di Daniele Fazio
Da sempre l’insegnamento della dottrina della fede è esperito anche grazie all’uso di immagini (pitture, sculture, vetrate, etc. ) che raffigurano eventi e personaggi importanti della Rivelazione e la vita dei santi. Le opere d’arte, che noi tutt’oggi ammiriamo, non erano pensate né dal committente né dall’artista per fini “turistici”, ma per rendere gloria a Dio e aiutare il popolo cristiano nella conoscenza della storia della salvezza. Soprattutto in Europa v’è disseminata – a partire dalle suggestive cattedrali – un’immensa Bibbia illustrata. L’arte, dunque, ha accompagnato nei secoli l’opera di catechesi messa in atto dalla Chiesa.
Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica non viene meno a questo intreccio tra catechesi scritta ed immagine sacra da contemplare. Infatti, sin dalla sua copertina, è corredato con figure che richiamano il senso delle varie parti del depositum fidei.
In primis è importante evidenziare il logo che è stato scelto per il Catechismo della Chiesa Cattolica. Si tratta di un’immagine che riproduce un particolare di una pietra sepolcrale cristiana delle Catacombe di Domitilla a Roma, risalente alla fine del III secolo. È raffigurato un pastore seduto sotto un albero con accanto una pecora nell’atto di suonare un flauto. L’immagine – mutuata dai cristiani dal contesto bucolico pagano – indica Cristo buon Pastore che con la sua autorità (il bastone) conduce e protegge il gregge, attirandolo con la melodiosa sinfonia della verità (il flauto) lo conduce al riposo sotto l’ombra dell’albero della vita, ossia la sua croce redentrice, portatrice di salvezza. Con tale immagine, la Chiesa vuole esprimere il senso globale in cui il Catechismo si pone quale continuazione nel nostro tempo dell’opera di redenzione di Cristo, che è il vero maestro e il buon pastore.
La prima parte – la professione di fede – è accompagnata dalla riproduzione di un frammento tratto da un affresco delle catacombe romane di Priscilla (inizio III secolo), in cui è raffigurato il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio che è lo specifico della fede. In tale immagine è anche individuata la più antica raffigurazione di Maria. L’altra figura presente è quella di un profeta, forse Balaam, che indica la stella posta sopra la figura della Vergine. A voler significare l’attesa di Israele e del mondo intero di un Salvatore che risollevasse l’umanità decaduta. L’attesa è compiuta grazie al sì di Maria, che dà alla luce per opera dello Spirito Santo e come vera figlia del Padre, Gesù Cristo, il Redentore dell’umanità. Nella Vergine si contempla anche l’immagine più pura della Chiesa.
La seconda parte – la celebrazione del mistero cristiano – è accompagnata da un affresco delle catacombe dei Santi Pietro e Marcellino (Roma) dell’inizio del IV secolo. La scena raffigura l’episodio evangelico della guarigione dell’emoroissa. A lei è bastato toccare il mantello del Signore per sperimentare la sua benefica potenza. Tale influsso salvifico ci è donato nella vita sacramentale che salva l’uomo nel corpo e nello spirito. La Chiesa in quanto Corpo di Cristo continua tale opera nella storia, donando la guarigione dal peccato e aiutando tutti a vivere e crescere nella vita di grazia.
La terza parte – la vita in Cristo – è illustrata da una raffigurazione della parte centrale del sarcofago di Giunio Basso, rinvenuto sotto l’altare della Confessione nella Basilica di San Pietro, datato 359. Si vede Cristo glorioso ed eternamente giovane con accanto gli Apostoli Pietro e Paolo che si rivolgono a lui per ricevere i due rotoli della Legge nuova. Sotto i piedi di Cristo il dio pagano del cielo Urano. Ciò a voler significare la consegna al popolo cristiano della nuova legge non più scritta su carta, ma nei cuori dei credenti dallo Spirito Santo. Cristo come definitivo legislatore è anche colui che infonde quindi la forza di vivere secondo la vita nuova, illustrata da Lui stesso nella sua vita terrena.
La quarta parte – la preghiera cristiana – prende le mosse da una miniatura del codice 587 del Monastero Dionysiou del Monte Athos, databile intorno al 1059. Si vede Cristo che si rivolge nell’atto di preghiera al Padre e Pietro che volgendosi verso gli altri apostoli indica Gesù, quale sublime esempio della preghiera. Pregando, dunque, dovremmo sempre chiedere al Signore di insegnarci Lui stesso a pregare.
Giovedì, 9 luglio 2020