De Maistre sulle costituzioni politiche), D’Ettoris Editori, 2013; nonché Dario Caroniti, Problema sociale, nazione e cristianesimo: Orestes A. Brownson, Rubbettino, Soveria Mannelli (Catanzaro) 1998.
[1] Cfr. Patrick William Carey, Orestes A. Brownson. American Religious Weathervane, W. B. Erdmans Pub. Co., Grand Rapids (Michigan) 2004, p. 5.
[2] Cfr. ibid., p. 7.
[3] John Acton, Lettera, del 21 luglio 1853, cit. in Victor Conzemius (a cura di), Ignaz von Dollinger/Lord Acton. Briefwechsel 1850-1890, 2 voll., Beck, Monaco di Baviera 1963, vol. I, 1850-1869, pp. 25-37; trad. ingl. in Josef L.[ewis] Altholz e Idem, Acton and Brownson. A Letter from America, in The Catholic Historical Review, vol. XLIX, n. 4, gennaio 1964, pp. 524-531 (p. 529).
[4] Russell Amos Kirk, The Conservative Mind. From Burke to Eliot, Regnery, Washington (DC) 2001, p. 245.
[5] Cfr. P. W. Carey, op. cit., p. 8.
[6] Cfr. J. Acton, op. cit., p. 529.
[7] Era stata fondata dal teologo, predicatore e ministro — nonché frammassone di alto rango — Hosea Ballou (1771-1852), di Richmond (New Hampshire), di origini ugonotte e con base a Dana nel Massachusetts.
[8] Cfr. P. W. Carey, op. cit., p. 13.
[9] Robert A. Herrera, Orestes Brownson. Sign of Contradicion, ISI. Intercollegiate Studies Institute Books, Wilmington (Delaware) 1999, p. 56.
[10] R. A. Herrera, op. cit., p. 23.
[11] R. A. Herrera, op. cit., p. 25.
[12] Cfr. ibid., p. 29.
[13] Ibid., p. 49.
[14] Ibidem.
[15] La Lynch nel 1853 aveva fatto un viaggio in Europa, dove aveva incontrato Vincenzo Botta (1818-1894), un professore di filosofia a Torino, e lo aveva sposato nel 1855.
[16] Arthur Meier Schlesinger jr. (1917-2007), Orestes Brownson. An American Marxist Before Marx, in Sewanee Review, anno XLVII, n. 47, luglio-settembre 1939, pp. 317-343.
[17] Per inciso, Russell Kirk riferisce che «il detto comunemente attribuito al Presidente John Kennedy “Non chiedere che cosa il tuo Paese può fare per te, ma chiediti che cosa puoi fare tu per il tuo Paese” è stato in effetti enunciato per la prima volta da Orestes Brownson al Darmouth College» di Hanover nel New Hampshire il 26 luglio 1843 (R. A. Kirk, Introduzione a Idem (a cura di), Orestes Brownson Selected Political Essays, 1955, n. ed., Transaction Publisher, New Brunswick (New Jersey)-Londra (UK) 1990, pp. 1-10 (pp. 2-3); cfr. Altresì O. A. Brownson, An Oration on the Scholar’s Mission, B. H. Greene, Boston (Massachusetts) 1843).
[18] J. Acton, op. cit., p. 527.
[19] Ibid., p. 530.
[20] R. A. Herrera, op. cit., p. 76.
[21] Cit. in R. A. Kirk, op. cit., p. 246.
[22] Cfr. ibidem.
[23] Cfr. Joseph de Maistre, Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche e delle altre istituzioni umane, trad. it., il Cerchio, Rimini 2012.
[24] Cfr. R. A. Herrera, op. cit., p. 107, n. 23.
[25] Cfr. ibid., p. 104.
[26] Cfr. ibid., p. 110.
[27] Cfr. Orestes Augustus Brownson, The American Republic. Its constitution, tendencies, and destiny, O’Shea, New York 1865 (trad. it., La repubblica americana: costituzione, tendenze e destino, a cura di Dario Caroniti, Gangemi, Roma 2000).