di Chiara Mantovani
Alla fine ce l’hanno fatta. Vincent Lambert ha subito l’unico accanimento cui era ormai sottoposto da tempo: quello per farlo morire. Non sono bastati l’amore e la volontà dei genitori, un pronunciamento della Corte d’appello di Parigi che gli aveva riconosciuto la condizione di persona con handicap e non di malato terminale, le raccomandazioni del Comitato ONU sui Diritti delle persone con disabilità. Ora non c’è spazio per i tentennamenti, anche senza cartella clinica in mano, anche nella considerazione ovvia che le cose siano complesse: Vincent non è morto né per la malattia che lo affliggeva né per un raffreddore. È morto come sarebbe capitato a chiunque, sano o ammalato o handicappato, cui fossero negati cibo e acqua. Paradossalmente gli saranno stati somministrati farmaci per lenire le sofferenze della disidratazione e dell’inania.
Dopo le tante considerazioni fatte nelle settimane scorse, dopo la gioia effimera di quella che era sembrata una vittoria e che invece era solo una breve sospensione della pena, dopo il dolore per la sofferenza inflitta a quella famiglia e a quel ragazzo ora è il tempo della onestà intellettuale. Può sembrare crudo, ma senza franchezza si imbroglia e non si risolve alcun problema. La situazione è quella di un grave invalido la cui vita è finita poiché è stata volontariamente omessa una assistenza elementare e di base. Quella vita è stata interrotta perché reputata non degna. Non c’è stato alcun macchinario da staccare, non era in imminenza di morte, la sua condizione non era aggravata dalla somministrazione dei nutrienti. Al contrario, che qualcuno si prendesse cura di lui gli era necessario per vivere. E allora la domanda provocatoria è esiziale: perché la crudeltà ipocrita di sospendere acqua e nutrimento a chi ancora ne trae beneficio? Perché non una iniezione o un colpo di pistola?
Non vorrei essere fraintesa: non è ciò che auspico, è ciò che temo. Anzi, è ciò che già qualcuno ha iniziato a teorizzare. Si era già sommessamente riflettuto per Alfie Evans e Charlie Gard: qualcuno che fosse arrivato la sera prima della sospensione delle cure essenziali, e li avesse uccisi, sarebbe stato giudicato un assassino o un esecutore?
La china si fa sempre più ripida, il diritto più avviluppato nelle proprie dinamiche, l’etica più incerta nel relativismo senza radici; e le contraddizioni ricadono sulla pelle dei miseri, degli scartati perché inutili o perché troppo significativi. Lambert è l’ennesimo testimone di una debolezza che va curata e amata perché rappresenta pienamente la natura umana, che è dipendente, che è bisognosa di aiuto, che è ostinatamente e profondamente legata agli altri. Solo chi si pensa autonomo, autosufficiente, padrone della vita e della morte può pensare che sia giusto fare distinzioni tra chi merita di vivere e chi di morire. In breve, solo chi si crede un dio. Ecco perché la mentalità eutanasica è profondamente anticristiana.
Vincent ha sofferto lunedì, martedì, mercoledì e giovedì 11 luglio ha reso l’anima al Signore. Il Quale, non c’è dubbio, l’ha accolto in un abbraccio che di colpo ha cancellato ogni lacrima silenziosa, ogni gemito inespresso, ogni dolore soffocato. Gli uomini non li sentivano, ma per il suo Creatore nulla è andato perso.
Venerdì, 12 luglio 2019