di Domenico Airoma
C’è un suicidio a cui non assisteremo. Quello del Crocifisso. Lui sta sempre lì. Ostinato. A ricordarti che si è fatto mettere in croce per salvarti. Non ha difese. Nulla ti impedisce di rimuoverlo. E piazzare al posto suo una bandiera arcobaleno, una cartina o la foto di una Greta accigliata. Sei libero di farlo. E nessuno te lo può impedire. Tantomeno Lui, un Dio che si è fatto uomo e che si è fatto crocifiggere.
Ma non ti basta. Tu vuoi il “diritto” di rimuoverlo. Vuoi che ci sia una legge che sancisca che quella tua volontà è una cosa buona e giusta. Vuoi che ci sia un giudice che ordini di rimuoverlo e punisca chi si rifiuti di farlo. Di più.
Vuoi che sia Lui stesso a chiederlo. A rendersi conto che è venuto il momento di congedarsi. Di scendere da quella croce perché è una sofferenza inutile. Insomma di suicidarsi dolcemente, con l’assistenza di tanti buoni, magari in tonaca, disposti ad assisterlo.
È però Lui rimane lì, mitemente aggrappato a quella croce che rimane scandalo di quanti vorrebbero cancellare ogni dignità con l’approssimarsi della morte; a quella croce che è vergogna dei falsi maestri della contraffazione della libertà e dell’amore; a quella croce che è speranza di quanti nella vita sofferente intravedono l’alba di una risurrezione. E sanno attenderla.
Lui rimane lì mentre i giudici litigano, i falsi maestri balbettano, i chierici tradiscono, questo mondo senza verità rovina. A insegnarci che è così che si salva l’uomo: amandolo fino alla fine e non suicidandolo.
Marcoledì, 02 ottobre 2019