
Campeggio itinerante per ragazzi
delle scuole superiori e del I anno di università
«OBSCULTA, O FILI…»
NEL MONDO MA NON DEL MONDO
Camminando da Perugia a Norcia,
alla scuola di san Benedetto
Dal 26 luglio al 2 agosto 2025
Alleanza Cattolica propone ai ragazzi delle superiori dal 26 luglio al 2 agosto 2025 di percorrere assieme le strade dell’Umbria da Perugia a Norcia, passando per Assisi, alla scoperta della figura di san Benedetto e di quanto la sua Regola abbia ancora oggi tanto da dire alla nostra vita di laici nel mondo.
Noi educatori lanciamo ai ragazzi una sfida: vivere un’esperienza straordinaria, alla ricerca della semplicità materiale e spirituale. Il cammino richiede un’uscita da se stessi, dalle proprie abitudini ed un’apertura al mondo e all’altro.
Durante il tragitto potremo contemplare la maestosità dell’architettura medievale e l’armonia della campagna umbra, mettendoci in ascolto dell’insegnamento prezioso di san Benedetto.
Scopriremo che quest’uomo vissuto 1500 anni fa, aveva trovato la via verso la felicità, che è la via dell’incontro con Gesù. Nel comunicarla ai suoi monaci (così come a noi), ci trasmette anche uno stile di vita, mostrandoci come vivere ogni aspetto della quotidianità, riportando l’ordine in un mondo in preda al caos.

Perché un pellegrinaggio?

Perché un Pellegrinaggio? Perché al tempo dei social, degli influencer e dei voli low-cost che fanno del viaggio semplicemente un’esperienza come tante altre, da accumulare anno dopo anno sul mappamondo, vogliamo ritornare al cuore dell’esperienza del mettersi in cammino, all’interno di una compagnia, verso una meta da conquistare pazientemente, con fatica.
Il pellegrinaggio, presente fin dalle origini dell’esperienza cristiana, è espressione esteriore del pellegrinaggio interiore che è la vita di ogni cristiano in quanto homo viator, uomo in cammino. È da sempre, e lo sarà per i partecipanti, una palestra di virtù cristiane, l’occasione per dare il via ad un cambiamento interiore profondo, per liberarsi di ciò che appesantisce e ritornare a ciò che è essenziale, a ciò che davvero è di valore.
Mons. Paolo Giulietti, vescovo ausiliare di Perugia-Città della Pieve, mette in luce 7 dinamiche attraverso le quali questo desiderio di trasformazione che portiamo nel cuore, questa santa inquietudine che ci fa aspirare a cose grandi, trova la sua realizzazione all’interno del pellegrinaggio.
1. Il distacco
Nel metterci in cammino si esce innanzitutto dal nostro quotidiano per entrare in un nuovo rapporto con lo spazio e con il tempo. Si diventa pellegrini. Ci si libera di ciò che è accessorio, c’è una spoliazione esteriore ed interiore, si riduce il proprio zaino a ciò che è essenziale, si riduce il rapporto con la tecnologia, si ripensa la propria giornata alla luce dei bisogni essenziali.


2. La fatica
La fatica del camminare e del vivere rinunciando ai comfort a cui siamo abituati fa parte dell’esperienza del pellegrinaggio. La strada che si snoda attraverso le campagne vibranti del canto delle cicale sembra infinita, km dopo km, un giorno dopo l’altro, la fine sembra non arrivare mai. Le gambe sono indolenzite, i piedi iniziano a fare male… ma qui la grande scoperta, ce la posso fare. Assieme, aiutati dal compagno di cammino e dall’educatore, sfidato dalla strada, scopro che certi limiti li posso superare, che sono capace di qualcosa che non credevo possibile, che sono più forte e resiliente di quanto credessi. Oppure scopro di avere bisogno: nella difficoltà del cammino l’aiuto del mio compagno, il sostegno, una parola di conforto o incoraggiamento, un goccio d’acqua dalla borraccia dell’amica, diventano vitali. Sulla strada le maschere cadono, una ad una.
3. La solitudine
Sebbene sia un pellegrinaggio comunitario, vissuto all’interno di una compagnia di amici, certamente lungo la strada sapremo ritagliarci dei momenti di solitudine, se non fisica perlomeno interiore. La possibilità di godere di spazi solitari, di lunghe pause di silenzio, è una componente essenziale del cammino, soprattutto perché calma e silenzio sono merci rare nella vita frenetica di ogni giorno. La possibilità di “rientrare in se stessi“, di ascoltarci e soprattutto di ascoltare la voce di Dio che «parla nel silenzio del cuore» (Madre Teresa di Calcutta), sarà per molti un’esperienza nuova. Il “deserto“, che creeremo attorno a noi camminando, farà emergere tutto il nostro io nella sua autenticità, drammaticità e bellezza, quell’io che spesso cerchiamo di sedare riempendoci le orecchie, gli occhi e la vita di distrazioni. Desideri, aspettative, paure. Il pellegrinaggio sarà davvero interiore ed esteriore.


4. La compagnia
Al pellegrinaggio si cammina assieme, è un’esperienza fortissima di essenzialità anche nelle relazioni. Nella fatica cadono le maschere ed anche nella relazione con l’altro che cammina accanto a me emerge l’autenticità. Non c’è niente da dimostrare, non si può più fingere. Emerge il costitutivo bisogno dell’altro, cade la falsa idea dell’autosufficienza, diventiamo tutti necessari gli uni agli altri. Si cresce nella pazienza, nella sopportazione, si impara a non divenire preda degli umori e della fatica. Ne nasce spesso una nuova fiducia.
C’è poi una compagnia invisibile, ovvero quella di tutte le persone care, vive o defunte, che ciascuno di noi porta nel cuore passo dopo passo, offrendo loro quel sacrificio, all’interno di quel mistero stupendo che è la comunione dei santi.
5. La meraviglia
Per molti di noi questo pellegrinaggio potrà diventare uno dei ricordi più belli della nostra vita. Saremo in Umbria, una terra dove la bellezza naturale si mischia ad un’eredità spirituale e storica che ha attraversato i secoli.
Da mattina a sera, camminando, avremo la possibilità di contemplare il paesaggio intorno a noi, che alternerà momenti di pura bellezza naturale, a incontri con borghi e cattedrali che testimoniano quanto splendore sia capace l’uomo di costruire, quando mette Dio come centro e fine della propria esistenza.
Infine, dopo sei giorni di cammino, arriveremo a Norcia dove vedremo con i nostri occhi la città, ancora ferita dal terribile terremoto del 2016, e sperimenteremo concretamente che anche sulle rovine si può sempre ricostuire qualcosa di bello.
Da turisti consumatori “mordi e fuggi”, abituati a volare da una città all’altra in poche ore, scopriremo quello che “ci sta in mezzo”, quegli angoli di creato che solo chi viaggia lentamente, chi cammina, può ammirare. Non più dei consumatori ma dei contemplativi. Saremo testimoni di una bellezza che non è scontata, che non ci siamo meritati, ma comunque capace – speriamo – di smuovere in noi sentimenti di meraviglia e gratitudine verso Chi ce l’ha donata.


6. La tradizione
Il cammino che noi percorreremo non è frutto di un algoritmo di Google Maps, non è la via più veloce, quella con meno traffico né tantomeno i nostri piedi si muoveranno casualmente. Camminiamo nel solco di una tradizione.
Il nostro cammino sarà un viaggio a tappe, un pellegrinaggio dell’anima che ci condurrà fino alla città di san Benedetto, la mistica Norcia. Ma per giungere alla meta, poseremo i nostri passi su sentieri già battuti da anime sante, seguendo le orme di san Francesco e attraversando la magnifica Assisi. Non seguiremo esattamente la via tracciata da san Benedetto da Roma, ma sceglieremo un percorso alternativo, diverso forse, ma non meno intriso di storia, di spiritualità e di bellezza.
Cammineremo tra colline e borghi che hanno accolto milioni di pellegrini prima di noi. Uomini e donne animati dal desiderio di incontrare Benedetto, o forse solo di lasciarsi toccare dalla sua storia, dalla sua missione, dalla sua luce. E anche noi, come loro, ci metteremo in viaggio con il cuore aperto, consapevoli che ogni passo è parte di un racconto più grande.
Sapere di essere parte di una lunga tradizione di conversione, di ricerca e di fede, ci dona forza e umiltà. È un orgoglio silenzioso, che non nasce dal vanto ma dalla consapevolezza di essere popolo in cammino. Una Chiesa viva, che attraversa i secoli spinta dalla speranza, verso la casa del Padre
7. La preghiera
Dai “Cantici delle ascensioni” del salterio alle pratiche del pellegrino russo, la preghiera appartiene strutturalmente al cammino.
Il cammino ha certamente tante dimensioni, da quelle più sportive a quelle relazionali o volte a plasmare un carattere più forte, ma il cuore del nostro cammino non potrà che essere la preghiera. La preghiera comunitaria segnerà quotidinamente le tappe del nostro pellegrinaggio con la recita delle preghiere al mattino prima di metterci in cammino, del S. Rosario, la S. Messa, la Compieta e l’Adorazione.
Ma, oltre alla preghiera comunitaria, se sapremo stare alla sfida che la strada ci lancia, con serietà, senza distrarci o “barare”, la “trascendenza si infilerà tra i nostri passi” senza che noi ce ne accorgiamo. Il nostro stesso camminare diventerà preghiera, senza che questo necessariamente sfoci in una preghiera esplicita o verbale. Le conversazioni, interiori o esteriori, i pensieri, i gesti di servizio al fratello sofferente o bisognoso, la cordialità senza malizia, lo stupore davanti alle bellezza, il silenzio, la fatica pazientemente sopportata senza lamentela: tutto ci parlerà di Dio.
