Perché Vienna, dopo Parigi? Il laicismo non è la soluzione, ma la malattia speculare del terrorismo islamista. Non uccide i corpi, ma priva l’anima della Verità e della Salvezza.
di Domenico Airoma
Gli attentati in Francia hanno potuto trovare un’agevole giustificazione nella blasfemia di alcune vignette. Una spiegazione comoda per molti osservatori, progressisti e conservatori illuminati, tutti uniti nel levare peana plaudenti al novello Bonaparte-Macron, l’unico in grado di dare una bussola alla nostra vecchia Europa.
Ma come si spiega Vienna?
Sulle rive del Danubio non risultano, infatti, all’attivo vignettisti stile Charlie Hebdo, da difendere sull’altare della difesa di una laicità radicata sulla sabbia di un relativismo senz’anima.
Perché, allora, Vienna?
In assenza di gesti “provocatori”, non resta che un’ipotesi: è Vienna stessa la provocazione; la sua storia, la sua identità; e questo a prescindere da quel che pensano oggi i viennesi di sé stessi.
Perché, anche se noi europei stiamo facendo di tutto per non avere più nemici, cedendo su tutto, dai confini ai principi, c’è chi ci odia per quel che rappresentiamo, per ciò che in fondo siamo ancora.
Anche se ci piacerebbe il contrario, i nemici ci sono. E si tratta di nemici che non esitano a colpirci, anche e soprattutto nella sventura della pandemia. E sono nemici organizzati, che pianificano gli attacchi, che si considerano in guerra. Anche se noi amiamo l’arcobaleno e diamo loro persino una mano ad arrivare sulle nostre coste, magari speronando qualche nostra motovedetta.
E allora, se le cose stanno in questo modo, davvero possiamo pensare che la strategia per contrastare tutto questo sia quella di fare dei repubblicani, come sostiene Macron? Formare, cioè, uomini che non devono né fede, né obbedienza a nessuno? E donde dovrebbe trarre questa nuova generazione di francesi –anzi, di europei, essendo la Francia, secondo alcuni benpensanti, la speranza di noi tutti!– la forza e il coraggio per combattere questa guerra? Senza fede e senza obbedienza a nessuna verità, in nome di chi e di cosa quegli europei dovrebbero combattere nemici che stanno approfittando ben più di una pandemia, di una vera e propria agonia culturale e spirituale di questa nostra Europa?
No, non è la Francia di Macron la speranza.
Vienna evoca una battaglia epocale, combattuta nel lontano 1683 contro l’esercito turco, che cingeva d’assedio la capitale austriaca; quella battaglia fu vinta grazie alla fede e all’obbedienza di un popolo, quello polacco, che non esitò a mettere a repentaglio la vita di tanti suoi figli, mandati a combattere per difendere la comune casa europea. E’ senza dubbio irrealistico, oggi, vagheggiare di campi di battaglia e soldati in armi. Non è, però, irrealistico dedicarsi a formare uomini, uomini che abbiano fede e ritrovino l’umiltà di ricercare e obbedire alla Verità che sola rende liberi. Non è irrealistico, anzi sta già accadendo in quella parte di Europa che ha deciso di ravvivare le radici culturali e spirituali che hanno reso grande questo nostro continente. Ed è quella stessa parte da cui già una volta è venuta la salvezza di Vienna e dell’Europa tutta.
Mercoledì, 4 novembre 2020